Gli investimenti delle maggiori società petrolifere mondiali in tecnologie a basse emissioni di carbonio non sono all’altezza delle campagne di pubbliche relazioni del settore “a favore del clima”.
È quanto emerge da un’analisi delle dichiarazioni delle aziende e della loro comunicazione pubblica in Nord America e in Europa, condotta dal think tank anglo-americano sul clima InfluenceMap.
Esiste un “disallineamento sistematico” tra i modelli di business e le attività di lobbying di queste major petrolifere rispetto alle loro strategie di pubbliche relazioni, sostiene il rapporto, visionabile dal link in fondo a questo articolo.
Il rapporto evidenzia inoltre come molte di queste società prevedano di espandere la produzione di petrolio e gas fino al 2026.
“Le grandi compagnie petrolifere e del gas del mondo stanno spendendo enormi quantità di tempo e denaro per parlare delle loro credenziali ‘verdi’, mentre i loro investimenti commerciali e le loro attività di lobbying raccontano una storia molto diversa“, ha dichiarato Faye Holder, responsabile del programma InfluenceMap.
“Queste compagnie parlano di riduzione delle emissioni e di transizione del mix energetico, ma allo stesso tempo continuano a investire pesantemente in nuovi combustibili fossili. Sebbene questa strategia di pubbliche relazioni possa convincere alcune persone, non cambia il fatto che queste aziende non sono al passo con i percorsi basati sulla scienza per arrivare a zero emissioni”, ha aggiunto Holder.
Il 60% dei messaggi pubblici di BP, Shell, Chevron, ExxonMobil e TotalEnergies contiene affermazioni “verdi”, mentre il 23% promuove petrolio e gas.
Tuttavia, gli autori della ricerca prevedono che quest’anno le società in questione impiegheranno una frazione relativamente piccola (in media il 12%) dei loro bilanci di spesa in conto capitale (Capex) per investimenti in progetti “a basse emissioni di carbonio”.Le cinque società considerate hanno speso nel 2021 complessivamente almeno 750 milioni di dollari in messaggi legati al clima, fra dichiarazioni “verdi” e quelle a favore del petrolio, anche se è probabile che la cifra reale sia significativamente più alta perché questo calcolo non include i costi delle agenzie pubblicitarie o di PR esterne, secondo il rapporto.
Le pubbliche relazioni “verdi” delle major
La ricerca ha analizzato 3.421 elementi individuali di comunicazione pubblica delle cinque major nel corso del 2021, compresi gli account sui social media dell’azienda e dei CEO, i comunicati stampa, i discorsi e i siti web secondari destinati a scopi di sensibilizzazione.
Il rapporto ha poi classificato ogni elemento in base alla sua narrazione, notando che alcuni elementi contenevano messaggi multipli (ad esempio, affermazioni “green” e a favore del petrolio).
Tuttavia, sono state riscontrate differenze significative tra le cinque società: il 70% dei messaggi pubblici di Shell conteneva almeno un’affermazione “verde”, rispetto al 49% di quelli di Chevron.
Analizzando ulteriormente i tipi di affermazioni cosiddetti “verdi”, la ricerca ha mostrato che le tre major con sede in Europa – Shell, BP e TotalEnergies – si sono concentrate maggiormente sulle affermazioni relative alla transizione energetica rispetto ai loro concorrenti con sede negli Stati Uniti. Il risultato è che le major europee tendono a presentarsi come aziende energetiche di più ampio respiro.
ExxonMobil, invece, ha concentrato la maggior parte della sua comunicazione pubblica sulla riduzione delle emissioni, suggerendo che la sua strategia è quella di presentarsi come produttore di petrolio e gas a “basse emissioni”.
Chevron sembra meno preoccupata di promuovere le proprie credenziali climatiche rispetto alle altre quattro società: ha utilizzato infatti più messaggi a favore del petrolio e del gas (37%) di tutti i suoi concorrenti, secondo il rapporto.
Pubbliche relazioni “verdi” contro investimenti “verdi”
Le strategie “verdi” di comunicazione pubblica del cosiddetto “Big Oil” contrastano con i suoi investimenti in attività a “basse emissioni di carbonio”.
Abbiamo già accennato alle previsioni di investimenti in attività a “basse emissioni di carbonio” pari solo al 12% dei budget di spesa nel 2022. Ma è anche probabile che alcune di queste attività includano comunque investimenti in combustibili fossili, dato che sia TotalEnergies che Shell includono investimenti legati al gas fossile nelle loro definizioni di Capex “a basse emissioni di carbonio”.
“È quindi probabile che la disparità di spesa per gli investimenti legati ai combustibili fossili rispetto alle tecnologie a zero emissioni sia ancora maggiore” di quanto dichiarato pubblicamente, ha rilevato il rapporto.
La maggiore divergenza tra le dichiarazioni “verdi” e le spese per investimenti a “verdi” è stata registrata da Shell, seguita da ExxonMobil.
Lobby a favore dei combustibili fossili
Nessuna delle società valutate ha allineato le proprie attività di impegno nella politica climatica agli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Shell, TotalEnergies e BP hanno ottenuto una “C-” nella scala da A a F di InfluenceMap, mostrando un sostegno variabile. ExxonMobil e Chevron hanno ricevuto, rispettivamente, una “D” e “D-“, denotando un’ampia opposizione alla politica climatica allineata a Parigi.
Inoltre, nessuna delle major petrolifere ha esercitato pressioni per rafforzare la severità delle norme sulla riduzione delle emissioni di metano dal 2021, nonostante l’importanza della mitigazione delle emissioni di questo potentissimo gas serra sia una delle principali rivendicazioni del settore.
Inoltre, ogni azienda mantiene l’appartenenza a una fitta rete di associazioni di categoria che si impegnano attivamente per bloccare o indebolire la politica climatica.
La ricerca ha trovato delle prove che ogni azienda, ad eccezione di TotalEnergies, si è impegnata direttamente con i responsabili politici per sostenere le politiche che hanno incoraggiato lo sviluppo di nuovi giacimenti di petrolio e gas nel biennio 2021-22.