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Clima, sulla tutela degli ecosistemi ci giochiamo il 55% del Pil mondiale

Dati e analisi nel nuovo indice globale su ecosistemi e biodiversità di Swiss Re.

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Tanti paesi in tutto il mondo – per essere più precisi: un quinto dei paesi – rischiano di veder collassare i loro ecosistemi naturali, a causa della perdita di biodiversità (la deforestazione è il tipico esempio di perdita di biodiversità) e del conseguente declino di servizi essenziali come la disponibilità di cibo e acqua potabile, la fertilità del suolo e la capacità di assorbire anidride carbonica.

L’allarme arriva da un rapporto di Swiss Re (link in basso) che include un nuovo indice con cui misurare il tasso di biodiversità e dei relativi servizi naturali su scala globale, il BES Index (BES sta per Biodiversity and Ecosystem Services).

Il colosso assicurativo svizzero, infatti, ha elaborato il suo indice aggregando i dati di dieci categorie di BES: sicurezza idrica, estensione delle foreste, estensione delle aree agricole, integrità degli habitat naturali, impollinazione, fertilità dei suoli, qualità delle acque, qualità dell’aria, controllo dell’erosione, protezione delle coste.

Dai risultati emerge che sono a rischio diversi paesi sia tra quelli in via di sviluppo sia tra quelli più industrializzati, come riassume la mappa seguente.

Il 55% del prodotto interno lordo globale, evidenzia Swiss Re, che corrisponde a più di 41.000 miliardi di dollari (41,7 trillion, dove 1 trillion equivale a mille miliardi), dipende da questi servizi forniti dagli ecosistemi naturali, quindi la perdita di biodiversità è una minaccia incombente per molti paesi.

La distruzione degli ecosistemi, a sua volta, è strettamente legata a diversi fattori, tra cui soprattutto l’eccessivo e incontrollato sfruttamento delle risorse naturali da parte dell’uomo.

Con la tabella sotto vediamo che l’Italia, nell’ambito delle nazioni del G20, è il sesto paese più a rischio nell’indice di Swiss Re, a causa della fragilità dei suoi ecosistemi.

Ricordiamo che un recente rapporto della Fondazione CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici), contiene parecchi dati sui rischi climatici e finanziari che l’Italia potrebbe correre nei prossimi decenni, a causa del surriscaldamento globale.

Ad esempio, in tema di risorse idriche, evidenzia il rapporto, i cambiamenti climatici attesi (periodi prolungati di siccità, eventi estremi e cambiamenti nel regime delle precipitazioni, riduzione della portata degli afflussi), presentano rischi per la qualità dell’acqua e per la sua disponibilità, con impatti su molteplici settori, compresi l’agricoltura e l’allevamento.

Nel 2080 è possibile che la portata di corsi d’acqua e fiumi in Italia sarà diminuita fino al 40% rispetto ai livelli attuali.

Per quanto riguarda gli incendi, i cambiamenti climatici rischiano di allungare di 20-40 giorni la stagione annuale dei roghi boschivi e forestali, con un aumento del 21-43% della superficie percorsa dagli incendi entro fine secolo.

Tutti questi rischi costeranno miliardi di euro al nostro Paese.

Ad esempio, fino a 15 miliardi di euro l’anno (a fine secolo) per rischi alluvionali, fino a 52 miliardi di euro per la contrazione della domanda turistica nelle aree colpite dai cambiamenti climatici, tra 87-162 miliardi per la perdita di valore dei terreni agricoli, come riassume la grafica qui sotto, tratta dallo studio.

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