Mentre in Parlamento i lavori sulla Legge di Bilancio entrano nel vivo, si accende il dibattito sulla contestata scelta di equiparare le detrazioni fiscali per l’edilizia Ecobonus e Bonus Casa, mantenendo anche per il 2025 le agevolazioni per le caldaie a gas.
Da una parte le associazioni del gas alzano a voce in difesa degli incentivi alle caldaie a gas, che contrastano con la normativa europea, dall’altra i produttori di pompe di calore elettriche chiedono che si aumenti il sostegno a questa tecnologia.
Detrazioni nel ddl Bilancio
Ieri, 11 novembre, scadeva il termine per depositare gli emendamenti al ddl Bilancio e, tra le 4.500 proposte di modifica presentate (non ancora pubbliche nel momento in cui scriviamo) diverse riguardano probabilmente anche questi temi.
Come noto, secondo il ddl approdato alla Camera, solo per le prime case, il Bonus Casa nel 2025 resta al 50%, mentre scende allo stesso livello anche l’aliquota per tutti gli interventi Ecobonus e Sismabonus, mentre il Superbonus è di fatto stralciato, dato che vale solo per lavori avviati prima del 15 ottobre 2024.
Il Governo fa il contrario rispetto a quanto annunciato nel Pniec, dove aveva illustrato una revisione dei bonus che avrebbe dovuto premiare di più i lavori che fanno risparmiare energia, e per questo contro la mancata riforma si stanno levando le voci delle associazioni.
Inoltre, l’incentivo potrà essere richiesto, come accade già oggi, anche da chi installa un sistema di riscaldamento o uno scaldabagno a metano, nonostante il divieto di sussidiare i sistemi a a fonti fossili che scatterà da gennaio in base alla direttiva Epbd-Case Green, la 1275/2024 sulla “Prestazione energetica nell’edilizia”, entrata in vigore a fine maggio 2024.
Pompe di calore, l’allarme di Assoclima
Contro questa prospettiva ha fatto sentire la sua voce Assoclima, federata Anima Confindustria che riunisce i costruttori di sistemi di climatizzazione.
Già nelle settimane scorse l’associazione aveva protestato sia contro l’equiparazione dei diversi bonus sia per il fatto che si continua ad agevolare allo stesso modo le pompe di calore e i sistemi a gas.
Ora, in una lettera aperta pubblicata ieri, denuncia che ciò “mette a rischio uno dei pochi settori industriali italiani leader nella transizione energetica a livello mondiale, quello delle pompe di calore elettriche” e chiede di “emendare il testo per rafforzare le misure a sostegno del settore, a partire da un più marcato indirizzamento degli incentivi verso tale tecnologia”.
Negli ultimi due anni, denuncia l’associazione, le pompe di calore hanno registrato un crollo delle vendite: in Italia – 70% tra il 2022 e la proiezione del 2024 a causa della fine del Superbonus e per i prezzi agevolati del gas rispetto all’energia elettrica.
Il 73% della domanda è coperta dalla produzione domestica, che conta oltre 7.500 addetti diretti e un fatturato di 2,7 miliardi di euro da sommare all’indotto della filiera, spiega la nota Assoclima.
L’altra federata Anima che rappresenta di più i produttori di caldaie, Assotermica, in un’altra nota si è limitata ad esprimersi contro l’abbassamento dell’Ecobonus, senza citare la questione del riscaldamento a fonti fossili.
Le associazioni del gas
Sugli incentivi alle caldaie a gas è centrato invece l’intervento di Proxigas, Assogas, Federchimica-Assogasliquidi e Utilitalia. Le associazioni fanno sapere che la direttiva EPBD, “peraltro non ancora recepita dal nostro Paese, non vieterà gli incentivi alle caldaie se possono essere alimentate da gas rinnovabili, di cui l’Italia ha buone potenzialità di produzione”.
Le linee guida emanate dalla Commissione Europea a settembre non lasciano margini interpretativi sul fatto che, almeno nell’immediato futuro, non si potranno incentivare caldaie a metano, nemmeno se sono pronte a bruciare anche idrogeno o biometano: bisogna guardare al mix di combustibili nella rete del gas al momento dell’installazione della caldaia, senza contare ipotetici usi futuri di gas rinnovabili, spiega il documento europeo.
Per Proxigas, Assogas, Federchimica-Assogasliquidi e Utilitalia le linee guida “rappresentano un documento non vincolante dal punto di vista giuridico e lasciano agli Stati membri individuare le tecnologie funzionali al percorso di decarbonizzazione e di efficientamento più adatto per il proprio contesto nazionale”.
Un’interpretazione che ci pare forzata, dato che le linee guida sono previste dalla direttiva Case Green stessa (comma 8, art.13), direttiva che al comma 15 dell’art.17 contiene il divieto di incentivare sistemi a fossili dal 2025, divieto già in vigore anche senza recepimento della direttiva.
EPBD a parte, incentivare le caldaie a gas di classe A è già in contraddizione con la normativa europea: il regolamento Ue 2017/1369 sull’etichetta energetica all’articolo 7 dispone infatti che gli incentivi debbano puntare “alle due classi di efficienza energetica più elevate e significativamente popolate o a classi superiori”.
La normativa italiana, che consente sgravi fiscali a caldaie in classe A quando sono in commercio sistemi di riscaldamento con etichetta A++ oppure A+++, non rispetta questa prescrizione.
Una battaglia di retroguardia
Anche se Proxigas, Assogas, Federchimica-Assogasliquidi e Utilitalia sostengono il contrario, è abbastanza chiaro che in Ue non si potranno più dare incentivi alle caldaie a gas, almeno fino a quando nella rete gas non circolerà più biometano o idrogeno che gas fossile.
Ma parlare di “gas rinnovabili”, secondo molti, permette solo a continuare a bruciare metano.
“Il nuovo commissario all’energia Jorgensen ha specificato chiaramente che per l’Ue le priorità di investimento per l’idrogeno sono trasporti, industria e storage e non certo il riscaldamento, ma in ogni caso una rete in cui ci fossero biometano o idrogeno verde vedrebbe la possibilità di mettere e togliere i gas rinnovabili in qualsiasi momento, senza nessuna certezza che la fornitura sia decarbonizzata in maniera strutturale”, commenta QualEnergia.it Davide Sabbadin, Deputy Policy Manager per l’energia e il clima presso la rete di associazioni dell’Ufficio europeo dell’ambiente.
“Vista da Bruxelles è una battaglia un po’ surreale e in assoluta controtendenza rispetto agli altri paesi industrializzati: l’impressione è che la vera guerra che queste associazioni stanno combattendo – prosegue Sabbadin – è per mantenere tutta la filiera del gas a partire dall’estrazione, tenendo conto dei contatti geopolitici delle aziende di Stato, i contratti fuori tempo massimo con regimi discutibili, i progetti faraonici e fuori scala di gasdotti, e tutta l’infrastruttura connessa”.
Tutto ciò, conclude, “a scapito dell’elettrificazione. È esattamente sovrapponibile alla battaglia di dieci anni fa sulle auto, solo che stavolta le tecnologie elettriche le facciamo anche in casa, anzi siamo leader in certi settori e ce la possiamo giocare”.