Bonus edilizi, le reazioni dei costruttori e della politica al blocco delle cessioni

Molte le critiche al decreto legge del Governo, con qualche apertura verso una possibile revisione del meccanismo dei crediti.

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Con il suo intervento a gamba tesa contro le cessioni dei crediti fiscali, connessi al Superbonus e agli altri bonus edilizi, il governo Meloni si è attirato moltissime critiche dal settore delle costruzioni e dai partiti di opposizione.

Già da oggi, venerdì 17 febbraio, è in vigore il decreto legge che impone lo stop alla cessione del credito e allo sconto in fattura per il Superbonus e tutte le altre detrazioni fiscali per l’edilizia, con qualche eccezione per i progetti già avviati.

Previsto anche il divieto per le pubbliche amministrazioni di acquisire i crediti fiscali, come tante Regioni avevano iniziato a fare per ridare liquidità alle imprese.

I primi campanelli di allarme su un provvedimento che si annunciava assai impopolare, erano arrivati dall’Ance (Associazione nazionale costruttori edili), mentre il Consiglio dei ministri era ancora in corso.

“Se il Governo blocca l’acquisto dei crediti da parte degli enti pubblici, che si stanno facendo carico di risolvere un’emergenza sociale ed economica sottovalutata dalle amministrazioni centrali, senza aver individuato ancora una soluzione strutturale, migliaia di imprese rimarranno definitivamente senza liquidità e i cantieri si fermeranno del tutto con gravi conseguenze per la famiglie”, aveva dichiarato la presidente Ance, Federica Brancaccio (neretti nostri in tutte le citazioni).

Quando la mossa del Governo si è concretizzata, Confartigianato, in una nota, ha evidenziato che “il blocco previsto nel decreto legge coinvolge le tante imprese che, sulla base delle norme sinora vigenti, hanno effettuato investimenti e assunzioni nella prospettiva, di primi accordi con i committenti, di poter continuare ad operare garantendo lo sconto in fattura. Con buona pace degli obiettivi green che la misura avrebbe aiutato a raggiungere”.

Inoltre, “il blocco della possibilità di acquisto dei crediti da parte degli enti pubblici rappresenta un altro incomprensibile ostacolo“, mentre è “apprezzabile l’intervento per limitare la responsabilità in solido dei cessionari anche se non risolutiva e fuori tempo massimo”.

Più caute invece le osservazioni di Virginio Trivella, coordinatore del Comitato tecnico scientifico di Rete Irene (gruppo di imprese specializzate in riqualificazione energetica in edilizia).

Trivella, nel commentare a QualEnergia.it la mossa di Palazzo Chigi, parla di una decisione presa di impulso e comunicata molto male, dettata probabilmente dall’ansia del Governo “per un meccanismo di incentivi che sta correndo più del previsto”.

In realtà “non dovrebbe trattarsi di una pietra tombale sulle cessioni dei crediti”, precisa Trivella, “ma di una pausa di riflessione in attesa di una revisione del meccanismo“, annunciando che lunedì prossimo, 20 febbraio, ci sarà un tavolo di confronto tra Governo e associazioni di settore per discutere la situazione.

Lo stesso Enrico Zanetti, consigliere del ministro delle Finanze, in un intervento pubblicato su Eutekne Info, spiega che i crediti di imposta generati dai bonus edilizi sono “troppi” (già circa 105 miliardi di euro al 31 dicembre 2022 con la previsione di arrivare a 120).

Secondo Zanetti, quindi, “l’alternativa era probabilmente tra uno stop and go di questo tipo (perché è impensabile che sconti e cessioni non tornino un domani, seppure circoscritti agli interventi più ‘pregnanti’ di efficienza energetica e riduzione del rischio sismico) e una deriva dagli esiti finali oggettivamente imprevedibili sia per la parte privata che per quella pubblica”.

Pertanto, conclude Trivella, il Governo deve “fare in fretta a rassicurare il mercato e che si sta pensando al futuro”.

Le reazioni della politica

Dalla politica le reazioni più dure sono quelle del Movimento 5 Stelle, da sempre uno dei principali sostenitori del Superbonus.

Giuseppe Conte, presidente M5S, in una nota su Facebook parla di un “colpo letale al settore dell’edilizia, che negli ultimi due anni ha dato un contributo fondamentale alla crescita record del Pil”. Il decreto legge, afferma Conte, “mette a repentaglio il futuro di almeno 25mila aziende dell’edilizia, 130mila posti di lavoro”.

Infine, Conte si chiede “come farebbe a restare un minuto di più al Governo un partito, come Forza Italia, che in Parlamento e a livello locale ha promesso e prospettato numerose iniziative a tutela del Superbonus e della cessione dei crediti di imposta”. Forza Italia, infatti, è stato il partito più scettico, dentro alla maggioranza, sulla stretta ai bonus edilizi.

Il vicepremier e ministro degli Esteri di Forza Italia, Antonio Tajani, intervenuto nella conferenza stampa post Cdm, ha spiegato che si è dovuti intervenire perché “nei governi precedenti era mancata una pianificazione e si è lasciato lievitare il numero dei crediti che era fuori controllo”.

Mentre il leader di Azione, Carlo Calenda su Twitter scrive che “la scelta del governo di chiudere il bonus 110% è totalmente condivisibile. È un provvedimento che ha generato uno spreco di risorse mai visto nella recente storia repubblicana. Un provvedimento iniquo e che ha drogato il mercato”.

Dal Pd arrivano altre critiche alla scelta di Palazzo Chigi.

Per Stefano Bonaccini, candidato alla segreteria del Pd e presidente dell’Emilia Romagna, con il decreto legge il Governo “blocca definitivamente e con effetto immediato lo sconto in fattura per le imprese e la cessione dei crediti di imposta relativi al Superbonus e agli altri bonus edilizi. Non solo: diventa impossibile per gli Enti locali acquistare i crediti incagliati, il che significa condannare alla chiusura decine di migliaia di imprese, fermare almeno 100mila cantieri, mandare sul lastrico migliaia di famiglie e far perdere il lavoro a 150mila persone occupate nel settore edile e nell’indotto. Ai cittadini e al Paese servono soluzioni ai problemi, ma così la destra al governo ne crea soltanto di nuovi”.

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