In Europa ci sono abbastanza biomasse di origine sostenibile (come scarti agricoli e letame) per produrre quei 35 miliardi di metri cubi/anno di biometano entro il 2030, come previsto dal piano REPowerEU presentato a maggio da Bruxelles.
Ma il potenziale è ancora più alto e vede il nostro Paese ai primi posti con Germania e Francia.
Lo sostiene il consorzio Gas for Climate, nel suo nuovo rapporto che esplora il potenziale di questo gas verde come soluzione alla crisi energetica.
Il biometano potrebbe, infatti, arrivare a coprire almeno un 8-9% dei consumi europei complessivi di gas, che nel 2020 sono ammontati a 400 miliardi di metri cubi (bcm, billion cubic meters), di cui circa 155 importati dalla Russia.
Ciò nella ipotesi dei 35 bcm indicata nel piano della Commissione europea.
Lo studio però evidenzia che il potenziale è superiore, in base alle stime più recenti: si parla di 41 miliardi di metri cubi al 2030 e 151 al 2050, come riassume il grafico seguente, tratto dal documento.
La Germania è il Paese Ue con il potenziale maggiore, pari a circa 8 bcm/anno, davanti a Francia e Italia, con rispettivamente quasi 7 e quasi 6 bcm/anno.
In questo momento, ricorda Gas for Climate, i 27 Stati membri producono in totale circa 3 miliardi di metri cubi/anno di biometano e 15 miliardi di metri cubi di biogas; ricordiamo poi che il biometano deriva direttamente dalla purificazione del biogas.
La fetta più consistente della produzione futura di biometano (38 bcm) arriverebbe dalla digestione anaerobica delle biomasse, tra cui soprattutto residui agricoli, letame, colture a rotazione, mentre la parte restante (3 bcm) si potrebbe produrre con la tecnologia della gassificazione termica delle biomasse (scarti del legno, residui forestali, potature, rifiuti urbani).
Con il prossimo grafico, invece, osserviamo il potenziale al 2050 per la produzione di questo gas rinnovabile.
Qui è la Francia al primo posto con oltre 20 bcm/anno, marcata strettamente da Germania e Spagna, mentre il nostro Paese scivola in quarta posizione. Ulteriore potenziale produttivo, conclude il rapporto, potrebbe essere sviluppato utilizzando materie prime addizionali, come biomasse da terreni marginali e alghe, e puntando su nuove tecnologie, come la gassificazione idro-termica di biomasse umide, come i rifiuti organici.
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