In vigore da domani i dazi Ue sulle auto elettriche cinesi

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Regolamento di esecuzione, ma Bruxelles lascia aperta la porta per negoziare impegni sui prezzi con i singoli esportatori.

ADV
image_pdfimage_print

Entreranno in vigore domani, 31 ottobre, i nuovi dazi Ue sulle auto elettriche cinesi.

Con la pubblicazione di ieri in Gazzetta Ufficiale del Regolamento di esecuzione 2024/2754 (link in basso), Bruxelles compie lo strappo definitivo con Pechino dopo mesi di trattative, ma lascia uno spiraglio per un futuro accordo sui prezzi minimi.

Dopo circa un anno si è infatti chiusa l’indagine antidumping annunciata dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, durante il suo discorso sullo stato dell’Unione di settembre 2023.

L’inchiesta aveva messo nel mirino diversi produttori cinesi di veicoli elettrici, che secondo l’Ue hanno beneficiato di sussidi pubblici che hanno alterato il mercato e portato a un rapido aumento delle esportazioni a basso prezzo dal gigante asiatico, penalizzando le aziende europee.

Le sovvenzioni di Pechino avvenivano sotto forma di fondi agevolati, sconti e altri benefici più difficili da quantificare, come le concessioni a basso costo di terreni.

Secondo il regolamento, oltre all’attuale dazio del 10%, dovranno aggiungersi le seguenti aliquote, differenziate in base a quanto le aziende cinesi abbiano effettivamente beneficiato di aiuti statali e quanto abbiano collaborato con l’indagine:

  • BYD: 17,0%
  • Geely: 18,8%
  • SAIC: 35,3%
  • Società che hanno collaborato: 20,7%.
  • Società che non hanno collaborato: 35,3%

A seguito di una richiesta motivata di un esame individuale, a Tesla verrà assegnato un dazio del 7,8%. Ogni produttore/esportatore cinese che ha collaborato ed è soggetto al dazio medio del 20,7% (oppure che si affaccia adesso sul mercato europeo), ha il diritto di richiedere una revisione accelerata per stabilire un’aliquota di dazio individuale.

La Commissione ha spiegato in una nota di essere aperta anche a negoziare impegni sui prezzi con i singoli esportatori.

Resta ora da vedere come reagiranno le case coinvolte: alcune potrebbero spostare parte della tassazione extra sui clienti aumentando i prezzi. La speranza che l’Ue ripone in questo provvedimento è che la loro quota di mercato non continui a crescere, dando alle case automobilistiche del Vecchio Continente una finestra temporale che consenta loro di recuperare terreno in condizioni di concorrenza “leale”.

Criticità e dubbi tedeschi

I dazi da soli non saranno sufficienti. Secondo una recente analisi di Trasnport&Enrivonment (della quale abbiamo scritto più approfonditamente in Dazi Ue sull’auto elettrica cinese? Sì, ma da soli non bastano), sarà fondamentale che l’Ue mantenga le sue politiche di riduzione delle emissioni di CO2 dei veicoli, senza cedere alle pressioni di governi e costruttori per ridiscutere gli obiettivi.

Nel 2024 i modelli full electric prodotti in Cina, tra cui quelli di marchi non-cinesi come Tesla, BMW e Volvo, sono destinati a raggiungere un quarto del mercato europeo delle elettriche. Se saranno applicati i dazi e mantenute al contempo le attuali norme sulla riduzione delle emissioni, la quota dei modelli made in China dovrebbe scendere al 20% nel 2025 e al 18% nel 2026.

Invece nel 2025 le auto elettriche cinesi potrebbero arrivare al 27% del mercato Ue se l’Europa decidesse di ritardare i suoi target sulle emissioni e affidarsi esclusivamente alle tariffe antidumping. Uno scenario che secondo TE porterebbe a una stagnazione delle vendite di auto elettriche costruite in Europa.

Inoltre, non tutti all’interno dell’Ue sono d’accordo con i nuovi dazi. La Germania teme che la sua industria automobilistica possa subire ritorsioni commerciali. Hildegard Müller, capo dell’associazione dell’industria automobilistica tedesca VDA, ha affermato che l’imposizione dei dazi è “una battuta d’arresto per il libero commercio globale e quindi per la prosperità, la salvaguardia dei posti di lavoro e la crescita dell’Europa”.

Oltre a ciò, marchi cinesi come BYD si stanno espandendo con nuove fabbriche in Turchia e Ungheria: non appena queste diventeranno operative, l’azienda potrà produrre localmente ed essere immune ai dazi.

Da non ignorare poi il fatto che la domanda di veicoli elettrici sta crollando nella maggior parte dei mercati, e i dazi potrebbero ampliare questo fenomeno. Anche i produttori europei di auto e batterie stanno risentendo della crisi, con Volkswagen che minaccia di chiudere tre stabilimenti in Germania.

La presidente del consiglio aziendale, Daniela Cavallo, ha dichiarato lunedì che almeno tre stabilimenti automobilistici saranno chiusi nei prossimi anni e quasi tutti gli altri saranno interessati da piani di licenziamento. Il produttore svedese di batterie Northvolt, che annovera VW tra i suoi principali investitori, ha annunciato licenziamenti il ​​mese scorso.

La reazione di Pechino

Sul fronte cinese, il ministro del Commercio Wang Wentao, dopo aver tentato di scongiurare più volte l’introduzione dei dazi ospitando alcuni diplomatici Ue per valutare alternative, come impegni sui prezzi minimi, nega che quelli di Pechino siano sostegni sleali.

“La Cina non è d’accordo e non accetterà la sentenza”, si legge in una dichiarazione del ministero. “La Cina continuerà a prendere tutte le misure necessarie per salvaguardare con risolutezza i legittimi diritti e interessi delle aziende cinesi”.

La scorsa settimana, un portavoce della Commissione aveva affermato che fosse necessario colmare le “importanti lacune residue” dopo l’ottavo ciclo di colloqui avvenuto con il rappresentante dell’Ue per il Commercio, Valdis Dombrovskis.

Quest’ultimo avrebbe inoltre ribadito le sue preoccupazioni per eventuali “ritorsioni” cinesi. È infatti in atto un procedimento antidumping del gigante asiatico contro il brandy, mentre altre azioni sono state avviate su carne di maiale e latticini.

ADV
×
0
    0
    Carrello
    Il tuo carrello è vuotoRitorna agli abbonamenti
    Privacy Policy Cookie Policy