Agrovoltaico, un cantiere aperto per l’Italia. Ma guardiamo solo a soluzioni win-win

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Definire in modo condiviso cos'è l'agrovoltaico, valutarne i benefici per l'impresa agricola, l'operatore fotovoltaico e il sistema paese. Se ne parlerà in un webinar organizzato da Fieragricola e curato da QualEnergia.it

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“Come giovani agricoltori, sosteniamo e promuoviamo l’innovazione tecnologica sostenibile, ma destinando i suoli agricoli al fotovoltaico non ci saranno più terreni da coltivare ed accelereremo la perdita di biodiversità unica del nostro Paese”.

Lo ha detto la leader dei giovani agricoltori di Coldiretti, Veronica Barbati, nel ricordare poi a tutti che il suolo vocato all’agricoltura appartiene agli agricoltori.

Va bene, ma forse molti agricoltori, soprattutto quelli più giovani, quelli che riescono a produrre derrate alimentari in modo sostenibile (e in alcuni casi ci sarebbe molto da dire anche su questo punto) e ottenere un reddito dignitoso, potrebbero invece non essere d’accordo sullo scartare apriori una sana integrazione dell’attività agricola con la produzione di elettricità solare.

Se fossi un agricoltore, e per giunta giovane, non mi trincererei nei miei preconcetti, ma anzi andrei a vedere di cosa si tratta quando qualcuno mi parla di agrovoltaico, senza timore, evitando di considerare dati fasulli e quel mantra che dice che sempre e comunque un utilizzo di terreni agricoli, marginali e non, sia qualcosa di poco etico e dannoso per la mia attività.

Dall’altra parte, nonostante la forte necessità per il paese di fare tanto FV (anche a terra) entro il 2030, se fossi un operatore energetico mi guarderei bene dall’avere un approccio speculativo che potrebbe mettere a rischio la continuità dell’attività agricola, pensando di investire in distese di pannelli al posto di colture pregiate. Nonostante qualche errore grossolano del passato, oggi sarebbe una follia che darebbe un corto respiro ai miei investimenti futuri, bruciando il mio business nel medio-lungo periodo, così come quello di tutto il settore.

Quello che serve è un dialogo tra due mondi che finora non si sono ancora confrontati su progetti chiari di abbinamento tra energia solare e coltivazioni. In realtà si parla di agrovoltaico da poco e quindi troppo poco è stato realizzato nella pratica.

Un passo interessante verso questa tematica è stato fatto dal Salone delle energie rinnovabili in agricoltura che si svolgerà nell’mabito di Fieragricola, l’evento più importante del settore, a Verona dal 26 al 29 gennaio 2022. E un webinar aperto a tutti proprio sull’agrovoltaico si svolgerà domani 16 settembre; un notevole numero di iscritti (circa 800) dimostra che l’argomento è invece molto sentito da imprese agricole e operatori del solare.

La sfida, come diranno i tre relatori invitati, è quella di riuscire a combinare produzione energetica, innovazione tecnologica, agricoltura e conservazione del paesaggio, nel rispetto delle comunità locali e delle loro attività, con vantaggi per tutti quelli che sono coinvolti in questi progetti.

Sarà importante intanto iniziare a dare un inquadramento e una definizione condivisa di agrovoltaico (o agrofotovoltaico), e ciò vale pure per la normativa nazionale, ancora insufficiente su queste iniziative.

Partendo dal principio che il fotovoltaico non deve entrare in conflitto con le pratica agricola, una definizione che ci è piaciuta è questa: “Agrovoltaico è quando un impianto fotovoltaico, nel rispetto dell’uso agricolo e/o zootecnico del suolo, anche quando collocato a terra, non inibisce tale uso, ma lo integra e supporta garantendo la continuità delle attività preesistenti, ovvero la ripresa agricola e/o zootecnica e/o biodiversità sulla stessa porzione di suolo su cui insiste l’area di impianto, contribuendo così ad ottimizzare l’uso del suolo stesso con ricadute positive sul territorio in termini occupazionali, sociali e ambientali”.

Supportato da iter autorizzativi chiari, al momento ancora carenti, l’agrovoltaico deve quindi poter diventare una soluzione efficiente al problema dell’utilizzo di suolo e, al tempo stesso, sostenere l’agricoltura grazie alla diversificazione delle fonti di reddito, creando valore per le aree rurali e per i prodotti.

Un progetto agrovoltaico richiede necessariamente un lavoro di squadra: l’impresa agricola, l’operatore fotovoltaico, l’agronomo, ecc., figure che devono lavorare insieme nella direzione del mantenimento o dell’accrescimento della produzione alimentare e della produzione di energia pulita.

Quali benefici possono dare i moduli FV su un campo coltivato, anche in un’ottica di parziale autoconsumo? Un’attenta progettazione può proteggere le colture dagli eventi atmosferici estremi, far diminuire il fabbisogno idrico, migliorare la competitività dell’azienda agricola o rivalorizzare anche terreni marginali, abbandonati o semi-abbandonati.

Entrano allora in gioco le innovazioni e il contesto in cui devo applicarsi le soluzioni tecniche: quali colture considerare le più adatte alla presenza del fotovoltaico e viceversa; quali tipo di sistemi FV utilizzare in base alla coltura, a quale altezza e con quali geometrie e spaziature tra i moduli per consentire le lavorazioni e il pascolo.

E ancora, quali strutture di sostegno utilizzare: fisse o a inseguimento, mono-assiali o biassiali? Quali pannelli: tradizionali, bifacciali, semi trasparenti?

C’è da fare un lavoro sartoriale, quindi non standardizzato, complesso, ma anche per questo stimolante. Servono esempi da far conoscere, e anche da replicare.

Intanto lasciamo da parte per un momento i numeri, gli obiettivi energetici, i timori ingiustificati sul consumo di suolo (che poi sono da prefisso telefonico) e ragioniamo tutti su come utilizzare i terreni, dove possibile, in modo più efficiente per generare un reddito aggiuntivo per gli agricoltori, per le comunità locali e, al tempo stesso, per contribuire, al processo di decarbonizzazione del paese.

Si accettano solo soluzioni win-win.

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