Creare un mercato unico digitale dei servizi in Europa è l’obiettivo dell’European Blockchain Partnership appena siglata da 22 paesi Ue, tra cui Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna ma non ancora l’Italia.
Nella dichiarazione sottoscritta a Bruxelles (documento completo allegato in basso), le nazioni coinvolte hanno riconosciuto l’importanza della tecnologia blockchain o “catena di blocchi” per trasformare il modo in cui sono forniti molteplici servizi in ambito pubblico e privato, dalla sanità alla finanza, passando per l’energia, i trasporti, la logistica.
Gli Stati, si legge nel documento, intendono cooperare per sviluppare una piattaforma digitale comune che dovrà favorire la partecipazione attiva dei cittadini/consumatori nei vari settori “toccati” dalla blockchain.
Secondo il commissario Ue per l’economia digitale, Mariya Gabriel, “in futuro tutti i servizi pubblici utilizzeranno la tecnologia blockchain, che è una grande opportunità per gli Stati membri di ripensare i loro sistemi informativi, promuovere la fiducia degli utenti e la protezione dei dati personali […] a vantaggio dei cittadini, dei servizi pubblici e delle imprese”.
La dichiarazione prevede che ogni Paese designerà un suo rappresentante nazionale che lavorerà insieme alla Commissione europea per identificare, entro settembre 2018, un gruppo iniziale di servizi pubblici digitali transfrontalieri di maggiore interesse per le future applicazioni della blockchain. Entro la fine dell’anno, Bruxelles dovrà stilare le specifiche tecniche dell’iniziativa, in modo da avere un quadro di regole condivise attraverso cui gestire i nuovi protocolli informatici.
La Commissione Ue, a febbraio, ha lanciato un osservatorio e forum sulla blockchain e intende investire circa 300 milioni di euro al 2020 per supportare progetti in questo settore emergente.
Conviene allora riassumere le caratteristiche essenziali della blockchain.
In questi giorni, un esempio del suo possibile utilizzo privato in campo energetico è arrivato dall’accordo tra Engie e Air Products sulla certificazione d’origine dell’elettricità “verde”.
In pratica, grazie a una piattaforma informatica innovativa, l’azienda-cliente di Engie potrà monitorare in tempo reale quanti sono i kWh consumati da un suo stabilimento produttivo in Francia e verificare che Engie fornisca un corrispondente numero di kWh generati con fonti rinnovabili, assicurando così la tracciabilità totale dell’energia acquistata da Air Products.
Più in generale, come ha spiegato di recente a QualEnergia.it l’analista di GTM Research, Colleen Metelitsa (qui l’intervista completa), la blockchain consente di scambiare dati con un grado di sicurezza molto elevato, riducendo moltissimo, se non proprio azzerando, il ruolo degli intermediari, che siano di natura finanziaria o di qualsiasi altro tipo.
La “catena di blocchi” è aperta e decentralizzata e al contempo ben protetta da eventuali attacchi informatici, perché crea dei registri digitali veramente difficili da falsificare. Difatti, le prime applicazioni della blockchain sono nate per abilitare le transazioni finanziarie senza autorità centrali, impiegando le cripto valute come i Bitcoin.
Di conseguenza, la blockchain può spalancare le porte a un modello energetico molto più distribuito rispetto a quello oggi prevalente, ridefinendo il ruolo delle utility e dei loro clienti, dove questi ultimi, ad esempio, potranno vendere/acquistare energia autoprodotta con impianti solari e salvata nelle batterie, comunicare direttamente con i distributori di energia per determinati servizi, gestire in modo autonomo alcune transazioni.