Tassa alla frontiera sulla CO2, forze politiche divise e voto incerto al Parlamento Ue

Le posizioni in campo alla vigilia della sessione plenaria a Strasburgo sulle misure del pacchetto Fit for 55.

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Si avvicina il momento di discutere e votare alcuni punti fondamentali del pacchetto Ue Fit for 55 con gli obiettivi rafforzati su energia e clima al 2030, nella sessione plenaria del Parlamento europeo del 7-8 giugno.

Tra questi punti, la revisione del sistema Ets (Emissions trading scheme) per lo scambio di quote di CO2 sul mercato europeo e il  nuovo meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere, Cbam (Carbon border adjustment mechanism).

Si punta così a introdurre una sorta di dazio ambientale sulle importazioni di determinati prodotti a elevato contenuto di CO2, provenienti da Paesi con normative ambientali meno severe rispetto a quelle dei 27 Stati membri.

Ma su questa misura non si è arrivati a un accordo di massima tra le diverse forze politiche e il voto a Strasburgo resta incerto.

Ricordiamo che il Consiglio Ue, nella sua formazione Ecofin (Consiglio economia e finanzia che riunisce i ministri competenti dei vari Stati membri), a marzo aveva raggiunto un accordo generale su come applicare la tassa alla frontiera sulla CO2.

I settori coinvolti sono: cemento, alluminio, fertilizzanti, produzione di energia elettrica, ferro e acciaio. Il meccanismo dovrà funzionare in parallelo al mercato Ets, che già coinvolge migliaia di industrie che consumano grandi quantità di energia e quindi emettono in atmosfera grandi quantità di anidride carbonica.

Tuttavia, sono emerse posizioni contrastanti su come il Cbam dovrà sostituire gradualmente le attuali allocazioni gratuite di quote di CO2 in ambito Ets; le quote gratuite, infatti, sono finalizzate a ridurre il rischio di carbon leakage, la delocalizzazione delle attività produttive in Paesi terzi con minori restrizioni ambientali.

Lo scontro politico è su quanto rapidamente si dovranno eliminare le quote gratuite di emissioni per rimpiazzarle con la tassa alla frontiera, tenendo conto che le due misure non possono coesistere, altrimenti le imprese europee finirebbero per avere un doppio vantaggio, dato dalle quote gratuite assegnate in casa e dalla tassa alla frontiera sui prodotti concorrenti.

Il principale schieramento rappresentato al Parlamento Ue, il partito popolare, punta a introdurre gradualmente i certificati Cbam dal 2027 (ogni certificato corrisponderà a 1 tonnellata di CO2, con un prezzo correlato al prezzo medio settimanale della CO2 sul mercato Ets), arrivando alla completa eliminazione delle quote gratuite Ets entro il 2034.

Lo riferisce Euractiv, citando il deputato tedesco Peter Liese, capo relatore a Strasburgo della proposta di nuova direttiva Ets.

Mentre i socialdemocratici e i centristi di Renew Europe sono favorevoli a terminare le assegnazioni gratuite nel 2032: questo è un compromesso tra la data prevista dalla Commissione europea nella sua proposta originaria (2035) e le indicazioni della commissione Ambiente del Parlamento Ue (2030).

Tuttavia, secondo Liese, le imprese hanno bisogno di più tempo per effettuare i necessari investimenti in tecnologie pulite mantenendo la loro competitività sui mercati internazionali.

Invece il capo relatore della proposta sulla tassa alla frontiera, Mohammed Chahim, ha sempre spinto per anticipare la partenza del meccanismo e includere nuovi settori, tra cui idrogeno, polimeri e prodotti chimici organici.

Vedremo tra domani e dopodomani, martedì-mercoledì 7-8 giugno, chi la spunterà a Strasburgo e quale forma prenderà la politica Ue sulle emissioni.

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