L’edilizia e i relativi impianti di climatizzazione assorbono circa un terzo dell’energia consumata per gli usi finali; fortunatamente, però, presentano anche un enorme margine di recupero di efficienza. In questi settori sono, infatti, disponibili tecnologie mature che, soprattutto negli ultimi anni, hanno fatto enormi progressi e che consentono di ridurre i consumi energetici senza rinunciare al comfort.
Tra le tecnologie impiantistiche, un ruolo di rilievo è giocato dalle pompe di calore, apparecchiature impiegate per il riscaldamento di un fluido – aria o acqua – che trasformano in energia utile il calore (energia a bassa entalpia), altrimenti inutilizzato, presente nell’ambiente.
Per funzionare, una pompa di calore necessita ovviamente di energia, ma quella che trasferisce all’interno dell’ambiente sotto forma di calore è maggiore di quella che consuma, garantendo così un notevole risparmio. La pompa di calore sfrutta, infatti, il calore gratuito e illimitato immagazzinato nell’aria, nell’acqua superficiale, nelle falde acquifere sotterranee e nel terreno. Per questo motivo, con la Direttiva RES (Renewable Energy Sources) le pompe di calore sono state riconosciute ufficialmente tecnologie che impiegano energie rinnovabili.
I sistemi a pompa di calore sono una valida alternativa ai tradizionali sistemi di riscaldamento a combustione, costituiscono uno dei sistemi di climatizzazione a ciclo annuale attualmente più efficiente ed efficace e sono in grado di contribuire al raggiungimento degli obiettivi 20-20-20 di riduzione dei consumi di energia, di riduzione delle emissioni di gas climalteranti e di incremento dell’utilizzo di fonti rinnovabili: consentono, infatti, risparmi dal 40 al 60% di energia primaria, con pari riduzione della CO2 e impiegano per il loro funzionamento circa il 75% di energia rinnovabile.
Le pompe di calore, a differenza dei sistemi termici a combustione, offrono anche il vantaggio di poter essere utilizzate come climatizzatori durante la stagione calda: in estate invertono il loro funzionamento e trasferiscono il calore dall’edificio verso l’esterno, raffrescando gli ambienti.
La soluzione con le sole pompe di calore comporta pertanto costi di installazione inferiori rispetto all’applicazione di una caldaia e di un condizionatore e la conseguente riduzione dei costi gestionali e manutentivi dell’impianto.
L’adozione di un impianto di climatizzazione con pompa di calore fa anche crescere la classe energetica dell’edificio, permettendo il raggiungimento di classi elevate tanto nelle nuove costruzioni che in quelle esistenti; inoltre viene migliorata la qualità dell’aria nelle grandi aree urbane perché, nel caso delle pompe di calore elettriche, l’inquinamento dovuto alla produzione di energia per il loro funzionamento è delocalizzato ed è in ogni caso ridotto grazie alla componente di energia rinnovabile che tutte le pompe di calore sono in grado di utilizzare.
Incentivando l’uso delle pompe di calore per il riscaldamento, soprattutto nei centri urbani, si otterrebbero importanti risultati in termini di riduzione di PM10, con ricadute positive sulla salute dei cittadini.
La tecnologia delle pompe di calore è nota e utilizzata fin dagli anni 70, ai tempi delle prime crisi petrolifere, e oggi è presente sul mercato con diverse soluzioni impiantistiche che la rendono adatta e di facile applicazione per tutte le esigenze.
La pompa di calore deve il suo nome al fatto di essere in grado di trasferire calore da una sorgente a bassa temperatura a un pozzo a temperatura più alta, così come una pompa solleva un fluido da una quota inferiore a una superiore. Tale processo è inverso rispetto a quello che avviene spontaneamente in natura ed è possibile solo fornendo energia alla macchina. Il principale vantaggio della pompa di calore deriva dalla sua capacità di fornire più energia di quanta ne impieghi per il suo funzionamento.
2.1. Pompe di calore elettriche a compressione
Le pompe di calore maggiormente diffuse sono quelle alimentate elettricamente.
Una pompa di calore elettrica a compressione è costituita da un circuito chiuso percorso da un fluido frigorigeno che, in funzione delle condizioni di temperatura e di pressione in cui si trova, assume lo stato di liquido o di vapore.
Il circuito di una pompa di calore elettrica a compressione è costituito da: un compressore, un condensatore, una valvola di espansione e un evaporatore. I componenti del circuito possono essere raggruppati in un unico blocco o divisi in due parti (sistemi split) collegate dalle tubazioni nelle quali circola il fluido frigorigeno.
Il fluido frigorigeno, durante il funzionamento, subisce le seguenti trasformazioni:
- Compressione: il fluido frigorigeno allo stato gassoso e a bassa pressione, proveniente dall’evaporatore, viene portato ad alta pressione; nella compressione si riscalda assorbendo una determinata quantità di calore.
- Condensazione: il fluido frigorigeno, proveniente dal compressore, passa dallo stato gassoso a quello liquido cedendo calore all’esterno.
- Espansione: passando attraverso la valvola di espansione il fluido frigorigeno liquido si trasforma parzialmente in vapore e si raffredda.
- Evaporazione: il fluido frigorigeno assorbe calore dall’esterno ed evapora completamente.
L’insieme di queste trasformazioni costituisce il ciclo della pompa di calore elettrica a compressione.
Come già accennato, il vantaggio nell’uso della pompa di calore deriva dalla sua capacità di fornire più energia (calore) di quella elettrica impiegata per il suo funzionamento in quanto estrae calore “gratuito” dall’ambiente esterno (aria-acqua).
L’efficienza di una pompa di calore è misurata dal coefficiente di prestazione C.O.P. (Coefficient of Performance), che è il rapporto tra l’energia fornita (calore ceduto al mezzo da riscaldare) e l’energia elettrica consumata. Il C.O.P. varia a seconda del tipo di pompa di calore e delle condizioni di funzionamento ed è tanto maggiore quanto più bassa è la temperatura a cui il calore viene ceduto (nel condensatore) e quanto più alta è quella della sorgente da cui viene assorbito (nell’evaporatore).
Oltre a quelle elettriche, sono disponibili anche pompe di calore a compressione azionate da motore endotermico. Essendo anch’esse dotate di un compressore, queste pompe di calore hanno un ciclo termodinamico simile a quello delle convenzionali pompe di calore elettriche. Il compressore, però, invece di essere alimentato dall’energia elettrica, viene azionato direttamente dall’energia meccanica prodotta da un motore a gas.
2.2 Pompe di calore ad assorbimento a gas
Rispetto al classico ciclo frigorifero delle macchine elettriche a compressione, dove l’aumento di pressione all’interno del ciclo è dato per azione meccanica, il sistema ad assorbimento provvede all’aumento di pressione per azione termica: un generatore a gas scalda la soluzione refrigerante/assorbente, innescando così il ciclo. In luogo della fase di compressione si introducono quindi le fasi di generazione e assorbimento. La particolarità del ciclo utilizzato nelle macchine ad assorbimento è quella di poter contare su di uno sviluppo di energia termica all’interno del ciclo stesso grazie alla reazione d’assorbimento tra il refrigerante (ammoniaca) e l’assorbente (acqua). Questa caratteristica consente di ridurre il fabbisogno energetico della macchina, contenendo i consumi di combustibile e rendendo l’efficienza della macchina poco influenzabile dalla temperatura della fonte rinnovabile d’energia (aria, acqua o terreno).
Questo fa sì che le pompe di calore ad assorbimento possano essere utilizzate per il riscaldamento domestico anche in climi estremamente rigidi utilizzando l’aria come fonte rinnovabile, rendendo così possibile affrontare le riqualificazione impiantistica degli edifici esistenti con contenuti costi e tempi di posa in opera.
Veniamo ora alla descrizione del ciclo ad assorbimento. Un bruciatore (1) viene utilizzato per scaldare la soluzione assorbente-refrigerante provocando così la separazione dei due componenti per evaporazione del refrigerante nella colonna di distillazione (2). Il complesso bruciatore-colonna di distillazione viene definito generatore e nelle macchine ad assorbimento sostituisce il compressore tipico delle apparecchiature a compressione di vapore.
Il vapore di refrigerante uscente dal generatore, attraversando il rettificatore (3), si separa dalle ultime parti d’acqua presenti ed entra nello scambiatore di calore a fascio tubiero (5), il quale nella stagione invernale assume il ruolo di condensatore-assorbitore della macchina.
In questa parte del circuito lo scambiatore di calore funge da condensatore del refrigerante, il quale cede all’acqua dell’impianto di riscaldamento il calore latente di condensazione. Questo passaggio di stato del refrigerante costituisce il primo effetto utile della macchina. Il refrigerante uscente dalla sezione di condensazione attraversa una prima sezione di laminazione (6), uno scambiatore di calore “tubo in tubo” (7) e una seconda sezione di laminazione dove progressivamente, attraverso successive diminuzioni di pressione e di temperatura, è portato alle condizioni ideali per cambiare nuovamente di stato passando alla fase gassosa. Nella batteria alettata (8) il refrigerante, prelevando calore dall’aria dell’ambiente esterno, evapora. In questa parte del circuito la pompa di calore importa all’interno del ciclo una porzione di energia rinnovabile aerotermica.
Il refrigerante (ammoniaca) nella batteria alettata può evaporare alla pressione atmosferica anche alla temperatura di -33°C. Questa caratteristica termodinamica del refrigerante consente di prelevare energia rinnovabile dall’aria anche quando la temperatura di quest’ultima raggiunge valori fortemente negativi, e permette quindi di non aver bisogno di caldaie di back up.
L’ammoniaca evaporata nella batteria alettata, dopo essersi surriscaldata nello scambiatore “tubo in tubo” (7) entra nel pre-assorbitore (9) dove, incontrandosi con l’assorbente nebulizzato (l’acqua), dà luogo alla reazione di assorbimento vera e propria. L’assorbimento è una reazione chimica esotermica che per evolvere necessita di veder asportata l’energia termica emessa. Nel pre-assorbitore tale energia viene parzialmente utilizzata per pre-riscaldare la soluzione acqua-ammoniaca prossima a rientrare nel generatore. Per completare la reazione d’assorbimento, la soluzione viene inviata nuovamente allo scambiatore di calore a fascio tubiero (5). In questa fase del ciclo lo scambiatore funge da assorbitore e consente di cedere al fluido termovettore dell’impianto termico una considerevole quantità di energia termica che costituisce il secondo effetto utile della macchina. La soluzione acqua ammoniaca uscente dallo scambiatore di calore (5) viene inviata dalla pompa delle soluzioni (10) nuovamente al generatore, passando nuovamente per il pre-assorbitore (9) e il rettificatore (3) dove si pre-riscalda recuperando calore dal ciclo stesso. Nel generatore ricomincia quindi il ciclo frigorifero ora descritto. La posizione (4) nella figura rappresenta la valvola di inversione del ciclo della pompa di calore, costituita da un organo meccanico a quattordici vie attraverso il quale viene deviato il flusso di refrigerante nel circuito. Tale operazione consente di invertire stagionalmente la modalità di funzionamento e produrre acqua calda nella stagione invernale e acqua refrigerata nella stagione estiva.
L’efficienza di una pompa di calore ad assorbimento a gas è misurata dal G.U.E. (Gas Utilization Efficiency), che è il rapporto tra l’energia fornita (calore ceduto al mezzo da riscaldare) e l’energia consumata dal bruciatore.
Lo sfruttamento della grande quantità d’energia che viene a liberarsi durante la fase di assorbimento consente elevate temperature di mandata all’impianto di riscaldamento trasferendo l’energia rinnovabile prelevata da aria, acqua o terreno, con efficienze ragguardevoli. Le temperature del fluido inviato alla sorgente fredda variano da -10°C a +45°C, mentre quelle del fluido termovettore caldo variano da +35°C a +65°C (+70°C in funzione acqua calda sanitaria).
3. TIPOLOGIA DI SORGENTI DISPONIBILI
Esistono quattro tipologie fondamentali di pompe di calore (aria-aria, aria-acqua, acqua-aria, acqua-acqua), che derivano dalla combinazione dei due fluidi che scambiano calore con il refrigerante, aria o acqua, verso la sorgente esterna (primo termine) e verso quella interna dell’edificio (secondo termine).
Verso l’interno la pompa di calore può riscaldare – o raffreddare, se reversibile – direttamente l’aria degli ambienti oppure può farlo attraverso un fluido intermedio, normalmente acqua, che trasporta il calore nei vari ambienti, dove un ulteriore scambiatore di calore (ventilconvettori, sistemi radianti ecc.) lo trasferisce all’aria.
Verso l’esterno la pompa di calore può scambiare calore direttamente con l’aria oppure attraverso un fluido intermedio, acqua o acqua glicolata, che a sua volta lo scambierà con la sorgente esterna: acqua superficiale o di falda, terreno o rocce con sonde verticali od orizzontali (geotermia a bassa entalpia).
La scelta della sorgente termica è importante e si riflette sia sulla prestazione energetica dell’impianto, sia sul dimensionamento della pompa di calore e sull’eventuale scelta di un sistema integrativo (caldaia a gas, resistenza elettrica).
La temperatura della sorgente termica esterna e i relativi andamenti stagionali sono quindi di estrema importanza per determinare le prestazioni di una pompa di calore.
Una soluzione molto economica dal punto di vista impiantistico e particolarmente adatta alle nostre zone climatiche è quella che utilizza come sorgente termica esterna l’aria, che ha il vantaggio di essere disponibile sempre e ovunque; un limite di questa tipologia è dato dal fatto che la potenza resa dalla pompa di calore decresce con il diminuire della temperatura dell’aria esterna.
Decisamente più vantaggioso è impiegare, come sorgente fredda, l’aria estratta dai locali, che deve essere comunque rinnovata. In ogni caso, nel corso degli ultimi anni le prestazioni delle pompe di calore ad aria sono nettamente migliorate e oggi sono in grado di garantire un importante risparmio di energia primaria rispetto alle tecnologie tradizionali.
La scelta di sorgenti termiche diverse dall’aria e caratterizzate da valori di temperatura mediamente più elevati e meno variabili consente di ottenere prestazioni energetiche superiori e una maggiore stabilità della potenza termica resa dalla pompa di calore.
Le sorgenti alternative all’aria esterna sono: le acque di falda, di fiume, di lago, di mare e il terreno.
L’acqua (di falda, di fiume, di lago, di mare) come sorgente fredda garantisce prestazioni costanti e migliori rispetto alla sorgente aria in quanto non risente delle condizioni climatiche esterne; necessita però di opere di prelievo e di scarico soggette a vincoli legislativi.
Il terreno come sorgente fredda garantisce buone prestazioni energetiche e ha il vantaggio di subire minori sbalzi di temperatura rispetto all’aria. Grazie al fatto che il terreno è, appunto, a temperatura praticamente costante durante tutto l’anno, le pompe di calore a terreno mantengono sempre un’elevata efficienza e, di conseguenza, non necessitano di sorgenti termiche d’appoggio. Per sfruttare il terreno come sorgente è necessario installare nel sottosuolo sistemi di scambio termico a circuito chiuso all’interno dei quali circola una soluzione di acqua e antigelo o di sola acqua. Le pompe di calore a terreno richiedono ampie superfici in cui interrare le tubazioni, nel caso di sonde orizzontali, o comportano operazioni di perforazione, nel caso di sonde verticali.
Nella scelta di una sorgente piuttosto che di un’altra è fondamentale considerare sia gli aspetti economici sia le caratteristiche del sito di installazione.
4. APPLICAZIONI DELLE POMPE DI CALORE
Un aspetto importante da tenere in considerazione è che in Italia esistono le condizioni climatiche ideali per l’utilizzo delle pompe di calore, anche di quelle aerotermiche che, come detto prima, hanno costi di installazione inferiori rispetto alle altre tipologie. Le temperature medie italiane consentono, infatti, efficienze molto elevate: si osserva per esempio che in una città del Nord Italia come Milano la temperatura media invernale è di 7,6 °C, ideale per il funzionamento delle pompe di calore. Va comunque ricordato che oggi queste apparecchiature sono in grado di funzionare anche a temperature molto basse (-15÷-20 °C), garantendo buone prestazioni.
Le applicazioni con pompa di calore sono molto differenziate, oltre che per la fonte ambientale utilizzata (aria, acqua o terreno) anche per la destinazione d’uso dell’edificio da climatizzare (residenziale o terziario).
Prendiamo, ad esempio, un edificio residenziale, una villetta unifamiliare di nuova costruzione con una superficie di circa 260 m2 situata nel Nord Italia. La potenza termica richiesta è di 8,5 kW, mentre quella frigorifera è di 6,2 kW.
In questo caso si è scelto di installare un unico impianto a pompa di calore elettrica aria/acqua per il raffrescamento, il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria. Il sistema di distribuzione per la climatizzazione è stato realizzato con pannelli radianti a soffitto, mentre il rinnovo e la purificazione dell’aria avvengono con recupero di calore. È stato poi integrato un impianto solare termico.
Riguardo ai costi di investimento si osserva che, rispetto ai costi di un impianto tradizionale costituito da una caldaia abbinata a un condizionatore split, il costo della pompa di calore come apparecchio è maggiore anche se i costi di accessori e di installazione si riducono poiché si tratta di un unico impianto. In ogni caso rimane un maggior costo di investimento, pari a circa 2.600 euro.
Tuttavia, se si analizzano i costi di esercizio dell’impianto installato, si riscontra un risparmio di circa 1.200 euro/anno rispetto al sistema tradizionale. I maggiori risparmi si hanno nella fase invernale di riscaldamento. Ciò significa che, nonostante un maggiore investimento iniziale di 2.600 euro rispetto all’impianto tradizionale, i risparmi annui di 1.166 euro consentono di avere un ritorno dell’investimento in soli 3 anni e di risparmiare, per tutti gli altri anni di vita dell’impianto, un importo di 1.166 euro/anno.
Un esempio applicativo molto interessante è quello che riguarda la ristrutturazione dell’Ex Darsena di Savona. Si tratta di un insieme di edifici con destinazione mista: residenziale, commerciale e ricettiva, che si affaccia direttamente sul mare. L’intero complesso è composto da una torre di 19 piani con oltre 100 appartamenti, da una corte pedonale con 30 negozi e 20 uffici e un hotel di circa 100 camere.
L’intervento ha interessato un volume complessivo di quasi 70.000 m3 con potenzialità di progetto termica pari 1,9 MW e frigorifera di 1,5 MW. L’impianto a pompe di calore realizzato è del tipo oceanotermico, una soluzione innovativa che prevede l’utilizzo dell’energia termica presente nell’acqua di mare, una risorsa rinnovabile e stabile nel tempo con temperature che variano tra 14 e i 24 °C. L’analisi economica ed energetica stima un consumo annuo di 673.480 kWh elettrici, mentre il consumo annuo previsto di un impianto tradizionale con caldaia, refrigeratore e distribuzione a 4 tubi è di 262.470 Sm3 di gas metano e di 643.130 kWh elettrici. Emerge che con il sistema oceanotermico è stato possibile ottenere un risparmio annuale di quasi 150.000 euro con un pay-back d’impianto di 3,2 anni (il maggior costo investimento sostenuto rispetto al sistema tradizionale è di circa 500.000 euro). In termini di energia primaria il risparmio è stato stimato in circa 211 TEP/anno, ovvero -63% rispetto a un sistema tradizionale. Infine, per quanto riguarda le emissioni in atmosfera CO2 sono stati risparmiati 491 t di CO2, cioè -64% rispetto al sistema tradizionale.
I sistemi a pompa di calore vengono anche ampiamente utilizzati nel settore alberghiero. L’hotel Holiday Inn di Mozzo (BG), una struttura comprendente 98 camere e una sala riunioni da 130 m2, è stato climatizzato con 5 gruppi ad assorbimento preassemblati costituiti da pompe di calore ad aria reversibili, refrigeratori per raffreddamento e con recupero di calore.
I gruppi sono in grado di produrre acqua calda fino a 60 °C per riscaldamento (garantendo il funzionamento anche a -20 °C di temperatura esterna) e acqua refrigerata fino a 3 °C per condizionamento. L’ottimizzazione del funzionamento dell’impianto ha portato a una regolazione delle temperature di mandata dell’acqua agli impianti a 50 °C in inverno e a 7 °C in estate. Durante il funzionamento estivo si provvede anche alla produzione di circa 80 kW di potenza termica di recupero, totalmente gratuita, che contribuisce in maniera sensibile al riscaldamento dell’acqua calda sanitaria. L’adozione della tecnologia ad assorbimento ha portato a un importante risparmio dei costi di gestione.
Durante la fase invernale l’efficienza media del sistema è pari a circa 1,4, cioè mediamente il 40% in più rispetto a una caldaia a condensazione. Il funzionamento in condizionamento è invece garantito con un impegno elettrico di soli 20 kW, circa 1/10 di quello necessario per una soluzione elettrica. La soluzione adottata assicura così risparmi economici quantificabili in circa 12.000 euro/anno rispetto a una soluzione tradizionale con caldaia a condensazione e chiller. Grazie all’elevata efficienza invernale del sistema in pompa di calore, le sensibili riduzioni dei consumi determinano vantaggi di tipo energetico valutabili in 9 TEP/anno, in circa 289 tonnellate di prodotti della combustione e circa 26 tonnellate di CO2 immesse in ambiente.
5. INSTALLAZIONE E MANUTENZIONE
La pompa di calore è un’apparecchiatura che ha raggiunto una buona affidabilità, soprattutto negli ultimi anni, ma che richiede una corretta installazione e un minimo di manutenzione per conseguire buone prestazioni nel tempo. Queste operazioni devono essere quindi affidate a personale qualificato in grado di garantire non solo la sicurezza ma anche il risparmio energetico degli impianti.
Per risparmio energetico si intende la riduzione dei consumi di energia necessaria per i nostri bisogni e attività. Il risparmio energetico si può ottenere sia modificando le nostre abitudini, cercando di limitare gli sprechi, sia promuovendo le tecnologie in grado di trasformare e conservare l’energia nonché le competenze e la professionalità degli operatori del settore.
Il risparmio energetico e le fonti rinnovabili di energia sono tematiche con le quali il settore dell’edilizia – costruzioni e impiantistica – deve confrontarsi. Proprio in questa direzione, i recenti provvedimenti legislativi in materia di efficienza energetica e rinnovabili stanno introducendo specifiche prescrizioni sia riguardo ai nuovi criteri per la valutazione e il controllo periodico dell’efficienza degli impianti di climatizzazione, sia in materia di formazione e certificazione degli installatori di impianti a fonti rinnovabili, tra cui le pompe di calore.
Per quanto riguarda la valutazione e il controllo periodico dell’efficienza degli impianti di climatizzazione, il ministero dello Sviluppo Economico sta lavorando all’attuazione della Direttiva 2010/31/CE (EPBD Recast) in materia di prestazione energetica nell’edilizia, che ha sostituito l’antecedente Direttiva 2002/91/CE.
La nuova direttiva, che dovrà essere adottata dagli Stati membri entro e non oltre il 9 luglio 2012, ha lo scopo di chiarire, rafforzare e ampliare il campo di applicazione di quella vigente sul rendimento energetico nell’edilizia, nonché di ridurre le differenze tra le pratiche in uso negli Stati membri in tale settore, pur tenendo conto delle condizioni locali e climatiche esterne, fornendo disposizioni in merito a:
- definizione di un quadro comune generale per la metodologia di calcolo della prestazione energetica
- applicazione di requisiti minimi alla prestazione energetica di edifici e unità immobiliari di nuova costruzione
- applicazione di requisiti minimi alla prestazione energetica di edifici e unità immobiliari esistenti, sottoposti a ristrutturazioni importanti, inclusi gli interventi su specifici elementi edilizi o sistemi tecnici quando questi siano oggetto di sostituzione o rinnovamento
- definizione di piani nazionali destinati ad aumentare il numero di edifici ad energia quasi zero
- certificazione energetica degli edifici o delle unità immobiliari
- ispezione degli impianti di riscaldamento e condizionamento
- definizione di sistemi di controllo indipendenti per gli attestati di prestazione energetica e i rapporti di ispezione.
In particolare, la direttiva disciplina le ispezioni degli impianti di riscaldamento degli edifici dotati di caldaie con una potenza superiore a 20 kW e degli impianti di condizionamento d’aria con potenza superiore a 12 kW. La certificazione della prestazione energetica degli edifici e l’ispezione degli impianti di riscaldamento e condizionamento d’aria dovrà essere effettuata in maniera indipendente da esperti qualificati e/o accreditati, operanti in qualità di lavoratori autonomi o come dipendenti di enti pubblici o di imprese private.
Per adeguarsi a quanto richiesto dalla Commissione Europea, il ministero dello Sviluppo Economico ha creato attraverso il CTI (Comitato Termotecnico Italiano) due gruppi di lavoro ai quali ha affidato lo sviluppo di un decreto che sostituisca il DPR 59/2009 (Regolamento di attuazione dell’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, concernente attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia) e, in tutto o in parte, il DPR 412/98 (Regolamento recante norme per la progettazione, l’installazione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia, in attuazione dell’art. 4, comma 4, della legge 9 gennaio 1991, n. 10) e correggendovi quanto “non funzionale” vi sia in materia di climatizzazione invernale, ed integrandovi anche l’illuminazione, la ventilazione e la climatizzazione estiva. Uno dei gruppi di lavoro sta rivedendo il metodo di calcolo usato per la certificazione energetica, introducendo il criterio dell’edificio di riferimento, ovvero il doppio calcolo dell’edificio “geometricamente uguale” a quello reale, ma con i valori di isolamento e trasmissione calore uguali a determinati standard, e l’edificio reale che deve essere energeticamente più virtuoso.
L’altro gruppo di lavoro coordinerà attraverso il CTI altri due gruppi incaricati di redigere il rifacimento degli allegati dei vari decreti di attuazione della EPBD, sia per tener conto delle problematiche rilevate nel settore del riscaldamento in questi quasi vent’anni, sia per aggiungervi anche i libretti di centrale termica degli impianti di climatizzazione con macchine di potenza unitaria superiore a 12 kW, e i moduli per i rapporti dei controlli periodici e delle ispezioni. Contemporaneamente questi due gruppi dovranno redigere delle “linee guida” per l’esecuzione di tali controlli periodici e ispezioni, mirati alla verifica nel tempo dell’efficienza degli impianti, in base ai dati di collaudo e primo avviamento. Come primo step è stata preparata una bozza del libretto di impianto comprendente i dati da misurare per controllare che l’efficienza dell’impianto non abbia subito degradi e gli allegati per i report dei controlli/ispezioni.
Passando al tema della qualificazione degli installatori, il Decreto Legislativo 28/2011, che recepisce la Direttiva 28/2009 sull’impiego delle fonti rinnovabili, prevede che la qualifica professionale per l’attività di installazione di pompe di calore sia conseguita solo col possesso dei requisiti tecnico-professionali previsti dal Decreto Ministeriale 37/2008 relativo alle attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici, ovvero:
a) diploma di laurea in materia tecnica specifica conseguito presso una università statale o legalmente riconosciuta;
b) diploma o qualifica conseguita al termine di scuola secondaria del secondo ciclo con specializzazione relativa al settore dell’attività impiantistica considerata, presso un istituto statale o legalmente riconosciuto, seguiti da un periodo di inserimento, di almeno due anni continuativi, alle dirette dipendenze di un’impresa del settore;
c) titolo o attestato conseguito ai sensi della legislazione vigente in materia di formazione professionale, previo un periodo di inserimento, di almeno quattro anni consecutivi, alle dirette dipendenze di un’impresa del settore.
Nello specifico, a decorrere dal 1° agosto 2013, gli installatori di pompe di calore che rientrano nella categoria c) dovranno dimostrare di aver effettuato e superato un corso di formazione specifico sulla tecnologia nel rispetto di criteri analoghi allo schema europeo Eucert HP (UE Certified Installer Heat Pump) dell’EHPA (European Heat Pump Association), schema di riferimento europeo per gli installatori di pompe di calore, come indicato nel progetto comunitario Qualicert.
Il progetto Qualicert, terminato lo scorso 2011, è nato dall’esigenza di rispondere concretamente all’Unione Europea che, con l’articolo 14 della Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso di energia da fonti rinnovabili, obbliga gli Stati Membri a sviluppare e riconoscere, entro il 2012, schemi condivisi di accreditamento e certificazione per installatori di impianti di energia rinnovabile di piccola e media taglia. L’obiettivo era quello di individuare e uniformare per tutti i 27 Paesi europei gli schemi di accreditamento e certificazione delle competenze per gli installatori di impianti di fonti rinnovabili di energia di piccola e media taglia (solare termico a bassa temperatura, solare fotovoltaico, pompe di calore, biomasse, geotermia). In Italia è già attivo un programma di formazione promosso dal Co.Aer e attualmente gestito dal Cepas (Organismo di Certificazione delle Professionalità e della Formazione di terza parte) che si basa proprio sui criteri dello schema europeo per le pompe di calore.
6. I VANTAGGI DELLA TECNOLOGIA
I vantaggi della tecnologia delle pompe di calore sono numerosi e possono essere così riassunti:
- climatizzazione a ciclo annuale (riscaldamento e raffrescamento) con un’unica macchina,
- incremento dell’efficienza energetica,
- utilizzo di fonti di energia rinnovabile,
- riduzione delle emissioni inquinanti,
- aumento della classe energetica e del valore dell’immobile,
- riduzione dei costi gestionali e manutentivi dell’impianto.
Le pompe di calore possono essere installate all’esterno, se di tipo aerotermico, o in qualsiasi locale perché non necessitano di ambienti dedicati. Inoltre sono integrabili con altre fonti energetiche rinnovabili, come sistemi solari termici per la produzione di acqua calda sanitaria e sistemi fotovoltaici, e usufruiscono di alcune detrazioni fiscali.
7. ASPETTI ECONOMICI E INCENTIVI
Le pompe di calore sono sistemi ad alta efficienza che impiegano energia rinnovabile e per questa ragione possono usufruire di diverse forme di incentivazione (dal 2012 non cumulabili fra loro).
Attualmente sono in vigore:
- Detrazioni fiscali pari al 55% o 36% delle spese sostenute per l’installazione.
- Titoli di efficienza energetica che valorizzano la riduzione dei consumi di energia primaria rispetto ad una tecnologia standard.
E’ in fase di definizione e riguarda l’impiego di energia rinnovabile il:
- Conto di energia termico per le rinnovabili termiche.
Qui di seguito vengono riportati in dettaglio i vari provvedimenti.
- Detrazioni fiscali pari al 55% (diluite in 10 anni) delle spese sostenute per la sostituzione integrale dell’impianto di climatizzazione invernale con pompe di calore ad alta efficienza. La Legge n. 214 del 22 dicembre 2011 (Manovra Salva Italia) ha prorogato la detrazione del 55% fino al 31 dicembre 2012; le modalità di incentivazione sono quelle previste per il 2011, con una novità: è possibile detrarre anche le spese per interventi di sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria.
- Requisiti delle pompe di calore ad alta efficienza: con l’allegato I del D.M. 6 agosto 2009 sono stati definiti i requisiti che devono avere le pompe di calore per accedere alla detrazione fiscale del 55%.
- Detrazioni fiscali 36% (diluite in 10 anni) delle spese sostenute per interventi di efficienza energetica.
Salvo ulteriori proroghe del 55%, dal 1° gennaio 2013 la detrazione fiscale per gli interventi di efficienza energetica scenderà al 36%; è un incentivo già previsto da diversi anni per le ristrutturazioni edilizie; non sono richiesti requisiti particolari per le pompe di calore. La novità è che la detrazione del 36% sarà resa strutturale e disciplinata dal nuovo articolo 16-bis aggiunto dalla Manovra Salva Italia al Testo Unico delle Imposte sui Redditi, quindi non ci sarà più la necessità di doverlo rinnovare, come è stato fino ad ora.
- Titoli di efficienza energetica
I TEE (Titoli di efficienza energetica) vengono calcolati sulla differenza dei consumi di energia primaria tra una tecnologia efficiente e una tecnologia di base; nel caso delle pompe di calore la tecnologia di base è una caldaia tradizionale alimentata a gas. Un TEE equivale a un TEP (tonnellata equivalente petrolio) risparmiato. Oggi il valore economico del TEE è di circa 100, ma tale valore è soggetto all’andamento del mercato dei titoli e quindi può subire variazioni positive e/o negative. I titoli si possono ottenere tramite: progetti standardizzati, progetti analitici, progetti a consuntivo (sono progetti a misura comunicati preventivamente all’AEEG). Lo strumento di quantificazione dei titoli sono le schede tecniche approvate dall’Autorità che possono essere standardizzate e/o analitiche; quelle standardizzate attribuiscono i titoli semplicemente in base all’installazione della pompa di calore, mentre quelle analitiche prevedono la misura dell’energia in input e output. Attualmente le schede che interessano le pompe di calore sono le seguenti: n. 15 solo per il caldo: standardizzata (settore domestico appartamento singolo); n. 19 condizionatori efficienti: standardizzata (singolo appartamento domestico, terziario commerciale, terziario uffici); n. 26 caldo, freddo, ACS e recuperi di calore: analitica (residenziale, commerciale e terziario); n. 27 produzione acqua calda sanitaria: standardizzata (domestico singolo appartamento).
Conto Energia per le rinnovabili termiche (in fase di definizione)
Il Decreto Rinnovabili (Dlgs n. 28/2011 di recepimento della Direttiva 2009/28/CE) ha previsto l’avvio nel 2012 di un nuovo meccanismo di incentivazione delle rinnovabili termiche (fra le quali anche le pompe di calore) basato sui criteri del conto energia, cioè sulla corresponsione di un incentivo per ogni kWh di energia termica prodotto. L’incentivazione delle rinnovabili termiche attraverso un Conto energia termico verrà regolamentata con un decreto ministeriale che definirà i contributi per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili e per incentivi di efficienza energetica di piccole dimensioni. Il nuovo incentivo verrebbe finanziato attraverso le bollette del gas, mediante un’apposita componente tariffaria, avrà lo scopo di assicurare una equa remunerazione dei costi di investimento ed esercizio e sarà commisurato alla produzione di energia termica da pompa di calore. Il Co.Aer, con una documentata e articolata proposta, suggerisce un incentivo di 4,5 c€/kWh di energia termica rinnovabile impiegata, per una durata di 10 anni.
8. TARIFFE ELETTRICHE E DOPPIO CONTATORE
L’enorme potenziale di efficienza e risparmio energetico conseguibile mediante l’impiego di pompe di calore elettriche ha fatto sì che la tecnologia assumesse, negli ultimi anni, un ruolo determinante in tutta l’Unione Europea ma non in Italia, dove il costo eccessivo dell’energia elettrica ne ha scoraggiato l’impiego e la diffusione. Si consideri che nel nostro Paese, per consumi oltre i 2700 kWh/annui, il prezzo a kWh dell’energia passa da un minimo di circa 17 c€/kWh, con tariffa lineare BTA (o altri usi) – terziario o residenziale centralizzato – a un valore crescente dai 27 ai 31 c€/kWh con l’aumentare dei consumi nel settore domestico: tariffe D2 o D3. Questi valori risultano nettamente superiori alla media europea (12 c€/kWh). Il sistema tariffario elettrico nel settore domestico va quindi a penalizzare fasce di consumo oltre i 2700 kWh/annui anche nel caso in cui si stiano impiegando sistemi efficienti e rinnovabili come le pompe di calore che, al contrario, consentono elevati risparmi di energia primaria. In altre parole, oggi, collegare una pompa di calore al contatore principale dell’abitazione in tariffa D3 potrebbe diventare molto sconveniente. Per superare questa barriera, tra le proposte Co.Aer vi è quella di introdurre un incentivo stimato in rapporto alla quantità di energia rinnovabile catturata dalla pompa di calore senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, come prescritto dal Decreto 28/2011; questo strumento incentivante consentirebbe l’abbattimento dei costi elettrici di gestione delle pompe di calore. Tuttavia lo sconto sulla tariffa, ottenuto indirettamente tramite una sorta di “conto energia termico”, non sarebbe comunque significativo ai fini di un’effettiva riduzione dei costi elettrici se applicato al prezzo medio dell’attuale tariffa domestica, pari a circa 28 c€/kWh per fasce di consumo oltre i 2700 kWh/anno. Se, al contrario, si considerasse come costo base quello della tariffa lineare BTA, pari a 17 c€/kWh per qualunque scaglione di consumo, il vantaggio sui costi di gestione risulterebbe decisamente più interessante.
La normativa italiana prevede, infatti, che le abitazioni climatizzate da pompe di calore possano usufruire di un secondo contatore in parallelo dedicato con tariffa lineare per usi diversi, BTA. Non sempre però la richiesta della seconda presa risulta tecnicamente fattibile ed economicamente sostenibile per l’utente finale. E’ per questo motivo che tra le priorità del Co.Aer vi è quella di rendere accessibile, sia in termini tecnici che in termini di costi fissi e oneri di installazione, l’impiego del secondo contatore dedicato alla pompa di calore elettrica con tariffa BTA, soprattutto laddove l’utente domestico che ha elevati consumi elettrici annui potrebbe trarne un reale beneficio economico sui costi elettrici di gestione.
Cosa succede, infatti, se un utente installa una pompa di calore elettrica su un contatore principale?
Caso 1 – Quando un utente domestico con tariffa D2 e consumi annui, per esempio, di circa 3000 kWh/anno, decide di collegare una pompa di calore sul contatore principale, dovrà sempre richiedere una potenza impegnata superiore per considerare i maggiori consumi elettrici derivanti dall’utilizzo annuale dell’impianto di climatizzazione. Si supponga che l’incremento dei consumi annui sia di 4000 kWh per un totale di 7000 kWh/anno e che la potenza impegnata da 3 kW (tariffa D2) passi a 6 kW (tariffa D3). In questo caso, la spesa elettrica annua dell’utente domestico sarà di circa 1959 €/anno con costi fissi una “tantum”di 284 €.
Cosa succede invece se l’utente domestico collega la pompa di calore elettrica a un contatore dedicato?
Caso 2 – A parità di consumo annuo, 7000 kWh, se l’utente decide di ricorrere alla seconda presa potrà mantenere la tariffa domestica D2 – con potenza impegnata 3 kW – sul contatore principale e richiedere, per esempio, una potenza impegnata di altri 3 kW sul contatore dedicato alla pompa di calore con tariffa lineare BTA2. In questo secondo caso l’utente avrà costi elettrici diesercizio inferiori rispetto al caso precedente, pari a circa1538 €/anno, con un risparmio stimato di oltre 400 €/anno rispetto al caso precedente. Il problema che si riscontra riguarda però i costi fissi di installazione della seconda presa pari a oltre € 1500.
In tabella si riporta il dettaglio di costi elettrici e oneri fissi relativi ai due casi specifici illustrati (tariffe aprile 2012).
Dai risultati ottenuti emerge chiaramente che il secondo contatore, in molti casi, consente all’utente domestico di abbattere i costi elettrici di esercizio della pompa di calore con un risparmio economico crescente all’aumentare dei consumi di climatizzazione. L’istallazione della seconda presa dedicata comporta però costi fissi e oneri aggiuntivi “una tantum” eccessivamente elevati, tali da rendere spesso impercettibile il vantaggio ottenuto con la tariffa lineare BTA.
Per superare questi limiti del secondo contatore che scoraggiano l’impiego di tecnologie efficienti e rinnovabili come le pompe di calore ai danni degli utenti finali più virtuosi, il Co.Aer propone, da un lato la soluzione del “contatore in serie” e il metodo analitico con “formula RES” (allegato 3 del D.Lgs 28/2011), dall’altro l’introduzione strutturale di una tariffa domestica agevolata per le pompa di calore, soluzione certamente più semplice e immediata rispetto alle precedenti.
Sinteticamente, la proposta del “contatore in serie” consiste nell’installare un contatore fiscale in sottotensione al contatore principale oppure dotare la macchina di un apposito chip in grado di dialogare direttamente con il contatore domestico.
Il metodo analitico prevede invece di applicare la tariffa BTA ai consumi della pompa di calore stimati con la “formula RES” (metodo Eurostat), evitando il ricorso a contatori o misuratori aggiuntivi, né in serie né in parallelo. In entrambi i casi si avrebbe comunque il vantaggio di eliminare la presa dedicata alla pompa di calore (in parallelo), con conseguente riduzione strutturale dei costi fissi.
In alternativa, il Co.Aer suggerisce di introdurre una tariffa domestica “D1” più vantaggiosa delle tradizionali D2 e D3 ma soltanto per gli utenti che installano una pompa di calore nella propria abitazione. Si tratta in pratica di una tariffa con prezzo dell’energia non più strutturato a scaglioni di consumo ma lineare e pari a circa 19 c€/kWh (compresa Iva) con costi fissi e quota potenza equivalenti a quelli della D3. Evidentemente questa soluzione consentirebbe di superare tutte le problematiche connesse all’installazione di un secondo contatore dedicato, rendendo superflui sia il contatore in serie sia la stima dei consumi della pompa di calore con formula RES. Tutti i consumi, obbligati e rinnovabili, verrebbero infatti contabilizzati con tariffa “D1” tramite il contatore principale, andando a premiare l’utente domestico che impiega la pompa di calore per le proprie esigenze di climatizzazione.
L’immagine seguente mostra i risultati ottenuti in termini di costo elettrico di gestione e di oneri fissi una tantum di un utente domestico con pompa di calore; rispetto al caso 1 (D3) e 2 (D2+BTA2) si osserva che la tariffa agevolata D1 garantisce il maggior risparmio economico.
Le proposte Co.Aer sono illustrate nel più dettagliato libretto tecnico: “Argomentazioni riguardanti tariffe elettriche e secondo contatore per pompe di calore: proposte Co.Aer”, scaricabile dal sito dell’associazione: www.anima.it/ass/coaer
9. POTENZIALE DELLE POMPE DI CALORE
Nelle note introduttive si è accennato al contributo che le pompe di calore, tecnologia matura e ampiamente utilizzata in tutta Europa, possono dare per il miglioramento dell’efficienza degli edifici e la riduzione delle emissioni, consentendo quindi di ridurre i consumi energetici senza rinunciare al comfort.
Oggi non si tratta solo di efficienza energetica ma anche di utilizzo di rinnovabili: questo importante cambiamento è avvenuto nel 2009 con la Direttiva RES (Renewable Energy Sources) dove le pompe di calore sono state riconosciute ufficialmente tecnologie che impiegano energie rinnovabili.
Quindi i sistemi a pompa di calore sono in grado di lavorare su due fronti – l’efficienza energetica e le rinnovabili termiche – migliorando la classe energetica dell’edificio e migliorando la qualità dell’aria nelle grandi aree urbane.
Naturalmente non è possibile fermarsi su delle semplici affermazioni; per documentare quanto sostengono le associazioni di costruttori di pompe di calore, in Italia e in Europa, negli ultimi anni, sono stati realizzati diversi studi di parte terza che illustrano e documentano il grosso potenziale delle pompe di calore. Si cita come esempio quello di Confindustria.
Efficienza Energetica: proposte di Confindustria per il Piano 2011
Una Task Force Efficienza Energetica di Confindustria, con un lavoro durato 4 anni, ha realizzato uno studio contenente alcune proposte per il PEE (Piano Efficienza Energetica). Lo studio ha messo in evidenza che l’efficienza energetica è il mezzo più efficace per perseguire gli obiettivi di sostenibilità ambientale in un’ottica di contenimento dei costi e per rafforzare la sicurezza degli approvvigionamenti; al contempo può rappresentare un volano importante alla crescita economica ed occupazionale del Paese. Un impegno costante alla riduzione dei consumi energetici può costituire per il sistema industriale uno strumento di riduzione dei costi del processo produttivo e un’occasione per sollevare il proprio standard competitivo sui mercati internazionali (vedi grafico).
Le pompe di calore a servizio delle Regioni: il “Burden Sharing” per le fonti rinnovabili
Dopo l’approvazione da parte della Conferenza Stato Regioni avvenuta lo scorso 22 febbraio 2012, il cosiddetto “Burden Sharing” è diventato decreto del ministero dello Sviluppo economico e del ministero dell’Ambiente. Tale decreto era previsto dallo stesso Decreto 28/2011, attuativo della Direttiva europea 2009/28/CE, che ha assegnato all’Italia l’obbligo di utilizzare al 2020 il 17% di energia da fonti rinnovabili sul totale dell’energia consumata (energia elettrica, termica e per i trasporti). L’obiettivo per l’Italia è di arrivare al 2020 con una produzione energetica nazionale da rinnovabili pari al 14,3% (vale a dire il 17% meno la quota importata), partendo da una produzione attuale dell’8,2%. Il decreto indica gli obiettivi vincolanti per le singole Regioni e le amministrazioni regionali avranno tempo tre mesi (dall’entrata in vigore del DM), per l’ottenimento dei target indicati nei rispettivi piani energetici.
Obiettivi nazionali del PAN
Il Piano di azione nazionale sulle rinnovabili (PAN) ha riconosciuto alle pompe di calore un potenziale al 2020 di 2,9 MTEP di FER rispetto ai 10,46 MTEP di rinnovabili termiche complessive. Le pompe di calore costituiscono un importante strumento a disposizione delle Regioni per raggiungere il target a loro assegnato, per diverse ragioni:
- è una tecnologia ad alta efficienza con un pay-back basso e quindi più sostenibile economicamente;
- in termini di strumenti di sostegno, costano molto meno (un decimo) del fotovoltaico;
- danno un grosso contributo alla riduzione delle emissioni di CO2 ma principalmente dei PM10, importanti problematiche dei grossi agglomerati urbani e forte preoccupazione dei Sindaci che ne rispondono personalmente;
- l’installazione di questi impianti non ha alcun impatto paesaggistico;
- hanno una ricaduta molto positiva sull’occupazione.
Opportunità economico sociale per il sistema Paese: occupazione e professionalità
Dal punto di vista dell’occupazione, aspetto di notevole interesse per le amministrazioni locali e regionali, la diffusione dei sistemi a pompa di calore è una grande opportunità di crescita economica/professionale/tecnologica su tutto il territorio; non è quindi un fatto speculativo a vantaggio di filiere estere, come è avvenuto per altre tecnologie rinnovabili. Inoltre, questa tecnologia ha una ricaduta sull’occupazione locale in tutte le Regioni; segnaliamo che per ogni kW di potenza termica installata di pompe di calore possiamo stimare un costo dell’impianto di 800 €, il che significa che un impianto con pompa di calore di potenza 9 kWtermici (tipico per una unità immobiliare) genera un fatturato di circa 7200 €, del quale una parte rilevante (50%) è sicuramente fatturato di manodopera locale: venditori, installatori e nel tempo manutentori.
Se pensiamo che nel 2009 sono stati installati complessivamente in Italia circa 1,8 milioni di kW termici di pompa di calore, con un fatturato indotto (installazione completa) di circa 1.400 milioni di € e che le previsioni di crescita sono molto alte, le Regioni dovranno attivarsi affinché questo “lavoro” vada verso il loro territorio.
Le singole Regioni potranno quindi avviare un importante lavoro di innalzamento delle professionalità sul territorio, promuovendo corsi di formazione e certificazione degli installatori, necessari per il maggior livello tecnologico e richiesti dalla stessa direttiva europea; ricordiamo che dal 2013 l’installazione di pompe di calore dovrà essere fatta esclusivamente da installatori allo scopo formati.