Ritardo nelle politiche climatiche, ma le rinnovabili cambiano gli scenari mondiali

Cambia a distanza di dieci anni il peso di solare ed eolico negli scenari Iea. Ma in quasi tutti i paesi resta forte il divario tra l’intenzione di decarbonizzare e l’avvio di efficaci politiche in questa direzione.

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Il 3 e 4 dicembre si terrà a Roma l’annuale Forum QualEnergia dal titolo Quale Green New Deal?”, dove si parlerà anche del ruolo delle rinnovabili nelle politiche climatiche italiane e internazionali.

Pubblichiamo qui, in anteprima, la seconda parte dell’editoriale dell’ultimo numero del 2019 della rivista bimestrale QualEnergia che verrà diffuso nel corso del Forum (prima parte).

 

È stato da poco presentato dalla Iea il World Energy Outlook (Weo) del 2019 che tra i suoi scenari ne presenta anche uno, lo “Sustainable Development Scenario” (Sds), allineato con gli obbiettivi di Parigi (sullo scenario “avanzato” Iea vedi anche QualEnergia.it).

È interessante analizzare le differenze tra questo documento e l’analisi elaborata sempre dalla Iea nel 2009 nello “scenario 450”, cioè quello che avrebbe consentito di non superare le 450 ppm di CO2, garantendo una probabilità del 50% di stare sotto l’aumento di 2 °C.

Nel Weo 2019 la base di partenza è data dai 33 miliardi di tonnellate di CO2 emessi nel 2018, cioè 2,5 Gt in più rispetto ai livelli stimati per il 2018 dieci anni fa. Cioè, in questo ultimo decennio ci siamo allontanati notevolmente da un percorso di stabilità climatica.

Inoltre, lo “scenario 450” ipotizzava di raggiungere una neutralità carbonica a fine secolo, mentre l’Sds, in accordo con gli impegni di Parigi, anticipa questo obbiettivo al 2070.

Queste due differenze si traducono nella necessità di una discesa molto più rapida delle emissioni per evitare una catastrofe climatica. Nello Sds si prevede infatti una riduzione annua di 730 Mt CO2, contro le 400 Mt dello “scenario 450”.

Ma l’aspetto più interessante riguarda il ribaltamento totale nei due scenari dell’efficacia delle tecnologie da utilizzare. Nello “scenario 450” del Weo 2009 si ipotizzava un contributo al 2030 di 7.100 TWh di nucleare e CCS contro 3.600 da solare ed eolico. Nello scenario Sds di quest’anno, invece, si prevedono 3.900 TWh da CCS e nucleare, contro gli 8.100 da sole e vento.

Nel grafico le percentuali di generazione elettrica dalle varie fonti nel 2018, nel 2040 nell’ipotesi della prosecuzione delle attuali politiche e nel 2040 nello “Sustainable Development Scenario” (Sds), allineato con gli obbiettivi di Parigi.

Cosa concludere? Che il ritardo che si sta accumulando rende sempre più problematica la lotta contro l’emergenza climatica, ma che al tempo stesso le energie rinnovabili sono ormai considerate le soluzioni vincenti anche dall’establishment.

Segnali contrastanti sul fronte delle emissioni

La corsa delle tecnologie pulite, seppure fondamentale, appare però insufficiente a contenere le emissioni.

Nel biennio 2017-2018 la produzione mondiale di anidride carbonica è infatti aumentata di 1,1 miliardi di tonnellate, una quantità pari a tre volte le emissioni italiane. E anche quest’anno è probabile che si registri un’ulteriore crescita, considerando che nel primo semestre le emissioni cinesi di anidride carbonica sono aumentate del 4%.

Del resto, anche analizzando gli attuali Piani e le strategie di diversi paesi al 2030, la situazione che si profila è preoccupante.

La Turchia, che ancora non ha ratificato l’Accordo di Parigi, intende costruire 80 centrali elettriche a carbone. La Russia, che finalmente ha deciso di ratificare l’Accordo, si è data obbiettivi assolutamente insufficienti con un aumento delle emissioni al 2030 compreso tra il 15 e il 22% rispetto al 2016. L’iper-energivora Arabia Saudita, infine, prevede un aumento dell’80% delle sue emissioni tra il 2015 e il 2030.

Naturalmente ci sono anche segnali positivi da diversi paesi. C’è, ad esempio, l’India che nei primi otto mesi del 2019 ha visto un aumento della produzione di CO2 solo del 2%, la più bassa degli ultimi 18 anni, grazie alla crescita delle rinnovabili che nel primo semestre di quest’anno hanno coperto il 70% dell’aumento della domanda elettrica (vedi grafico a fianco).

L’Europa, inoltre, ha deciso di portare al 50% gli obbiettivi di riduzione delle emissioni al 2030 e sta definendo lo scenario “carbon neutral” al 2050.

E va sottolineato che la UE non è sola. Secondo i dati in possesso delle Nazioni Unite, all’inizio di settembre 2019 ben 66 paesi, 10 regioni e 102 città avevano dichiarato di puntare all’obbiettivo “carbon neutral” a metà secolo.

Purtroppo però vi è spesso un forte scostamento tra l’intenzione di decarbonizzare e l’avvio di efficaci politiche in questa direzione.

Per non andare lontano basta osservare, ad esempio, la situazione italiana.

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