Complessivamente 17.000 reti in Europa, capaci di fornire calore a 67 milioni di consumatori, coprendo il 13% del mercato dell’energia termica: questi sono a oggi i numeri del settore del teleriscaldamento.
Sebbene più del 40% della produzione energetica che alimenta queste reti sia già ascrivibile a fonti rinnovabili e a recupero di calore di scarto, molto deve essere fatto ancora per arrivare a una loro piena decarbonizzazione.
Rinnovabili e calore di recupero: un potenziale immenso
I temi relativi alle politiche, e in parte anche alle tecnologie, necessarie per questa massiccia operazione sono stati discussi in un webinar ospitato da Euroheat & Power, l’associazione europea di settore, il 28 maggio 2024 nell’ambito della European Sustainable Energy Week (Eusew), al quale hanno partecipato più di 80 persone.
Il quadro uscito dalle presentazioni e dalla successiva discussione è estremamente interessante e promettente: sul lato tecnologico, ad esempio, un recente studio di Euroheat & Power ha calcolato un potenziale di producibilità energetica pari a 2.000 TWh/anno associato a fonti rinnovabili o a neutralità climatica come il calore di scarto.
Il dato appare ancora più rilevante se confrontato con la domanda termica attesa per l’intera Unione europea al 2050, che presenta un valore di 1.850 TWh/anno e, quindi, potrebbe essere interamente coperta ricorrendo a energia carbon-free.
Un impressionante ventaglio di tecnologie
Altri contributi notevoli forniti dal webinar, poi, sono stati quelli riportati nelle presentazioni dei 5 progetti europei di ricerca e innovazione che hanno unito i loro sforzi per organizzare questo evento: Bio-FlexGen, HYPERGRYD, REWARDHeat, SENERGY NETS e W.E. District.
Senza entrare nel dettaglio delle attività dei singoli progetti, vale però la pena sottolineare che tutte queste iniziative supportano la transizione verso reti termiche più efficienti, a bassa temperatura e con elevatissime percentuali di rinnovabili. Il progetto Rewardheat, ad esempio, ha impostato i suoi casi pilota per coprire fino all‘80% della domanda termica con rinnovabili e calore di recupero.
Dal punto di vista puramente tecnologico, è impressionante la quantità di soluzioni analizzate e poi implementate nei diversi esempi dimostrativi realizzati in questi progetti: accumuli termochimici, a sali fusi e a cambiamento di fase, cogenerazione di piccola taglia, pompe di calore, recupero di calore da varie utenze (centri dati, industrie, ecc.), solare termico e fotovoltaico, geotermico, biomassa e persino celle a combustibile alimentate tramite biogas.
I progetti, che sono arrivati quasi tutti alla fine del loro periodo di implementazione, si sono occupati dell’utilizzo di queste tecnologie sia su reti esistenti sia su nuove infrastrutture.
Hanno inoltre sviluppato modelli, strumenti e software per l’ottimizzazione della gestione delle reti, un’operazione resa senza dubbio più complessa dai sistemi di nuova generazione, dove più fonti energetiche e soluzioni tecnologiche coesistono per fornire calore con la massima sicurezza e il minimo costo all’utente.
Obiettivi nazionali e sector coupling
Le stime presentate da Euroheat & Power parlano di un contributo del teleriscaldamento pari al 20% della fornitura totale di calore in Europa al 2030 e, per il 2050, questa percentuale dovrebbe salire fino a sfiorare il 50%, divenendo così la soluzione tecnologica più diffusa per alimentare gli edifici con energia termica.
Da cosa derivano allora queste stime così incoraggianti?
L’Unione europea ha dimostrato chiaramente come intenda puntare sul teleriscaldamento come una delle soluzioni chiave per l’uscita dal gas a patto, quindi, che le fonti di produzione siano il più possibile rinnovabili o di scarto.
La recentemente revisionata Direttiva Europea sulle Energie Rinnovabili, ad esempio, introduce nell’Art. 24 obiettivi nazionali per il teleriscaldamento e raffrescamento, prevedendo un 2,2% di incremento del suo utilizzo fino al 2030.
Un altro aspetto innovativo è la collaborazione obbligatoria tra il settore del teleriscaldamento e i distributori elettrici: gli Stati membri devono assicurare che i potenziali servizi resi dal teleriscaldamento siano tenuti in conto nella pianificazione e nello sviluppo delle infrastrutture della rete elettrica supportando, inoltre, la partecipazione ai mercati elettrici.
Si parte dalla pianificazione
L’articolo 25 della Direttiva Europea sull’efficienza energetica, inoltre, spiana la strada a una maggiore attenzione al tema termico, perché richiede che tutti i centri con una popolazione superiore ai 45.000 abitanti, dove vive circa un terzo dei cittadini europei, preparino dei piani energetici locali focalizzati proprio sugli aspetti relativi al riscaldamento e raffrescamento.
Un Paese estremamente virtuoso su questo argomento è sicuramente la Germania, che ha introdotto un obbligo simile già diversi anni fa. Per portare un esempio concreto, il piano della città di Hannover prevede un cambiamento sostanziale.
Mentre oggi infatti la fornitura di calore si basa al 62% su caldaie a gas, al 27% su teleriscaldamento e il restante con biomassa e derivati del petrolio, l’obiettivo locale è quello di coprire la domanda termica al 2045 per il 56% con il teleriscaldamento, per il 34% con pompe di calore e per il 9% rimanente con altri sistemi di produzione.