Pnrr e mobilità sostenibile, la bocciatura degli ambientalisti

Le critiche al Piano nazionale di ripresa e resilienza di Kyoto Club, Transport & Environment, Legambiente, Cittadini per l’Aria, Greenpeace Italia e WWf Italia.

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“Le città, l’elettrificazione dei trasporti e la sicurezza stradale non sono una priorità per il PNRR approvato dal Consiglio dei Ministri”, che, nonostante la crisi di Governo, sarà discusso in Parlamento nei prossimi giorni.

A bocciare il Piano su questi temi sono le principali associazioni ambientaliste: Kyoto Club, Transport & Environment, Legambiente, Cittadini per l’Aria, Greenpeace Italia e WWf Italia.

“Nel PNRR – denunciano in un comunicato – ci sono solo 7,5 miliardi di euro per la mobilità urbana e regionale, contro i 29 miliardi necessari, nessuna voce specifica sullo sviluppo di un’adeguata rete di ricarica elettrica nazionale ad uso pubblico, nessun investimento per la riconversione industriale del comparto trasporti, briciole per la sicurezza stradale.”

Secondo le sei associazioni, il Piano nazionale di ripresa e resilienza è carente, tra le altre, su “tre importanti criticità a cui è necessario far fronte”: l’elettrificazione dei trasporti, le città e la mobilità urbana, gli investimenti sulle reti e la sicurezza delle persone sulle strade.

Su un pacchetto da 200 miliardi, “non un euro” viene stanziato per la necessaria riconversione del settore produttivo automobilistico, si osserva. Questo mentre i veicoli elettrici sono destinati a passare da nicchia a tecnologia predominante nel giro di pochi anni. I principali paesi europei stanno investendo in modo massivo nella creazione della catena di valore della mobilità elettrica, e molti hanno già indicato una data di fine vendita delle auto a combustione interna.

Inoltre, prosegue la nota “il testo trascura la questione cruciale dello sviluppo di una adeguata rete di ricarica elettrica nazionale ad uso pubblico per servire i 6 milioni di veicoli elettrici previsti entro il 2030 dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima. Il Parlamento deve affrontare questo tema con un serio investimento dedicato al fine di raggiungere i nostri obiettivi climatici per il 2030.”

Per i firmatari del comunicato, il Recovery Plan risulta “troppo sbilanciato verso gli investimenti sulle grandi opere extraurbane, come l’alta velocità, quando serve dare centralità al potenziamento della mobilità su ferro regionale, locale e del trasporto urbano. Nel documento brilla la scarsità degli investimenti per le metropolitane e tramvie, la carenza di investimenti per le ferrovie suburbane, le briciole dedicate alla mobilità ciclabile.”

Inoltre, si prosegue, nel PNRR sono previsti 7,5 miliardi per gli investimenti per la mobilità di tutte le città italiane e sono “davvero insufficienti per dare una svolta e migliorare il trasporto locale, e per il rinnovo parco rotabile.”

Anche gli obiettivi riguardanti la costruzione delle reti ciclabili urbane, per gli ambientalisti, “non sono in linea con i PUMS delle principali città italiane, molto più ambiziosi rispetto al PNRR”.

Inoltre – si denuncia – si prevedono ancora sussidi alle tecnologie fossili – in particolare agli autobus a gas – mentre gli investimenti per la cura del ferro sono “davvero minimi” (sarebbe sostituito solo il 3% dei treni regionali).

Infine, per la sicurezza stradale – secondo le sei associazioni – sono previsti “fondi minimi, quasi inesistenti”.

“Per le città e la moderazione del traffico – prosegue la nota – non c’è nemmeno un richiamo nel PNRR. Per la sicurezza sulle strade vi sono solo le briciole con 1,6 miliardi, nonostante la dura lezione del crollo del Ponte Morandi.”

E poi “c’è da restare colpiti che di queste scarse risorse ben 1,15 miliardi siano destinate alla messa in sicurezza della sola autostrada A24-25 (a cui dovrebbe provvedere il concessionario) mentre ad Anas per la sua rete solo 0,45 miliardi.”

“Come organizzazioni ambientaliste – si conclude la nota – ci auguriamo che il Parlamento italiano sappia rimediare alle macro-criticità sottolineate, e chiediamo di essere consultate nelle Commissioni parlamentari preposte.

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