Per il piano industriale verde europeo la strada è ancora tortuosa

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Le conclusioni del Consiglio europeo rispecchiano le divisioni tra Paesi Ue su aiuti di Stato e fondo sovrano. Il punto.

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Che fine farà il nuovo piano industriale green presentato dalla Commissione europea il 1° febbraio, per rispondere al massiccio programma americano di investimenti verdi (Inflation Reduction Act)?

Sulla strada restano diverse salite da superare, come ha confermato il Consiglio europeo che si è chiuso venerdì scorso, il 10 febbraio. I capi di Stato e di Governo dei 27 Stati membri, infatti, hanno dato via libera al piano ma senza entrare nei dettagli.

Le conclusioni del vertice quindi sono piuttosto vaghe e rispecchiano le forti divisioni tra Paesi riguardo alle principali proposte di Bruxelles: ulteriore riduzione dei vincoli per concedere aiuti di Stato e fondo sovrano con cui finanziare il rilancio economico “verde” delle industrie europee.

Le conclusioni

In sostanza, si è stabilito di “portare avanti con urgenza i lavori” in materia di aiuti di Stato, perché le procedure “devono essere rese più semplici, rapide e prevedibili e devono consentire di fornire rapidamente un sostegno mirato, temporaneo e proporzionato, anche mediante crediti di imposta, nei settori strategici per la transizione verde che subiscono l’impatto negativo delle sovvenzioni estere o degli elevati prezzi dell’energia” (neretti nostri nelle citazioni).

Si sottolinea che è necessario “mantenere l’integrità del mercato unico e la parità di condizioni al suo interno”.

Nel documento finale si evidenzia poi che “per agevolare la transizione verde in tutta l’Unione ed evitare la frammentazione del mercato unico, una risposta politica dell’Ue pienamente efficace richiede un accesso equo ai mezzi finanziari. A tal fine, i fondi Ue esistenti dovrebbero essere impiegati in modo più flessibile e si dovrebbero esaminare opzioni per agevolare l’accesso ai finanziamenti”.

Secondo il Consiglio europeo, inoltre, è “opportuno semplificare e accelerare le procedure amministrative e autorizzative, anche per garantire la capacità produttiva di prodotti essenziali per conseguire gli obiettivi di neutralità climatica dell’Ue […]. Si dovrebbe garantire l’accesso alle pertinenti materie prime critiche, anche diversificando l’approvvigionamento e riciclando le materie prime per promuovere i principi dell’economia circolare”.

Mentre in tema di fondo sovrano, nelle conclusioni si legge solamente che “il Consiglio europeo prende atto dell’intenzione della Commissione di proporre, prima dell’estate 2023, un Fondo per la sovranità europea volto a sostenere gli investimenti nei settori strategici”.

Alla ricerca di un compromesso

Il Consiglio europeo quindi non ha ricomposto le fratture tra i diversi Paesi Ue.

Il problema è che il piano di Bruxelles rischia di andare a due velocità: più efficace e rapido per la Germania e i cosiddetti Paesi “frugali”, con bilanci solidi e più margine per intervenire con aiuti di Stato, più lento invece per chi, come l’Italia, ha un elevato debito pubblico e uno spazio fiscale esiguo.

La stessa commissaria Ue alla competitività, Margrethe Vestager, ha affermato che le nuove regole sugli aiuti di Stato comportano dei rischi per l’integrità del mercato interno Ue, perché potrebbero aumentare la competitività di alcuni Paesi a scapito di altri.

La Germania, da sola, ha usato oltre metà (53%) dei 672 miliardi di euro approvati finora dalla Ue con il quadro temporaneo di crisi per gli aiuti di Stato. Germania e Francia insieme hanno coperto il 77% di questa cifra (si veda Industrie verdi, il piano Ue rischia di andare a due velocità lasciando indietro l’Italia).

Occorre invece, come richiesto da Roma, garantire una parità di accesso ai finanziamenti, puntando con decisione a creare un nuovo fondo sovrano europeo.

Ma, come detto, diversi Paesi sono contrari a finanziare il piano industriale green con ulteriore debito comune.

Le conclusioni del Consiglio europeo riflettono queste tensioni e la necessità di mantenere un equilibrio formale tra le differenti posizioni in campo.

Vedremo nelle prossime settimane come si svilupperanno le cose: Bruxelles è chiamata a presentare nuovi dettagli del piano entro fine marzo, quando si riunirà nuovamente il Consiglio europeo (23-24 marzo), cercando una soluzione di compromesso.

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