La Sardegna probabilmente dovrà aspettare qualche anno in più per uscire totalmente dal carbone, e a patto che ci siano certe condizioni abilitanti al phase-out di questa fonte fossile, tra cui una maggiore spinta verso le rinnovabili e un’accelerazione delle autorizzazioni per la nuova dorsale elettrica Tyrrhenian Link di Terna.
Da quanto si è appreso da Terna, che ha tenuto un webinar sul Piano di sviluppo 2020 dove si è parlato in dettaglio del progetto Tyrrhenian Link, le tempistiche prevedono un’entrata in esercizio in diverse tappe, con il primo collegamento Campania-Sicilia da 500 MW nel 2025, per poi realizzare il secondo tronco dalla Sicilia alla Sardegna nel 2026.
Bisognerà attendere il 2027-2028 per completare il raddoppio a 1.000 MW del Tyrrhenian Link.
Il progetto ha un costo stimato pari a 3,7 miliardi di euro, circa un miliardo in più rispetto al Piano di sviluppo 2018 a causa di diversi fattori, tra cui un aggiornamento tecnologico; la dorsale userà la tecnologia HVDC-VSC (High Voltage Direct Current-Voltage Source Converter) con due cavi biterminali e una stazione di conversione in più rispetto a quanto pianificato in origine.
Ma queste date, ha fatto sapere Terna, potranno essere rispettate solamente se dal governo arriverà un “fast-track” per l’autorizzazione della nuova infrastruttura, cioè una corsia preferenziale (magari nel prossimo DL Semplificazioni) in modo da consentire al progetto di avanzare più velocemente senza rimanere impantanato nelle maglie dei procedimenti autorizzativi standard.
Il Tyrrhenian Link era entrato per la prima volta nel Piano di sviluppo 2018 di Terna, ma finora il governo non ha dato il via libera.
E poi Terna, a margine delle spiegazioni sul futuro collegamento elettrico, ha ribadito che l’uscita definitiva dal carbone sardo richiederà 400 MW di capacità aggiuntiva: insomma il cavo da solo non basterà e dovrà essere affiancato da altre soluzioni.
Quali saranno?
Qui il progetto del Tyrrhenian Link si lega a doppio filo alla partita, che resta apertissima, tra chi vorrebbe metanizzare l’isola con la nuova dorsale gas e chi invece vorrebbe puntare tutto su rinnovabili e sistemi per l’accumulo energetico.
La seconda opzione consentirebbe una piena de-carbonizzazione della Sardegna che potrebbe rinunciare al carbone (quasi 1 GW di capacità tra le centrali di Portovesme e Fiumesanto) senza vincolarsi a un’altra fonte fossile (il gas naturale).
Vedremo quale piega prenderanno gli investimenti, anche alla luce delle prossime decisioni del governo, ricordando che il PNIEC parla di un’uscita dal carbone nel 2025, ma per la Sardegna si è già perso molto tempo e la stessa giunta sarda di Christian Solinas punta a un abbandono più graduale del carbone al 2030.
Ricordiamo che circa un terzo della richiesta di elettricità dell’isola è coperto oggi dalle fonti rinnovabili per un consumo medio annuale totale di appena 9 TWh. Al netto del fabbisogno, altri 4 TWh vengono esportati nel continente.