L’informazione sulla crisi climatica, questa sconosciuta dai mass media italiani

Sui principali quotidiani e telegiornali italiani di crisi climatica si parla poco e male, omettondo cause e responsabili. Un rapporto di monitoraggio sulla nostra informazione svolto da Greenpeace Italia sull’analisi dell’Osservatorio di Pavia.

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Sui principali quotidiani e telegiornali italiani di clima “si parla poco e in modo sporadico, spesso omettendo cause e responsabili, come in un delitto senza colpevoli”.

Così, in un post su Facebook, uno dei coordinatori dela ricerca, Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia, presenta l’interessante lavoro di monitoraggio su mass media e informazione riguardo ai temi della crisi climatica in Italia svolto dall’associazione ambientalista sulla base dell’analisi dell’Osservatorio di Pavia.

Nel rapporto (allegato in basso), pieno di dati molto interessanti, risulta che nel 2022 i primi cinque quotidiani italiani pubblicano in media 2 articoli al giorno sulla crisi climatica, molto poco se consideriamo che si tratta di una delle maggiori emergenze della nostra epoca.

Nel corso del 2022, i 5 quotidiani analizzati citano la crisi climatica in 1.733 articoli, di cui solo il 30,1% la tratta in modo specifico. E circa solo 1 articolo su 5 mette in evidenza le cause della crisi climatica (22,4%).

Da rilevare che la cornice di senso che colloca una notizia in un ambito specifico del discorso giornalistico, sulla base di criteri di impaginazione, titolazione, linguaggio utilizzato e soggetti menzionati è quello politico (32%) per tutti i quotidiani, tranne per Il Sole 24 Ore per il quale prevale il frame economico (50,9%). Aspetto positivo è che i negazionisti climatici hanno ormai uno spazio estremamente marginale (0,05%).

Ma il paradosso che per ogni due news sulla crisi climatica, nello stesso quotidiano compare un numero simile di pubblicità di aziende inquinanti.

Altro aspetto assurdo, fa notare Sturloni, che le voci che commentano le questioni dei cambiamenti climatici provengono quasi sempre dal mondo dell’economia e della finanza, mentre più marginali sono quelle di veri esperti del settore e del mondo ambientalista.

Le cose non migliorano se si passa ai telegiornali principali: sulle edizioni serali dei Tg di Rai, Mediaset e La7 si parla di mutamento climatico in meno del 2% delle notizie.

Il portavoce di Greenpeace specifica poi che solo in un quarto dei servizi dedicati agli eventi estremi che nell’estate del 2022 hanno flagellato l’Italia è stato fatto un collegamento con il riscaldamento globale.

Questo primo anno di monitoraggio servirà a Greenpeace Italia per perfezionare la campagna “Stranger Green” contro il greenwashing e l’influenza dell’industria fossile sul mondo dell’informazione e della cultura, di cui abbiamo spesso parlato su QualEnergia.it

Il monitoraggio continuerà anche nel 2023, per capire quali sono i nodi da sciogliere, chi si adopera per stringerli, e come si possono allentare per avere un’informazione sul clima più completa, veritiera e indipendente.

Per Greenpeace l’informazione va liberata dall’influenza tossica dell’industria delle fonti fossili, soprattutto gas e petrolio. L’informazione è infatti un tassello fondamentale per rendere sempre più consapevole l’opinione pubblica su cause, effetti e soluzioni della crisi climatica e non può più essere sottostimata la sua rilevanza per un’azione decisa della società civile.

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