Immobili, Ue verso il divieto di vendere e affittare quelli meno efficienti

Secondo la bozza della nuova direttiva EPBD in arrivo, già dal 2027 non si potranno più vendere né locare unità immobiliari in classe energetica F o G.

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La Commissione europea prepara un giro di vite sugli immobili che dal 2027 dovrebbe mettere fuori mercato gli edifici che sprecano più energia, o almeno una grossa parte di questi.

La novità è in arrivo con la nuova direttiva sulle performance degli edifici o EPBD (energy performance of buildings directive), che Bruxelles presenterà il prossimo 14 dicembre, ma della quale sta già circolando una bozza (ovviamente suscettibile di modifiche, link in basso).

La direttiva punta a fare sì che, entro il 2050, tutti gli edifici in Europa siano a emissioni zero.

Per questo si vieta agli Stati di incentivare sistemi di riscaldamento a fonti fossili e, tra le altre cose, si prevede che ogni Paese definisca standard minimi sui consumi, da applicare entro il 2027 per le ristrutturazioni importanti e che dovranno essere adottati per tutto il parco immobiliare entro il 2035.

In questo contesto, come anticipato, la bozza della nuova EPBD prevede che a partire dal 2027 gli Stati vietino la vendita e l’affitto degli immobili di classe inferiore alla classe energetica E. Dal 2030 l’asticella si alzerà alla classe energetica D, per escludere poi dal mercato dal 2033 gli immobili delle classi inferiori alla C.

Si dovrebbe procedere più lenti per gli appartamenti in condominio: classe minima E per venderli o locarli dal 2030, D dal 2033 e C dal 2040.

Per tutti, il divieto di vendita potrà essere superato se l’acquirente si impegna a raggiungere la classe energetica minima indicata dalla direttiva entro tre anni dalla stipula dell’atto di vendita.

Gli Stati, secondo la bozza, potranno disporre deroghe importanti per determinate categorie di edifici: potranno essere esentati dal divieto di vendita o affitto gli immobili tutelati, quelli abitatati per meno di 4 mesi l’anno, gli stabilimenti industriali, gli edifici agricoli, i luoghi di culto e le costruzioni autonome con meno di 50 metri quadrati di superficie.

La nuova direttiva prevede poi che da gennaio 2030 tutte le nuove costruzioni (dal 2027 per gli edifici pubblici) dovranno essere a zero emissioni, cioè “edifici ad altissima prestazione energetica” con la bassissima quantità di energia ancora necessaria interamente coperta da energia rinnovabile prodotta in loco.

In base alla bozza, poi, ciascuno Stato membro dovrà stabilire un piano d’azione per la riqualificazione edilizia coerente con il target di avere solo edifici a emissioni zero entro il 2050, piano che dovrà essere presentato entro il 1° gennaio 2025 e, a seguire, ogni cinque anni.

Nei piani nazionali dovranno esserci, spiega la direttiva, una tabella di marcia con obiettivi stabiliti a livello nazionale e indicatori di progresso misurabili. Nei documenti, i governi dovranno fissare dei  target per il 2030, il 2040 e il 2050, su: quota prevista di edifici ristrutturati, consumo energetico ed emissioni del parco immobiliare.

Gli Stati dovranno poi  fornire una panoramica delle politiche e delle misure necessarie per raggiungere gli obiettivi proposti. Queste, si indica, dovranno includere la creazione di sportelli unici o meccanismi simili per la fornitura di consulenza e assistenza tecnica, amministrativa e finanziaria e dovranno puntare anche all’alleviamento della povertà energetica.

Come anticipato c’è anche una spinta per ridurre la dipendenza dell’Europa dai combustibili fossili, con il divieto per i paesi dell’Ue di fornire incentivi finanziari per le caldaie a combustibili fossili.

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