I rischi climatici fanno sempre più paura al mondo economico

Il nuovo rapporto del World Economic Forum sulla percezione dei rischi globali per il nostro Pianeta.

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I rischi ambientali fanno sempre più paura: tanto che il World Economic Forum (WEF), alla vigilia dell’incontro annuale che si terrà a Davos la prossima settimana (22-25 gennaio), ha aperto il suo nuovo rapporto sulle incognite globali per l’economia con la domanda “Is the world sleepwalking into a crisi?”, cioè “Il mondo sta camminando come un sonnambulo verso una crisi?”.

Lo studio, The Global Risks Report 2019 (allegato in basso), presenta i risultati dell’indagine svolta lo scorso autunno su quasi mille portatori d’interesse pubblici e privati, tra aziende, istituti accademici, organizzazioni no-profit, governi e così via.

Lo schema sotto (figura 1 del documento) riassume la percezione dei vari rischi in cinque categorie: economia, ambiente, geopolitica, società, tecnologia, in termini di maggiore o minore probabilità che un certo rischio accada nei prossimi anni (likelihood) e dei suoi possibili impatti negativi (impact), in una scala 1-5 dove il cinque rappresenta una circostanza molto probabile con un potenziale impatto catastrofico.

E sono proprio i temi ambientali a essere considerati tra quelli più pericolosi per il futuro del nostro Pianeta.

Eventi meteorologici estremi, fallimento delle politiche per combattere i cambiamenti climatici, disastri naturali, disastri ambientali causati dalle attività umane, perdita di biodiversità, sono i singoli rischi che preoccupano maggiormente le persone che hanno partecipato al sondaggio del World Economic Forum.

Confermando così una tendenza emersa in modo ancora più netto da 2-3 anni a questa parte nelle rilevazioni del WEF, mentre nel 2009 e 2010, ad esempio, i principali timori erano legati ai problemi più strettamente finanziari, come il rallentamento dell’economia cinese, i prezzi di gas e petrolio, la crisi economica.

E un capitolo dello studio è riservato alla catastrofe climatica, “climate catastrophe”, che potrebbe verificarsi senza un’adeguata risposta dei paesi di tutto il mondo per ridurre velocemente e drasticamente le emissioni inquinanti.

Il WEF, infatti, cita il conto alla rovescia fatto partire dall’IPCC lo scorso ottobre, quando l’organismo dell’ONU che studia i cambiamenti climatici aveva dichiarato che restano appena 12 anni per evitare un aumento delle temperature medie terrestri entro la fine del secolo sopra la soglia fissata dagli accordi di Parigi (1,5-2 gradi rispetto all’età preindustriale).

Intanto il colosso delle assicurazioni Munich RE ha stimato in circa 160 miliardi di dollari le perdite economiche complessive del 2018, dovute a catastrofi naturali come i vasti incendi in California, gli uragani negli Stati Uniti, lo tsunami in Indonesia e la siccità prolungata in Europa, con relativi danni alle colture agricole e maggiore frequenza degli incendi.

La grafica sotto riassume questo quadro.

Tornando al WEF, una nota del WWF Italia a commento del Global Risks Report, da un lato, rimarca l’importanza di aver incluso la discussione dei rischi ambientali nel forum di Davos, dall’altro, però, sottolinea che la consapevolezza di tali rischi “non si è ancora tradotta nelle azioni necessarie e urgenti”, tra cui in particolare un New Deal per la natura e le persone da concordare entro il 2020 tra i leader mondiali.

Non dimentichiamo, poi, che i dati preliminari sul 2018 indicano che l’anno scorso è stato il quarto più caldo di sempre e che le concentrazioni di CO2 nell’atmosfera sono ancora aumentate (vedi QualEnergia.it).

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