A dicembre l’Assemblea Capitolina ha pubblicato le nuove norme tecniche del piano regolatore per Roma, con alcune modifiche, contenute nella delibera n.169/2025 (link in basso).
Un’importante novità, inserita al comma 3-bis dell’art. 16, riguarda la disciplina per “gli interventi di nuova installazione, sostituzione totale o modifica sostanziale, di impianti solari, fotovoltaici ed eolici” su tetti di edifici al di fuori dell’area Unesco oggetto di specifici vincoli.
La norma dispone precisi criteri per l’installazione degli impianti: ad esempio, i pannelli devono essere installati in modalità parzialmente integrata, ovvero con la stessa inclinazione della falda, o in modalità totalmente integrata, con il piano dei pannelli al di sotto del piano tegole.
Non possono essere installati su spazi diversi dalle coperture degli edifici, tettoie, pensiline, porticati. In generale, si impone che questi non debbano essere “visibili dagli spazi pubblici esterni e dai punti di vista panoramici”.
“Lo abbiamo fatto perché così possiamo dire ai cittadini che se fanno le cose per bene, rispettando le regole, non devono chiedere l’autorizzazione alla Soprintendenza locale”, spiega a QualEnergia.it Edoardo Zanchini, direttore dell’ufficio Clima di Roma Capitale.
La delibera è però in attesa di definitiva approvazione, e tra le osservazioni pervenute ce n’è una del ministero della Cultura (link in basso) che chiede di stralciare il comma 3-bis dell’articolo 16.
Questo perché, secondo il Mic, sarebbe “essenziale tenere conto dell’impatto cumulativo dei singoli interventi diretti sulla città, i quali andrebbero pianificati e coordinati attraverso una strategia energetica unitaria”.
Il timore del Mic è che, con questi criteri, gli eventuali interventi di installazione degli impianti non siano soggetti ad una “preventiva valutazione sulla possibile alterazione percettiva che genererebbero sull’edificato della città, portando ad un completo stravolgimento dell’immagine quantomeno dall’alto del costruito e del paesaggio urbano nel suo insieme”.
“È come se il ministero stesse provando ad uscire dal perimetro delle sue competenze”, aggiunge Zanchini, dato che si tratta appunto di aree non soggette a vincoli stabiliti a livello nazionale bensì locale.
Grazie a quei criteri, inoltre, i cittadini avrebbero la garanzia di poter installare gli impianti senza incorrere in contestazioni e beghe amministrative, mentre in loro assenza sarebbero esposti alla discrezionalità delle valutazioni paesaggistiche.
Il problema non riguarda solo la città di Roma, perché questo approccio alla tutela del paesaggio si sta diffondendo in tante Soprintendenze, trovando sponda nel nuovo Testo unico rinnovabili introdotto dal governo Meloni, secondo il quale l’attività libera (cioè senza necessità di permessi o comunicazioni) non si può applicare rispettando soltanto il criterio di “non visibilità” negli interventi che coinvolgono beni vincolati o aree soggette a tutela paesaggistica e culturale.
In questi casi è infatti necessario seguire procedure autorizzative specifiche, come la Procedura abilitativa semplificata (Pas) o l’Autorizzazione unica (Au), a seconda della complessità e dell’impatto dell’intervento.
- Delibera n.169/2025 (pdf)
- Parere Mic (pdf)