Fotovoltaico e pompe di calore per i fabbisogni termici di vecchie abitazioni

Un caso di studio olandese di un intervento di ristrutturazione di case popolari. FV, pompe di calore aria-acqua, utilizzo dei vecchi termosifoni a parete e forte coibentazione dell’involucro edilizio.

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Pompe di calore aria-acqua e fotovoltaico: è questo il nocciolo tecnologico di un caso di studio sulla competitività del riscaldamento alimentato da energie rinnovabili nel vecchio continente.

Il caso di studio, pubblicato dalla Commissione Europea, arriva dall’Olanda (allegato in basso). E se la CE cita tale caso come esempio di successo dell’abbinata fotovoltaico-pompa di calore per il riscaldamento in un paese più freddo e meno soleggiato dell’Italia, si può azzardare che questa soluzione tecnologica dovrebbe essere considerata più frequentemente anche in Italia.

L’applicazione di soluzioni rinnovabili per il riscaldamento è interessante anche perché il caso olandese ha riguardato un quartiere di case popolari, nell’ambito della lotta alla povertà energetica con cui molti paesi, anche sviluppati, sono alle prese.

Il progetto è consistito nella ristrutturazione di 96 casette a schiera a due piani (foto in alto), costruite originariamente negli anni ’50 e distribuite su 12 isolati, nel quartiere Presikhaaf di Arnhem, una città nella parte orientale dei Paesi Bassi.

Nelle case di edilizia popolare considerate vivono circa 400 persone e la ristrutturazione ha consentito a questi immobili di diventare edifici a energia zero, per cui la quantità totale di energia utilizzata annualmente da ogni casa equivale alla quantità di energia rinnovabile generata in loco.

Su ogni casa, abitata mediamente da 4 persone, è stato installato un impianto fotovoltaico da 10,5 kWp, quindi di potenza più che tripla rispetto alla taglia da 3 kWp più diffusa in Italia. Tale potenza è necessaria soprattutto per alimentare una pompa di calore aria-acqua da 8 kW, alla quale è affidato il compito sia del riscaldamento invernale che della produzione di acqua calda sanitaria.

Una pompa di calore sfrutta il fatto che certi fluidi evaporano a temperature bassissime. Ad Arnhem, le pompe di calore sfruttano come fluido il refrigerante R134a, che evapora da -12 °C in su. Il vapore è quindi compresso e la pressione aumenta il punto di ebollizione del refrigerante fino a 70-80 °C.

Il vapore ad alta temperatura viene quindi condensato in forma liquida ed è pronto per essere immesso dentro il sistema di riscaldamento o per riscaldare l’acqua di casa. Lo stesso fluido è poi riutilizzato da capo in un ciclo chiuso per ripetere lo stesso processo.

Il cuore degli impianti delle case olandesi è racchiuso in particolari “moduli energetici” (foto a sinistra), cioè cabine di circa 2 mq, posizionate fuori dalla porta di casa. Qui sono collocati tutti i dispositivi: dall’inverter fotovoltaico alla pompa di calore, necessari per soddisfare il 100% del fabbisogno energetico della famiglia.

Nelle case ristrutturate di Arnhem, il cui riscaldamento si basa ancora su tradizionali radiatori a parete, il COP, cioè il coefficiente di prestazione effettivo delle pompe di calore aria-acqua, è risultato leggermente superiore a 3. Ciò vuol dire che per 1 kW di energia elettrica in ingresso, utilizzata per far funzionare la pompa di calore, la pompa stessa produce oltre 3 kW di energia termica, quando la temperatura esterna è di -5 °C.

Mediamente, il coefficiente di prestazione (COP) di una pompa di calore aria-acqua è compreso tra 4 e 5. La resa reale dipende da diversi fattori, tra cui appunto la temperatura dell’aria all’esterno e il tipo di riscaldamento presente nelle case.

Per esempio, con una temperatura esterna di 20 °C e un sistema di riscaldamento radiante a pavimento, che funziona con una temperatura dell’acqua di soli 35 °C, il COP di una pompa di calore aria-acqua può arrivare a 9,5. Per contro, con una temperatura esterna di -5 °C e radiatori a parete tradizionali, che per funzionare richiedono acqua ad almeno 65 °C, il COP potrebbe scendere anche a 2.

Ciò è dovuto al fatto che la pompa di calore deve lavorare di più, e quindi consumare più elettricità, per portare l’acqua per il riscaldamento a una temperatura quasi doppia nel caso dei termosifoni tradizionali rispetto a quella dei sistemi a pavimento.

Le pompe di calore aria-acqua sono una soluzione efficiente solo quando gli edifici sono ben coibentati. Nel caso studiato si è posta attenzione estrema all’isolamento termico: le pareti esterne sono a tripla camera. Nei sottotetti è stata posta invece una nuova coibentazione di 50 cm.

Nel caso di Arnhem è interessante notare che, sebbene i tradizionali radiatori a parete non siano stati sostituiti, grazie all’ottimo isolamento, la temperatura richiesta per riscaldare ogni casa è passata da 70-80 °C prima del rinnovo a 40 °C dopo il rinnovo.

Per le esigenze termiche delle case si è preferito installare una pompa di calore aria-acqua al posto del solare termico per due ragioni.

La prima è che i collettori termici avrebbero ridotto lo spazio disponibile per la generazione di elettricità dei moduli FV sul tetto e, inoltre, avrebbero fatto aumentare la domanda di elettricità durante l’inverno, quando sarebbe stata necessaria una caldaia elettrica per integrare il solare termico, che da solo non riesce a fornire tutta l’energia necessaria sia per il riscaldamento che per l’acqua calda sanitaria.

Allo stesso modo, si è preferito una pompa di calore aria-acqua invece che aria-aria poiché con queste è molto difficile raggiungere l’obiettivo di energia zero.

Molti avranno provato il comfort solo temporaneo di uno split a muro che diffonde aria calda e che appena viene spento fa ripiombare la stanza nel freddo. Il motivo è che i sistemi aria-aria sono efficienti solo nelle cosiddette case passive che richiedono un livello di isolamento che non può essere ottenuto rinnovando edifici esistenti.

Le pompe di calore aria-acqua incluse nei moduli energetici del caso olandese hanno permesso di mantenere i sistemi di distribuzione del riscaldamento esistenti – con radiatori a parete – contenendo così il più possibile i costi di ristrutturazione.

Tale soluzione ha permesso l’eliminazione del gas, consentendo per l’intero quartiere una riduzione delle emissioni di CO2 pari a 283 tonnellate l’anno. Oltre a tali benefici, il progetto Presikhaaf ha migliorato le condizioni di vita di 400 persone a basso reddito, ottimizzando il sistema di ventilazione di ogni casa e consentendo un migliore isolamento da freddo e rumori.

La ristrutturazione e l’installazione di tutti gli impianti sono costati complessivamente 75.000 euro per casa. La nota dolente di questo progetto è il tempo di rientro dall’investimento, che è di 40 anni, ancora molto lungo, soprattutto a latitudini nord-europee, è ciò presuppone un intervento dell’amministrazione pubblica. Il governo olandese si è quindi fatto carico di una parte delle spese.

A fronte degli investimenti che le società di edilizia sociale devono affrontare per trasformare vecchie case in edifici a energia zero, il governo consente loro di aumentare un po’ gli affitti e di addebitare agli inquilini una piccola quota aggiuntiva mensile, che riflette una parte del risparmio energetico di cui beneficiano. Le famiglie comunque vanno a risparmiare rispetto a quanto spendevano prima dell’intervento di efficientamento.

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