Finanza sostenibile, per la Corte dei Conti Ue l’Europa non fa abbastanza

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Il giudizio in una relazione speciale. Si sottolinea il ritardo della tassonomia degli investimenti verdi.

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La politica europea per la finanza verde è lacunosa e poco efficace.

Ad affermarlo è la Corte dei conti europea nella relazione speciale sulla finanza sostenibile (link in basso), dove spiega che Bruxelles (neretti nostri nelle citazioni) “non fa abbastanza per dirigere i fondi a disposizione verso attività sostenibili”.

La relazione si è focalizzata sulle misure previste dal piano di azione per la finanza green, istituito dalla Commissione Ue nel 2018, oltre che sulla strategia 2021 volta a finanziare la transizione verso un sistema economico incentrato sui criteri di sostenibilità ambientale e sociale.

Il punto, osserva la Corte dei conti europea, è che ancora oggi manca una definizione chiara e trasparente che permetta di distinguere le attività sostenibili da quelle che invece non lo sono e che quindi hanno effetti negativi per il clima.

La relazione fa riferimento alla cosiddetta tassonomia, la nuova classificazione degli investimenti verdi, che ha avuto una gestazione particolarmente difficile, visti i continui tentativi di includere nucleare e gas fossile tra i progetti ammissibili alla finanza green.

La Corte, si legge nel documento, “sottolinea l’importanza di completare il sistema comune di classificazione delle attività sostenibili (la tassonomia dell’Ue) sulla base di criteri scientifici; inoltre raccomanda misure aggiuntive per far sì che i prezzi delle emissioni di gas a effetto serra rispecchino meglio il costo ambientale” delle diverse attività.

Un altro problema, rimarca la relazione, è la mancanza di criteri scientifici uniformi che consentano di applicare la regola “do not significant harm”, non arrecare danni significativi (al clima), che dovrebbe contraddistinguere tutti gli investimenti Ue, anche quelli del Recovery fund per la ripresa economica.

Difatti, secondo la Corte, “molti dei criteri utilizzati per valutare e monitorare il contributo del bilancio dell’Ue agli obiettivi climatici non sono così rigorosi e scientificamente fondati come quelli sviluppati per la tassonomia dell’Ue”.

Intanto a ottobre ci sarà il primo lancio di green bond europei, dai quali Bruxelles intende raccogliere fino a 250 miliardi di euro al 2026 (80 miliardi nel 2021), con cui finanziare il 30% circa del piano Next GenerationEU.

I proventi delle obbligazioni verdi sosterranno progetti e investimenti a favore della sostenibilità ambientale, come fonti rinnovabili, efficienza energetica, mobilità elettrica e così via.

Tuttavia, anche nel campo dei green bond, si riscontrano alcune critictà rilevate dalla Corte dei conti europea in tema di finanza sostenibile.

Difatti, lo scorso luglio, la Commissione europea aveva proposto un nuovo regolamento finalizzato a introdurre uno standard europeo volontario sui green bond, EUGBS (European Green Bond Standard), cui potranno aderire le obbligazioni verdi emesse da Stati, istituzioni pubbliche, aziende private.

Ma il Green Bond Standard dovrà essere approvato dal Parlamento e dal Consiglio, al termine di negoziati che presumibilmente dureranno parecchio tempo.

In sostanza, il rischio è che in molti casi mancheranno informazioni precise e trasparenti sulle caratteristiche e sugli obiettivi di tali obbligazioni, che pertanto potrebbero andare a finanziare iniziative di greenwashing o ecologismo di facciata.

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