Filiera FV: gli Stati Uniti verso una nuova legge contro il lavoro forzato in Cina

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Il provvedimento è passato alla Camera. Obiettivo è bandire le importazioni "sospette" dallo Xinjiang, con possibili conseguenze per la filiera fotovoltaica.

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Negli Stati Uniti guadagna terreno la nuova legislazione contro il lavoro forzato nella regione cinese dello Xinjiang.

Alla Camera dei rappresentanti, con la schiacciante maggioranza di 428 a 1, è passato il provvedimento battezzato Uyghur Forced Labor Prevention Act (H.R. 1155, link in basso).

Questa legge impone restrizioni commerciali correlate alla regione autonoma dello Xinjiang cinese, dove vive una vasta comunità di uiguri, etnia di lingua turca e religione islamica al centro di campagne di repressione culturale da parte di Pechino con violazioni dei diritti umani, detenzioni illegali e campi di lavoro.

Obiettivo è vietare le importazioni “poco etiche” da fabbriche che utilizzano manodopera forzata. Ricordiamo che lo scorso giugno la Casa Bianca ha deciso di bandire le importazioni Usa dalla società cinese Hoshine Silicon Industry proprio per accuse di lavoro forzato.

Nello Xinjiang, fra le altre cose, si produce direttamente circa il 45% del silicio fotovoltaico mondiale.

Quindi ogni mossa contro le importazioni da quella zona potrebbe avere degli impatti negativi per la filiera del fotovoltaico, già messa sotto pressione dai costi in aumento dei trasporti e delle materie prime.

Anche la Commissione europea ha minacciato ritorsioni contro la Cina per la questione degli uiguri perseguitati nello Xinjiang, ma finora non ha preso alcuna decisione concreta.

Il provvedimento, evidenzia una nota del Congresso americano, prevede che i beni prodotti nello Xinjiang non possano entrare negli Stati Uniti, a meno che le autorità doganali abbiano stabilito che le merci non siano state realizzate ricorrendo a lavoro forzato e abbiano riferito questa determinazione al Congresso e al pubblico.

Il Presidente, precisa la nota, riferirà periodicamente al Congresso un elenco di entità straniere e individui che facilitano consapevolmente il lavoro forzato di uiguri, kazaki, kirghisi e membri di altre minoranze musulmane nello Xinjiang, oltre a un elenco dei tentativi di contravvenire alle leggi statunitensi sulle importazione di beni da lavoro forzato dallo Xinjiang.

Sono previste sanzioni, come il blocco delle proprietà alle società e persone coinvolte e il blocco dei visti.

Il Dipartimento di Stato dovrà anche riferire al Congresso per stabilire se il trattamento dei gruppi musulmani nello Xinjiang costituisca crimini contro la umanità o genocidio, secondo la legge degli Stati Uniti.

Il fallimento dei dazi Usa contro il fotovoltaico cinese

Intanto una analisi di Rystad Energy evidenzia che le tariffe antidumping imposte in questi anni dagli Usa contro il fotovoltaico made in China, hanno fallito il loro scopo, perché non si è ridotta la dipendenza complessiva Usa dalle importazioni di celle e moduli fotovoltaici.

Nel 2021, afferma Rystad, gli Stati Uniti dovrebbero importare un volume record di pannelli FV, pari a 27,8 GW (26,7 GW nel 2020) per un valore totale di 8,9 miliardi di $ se continueranno le attuali tendenze commerciali.

Il punto è che i dazi non hanno fatto altro che spostare dalla Cina verso altri Paesi asiatici, soprattutto Malesia e Vietnam, le origini delle importazioni, perché molti produttori cinesi a loro volta hanno aggirato le barriere, portando offshore la fase finale della produzione di moduli (assemblaggio).

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