L’energia non è questione di venti secondi

La premier Meloni replica così a una domanda sui costi delle bollette e scatena le reazioni della politica. Intanto sindacati, imprese, consumatori e analisti lanciano allarmi e avanzano proposte per ridurre il prezzo di elettricità e gas.

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La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è evidentemente scivolata su una buccia di banana durante la conferenza stampa di ieri, 9 gennaio.

Replicando a una domanda di Claudia Fusani (Quotidiano del Sud) sui costi dell’energia la premier ha risposto: “Non è una questione sulla quale si può rispondere in 20 secondi”.

Il problema è che questo passo falso è arrivato mentre da giorni sindacati, imprese e consumatori lamentano il caro bollette, dando il via a un ampio giro di critiche.

In realtà, Giorgia Meloni qualche secondo (ben meno di venti) al tema dell’energia lo ha dedicato ieri, rivendicando l’azione per l’approvvigionamento energetico europeo quale supporto alla produzione industriale, oltre alla revisione del Pnrr.

Troppo poco per soddisfare le domande che si pongono gli stakeholder del settore sul momento congiunturale che stiamo attraversando, in cui le proposte di certo non mancano.

Le proposte su dipendenza dalle fossili, price cap e collaborazione europea

È il caso del Forum permanente per la cultura del consumo responsabile e sostenibile istituito presso il Cnel, che ha pubblicato la nota sull’energia di gennaio (link in basso) a firma di Leonardo Becchetti, docente di Economia politica all’Università Tor Vergata.

Nel documento si definiscono tre interventi prioritari: eliminare progressivamente la dipendenza dalle fonti fossili, cioè “da prezzi che non facciamo noi e che ci hanno portato le due più grandi ondate inflazionistiche della nostra storia; a fine anni ‘70 con il petrolio e ora con il gas” (si veda anche Il mercato del gas è diventato “nervoso”).

Ancora, modificare i sistemi di definizione del prezzo dell’energia, “utilizzando meccanismi di discriminazione, che non ci costringano a pagare tutti al prezzo di chi vende al costo marginale più elevato”.

Infine, “seguire l’esempio di Portogallo e Spagna che hanno fissato un tetto ai prezzi e, di fatto, un tetto ai profitti delle aziende che comprano energia fossile dai produttori e la vendono a famiglie e imprese. Queste aziende comprano a prezzi calmierati fissati con contratti di lungo periodo e vendono al prezzo spot che si fissa giornalmente non senza componenti speculative”.

Un governo, si legge nel documento, “può fissare un tetto massimo al prezzo, non negando nel contempo alle aziende che vendono gas un profitto ragionevole che remunera il rischio d’impresa. Molto meglio questo che le fumose ipotesi di recuperare ex post con tasse sugli extra profitti”.

Proposte che non si discostano molto da quelle fatte più sinteticamente oggi da Confcommercio, che punta a “un tetto al prezzo del gas che si attesti sui 50-60 €/MWh per contenere la volatilità e prevenire ulteriori rialzi speculativi”; un’ipotesi già al vaglio del Governo.

Inoltre, si chiede una riforma del mercato energetico che preveda il disaccoppiamento dei prezzi elettrici da quelli del gas, “per riflettere i reali costi di produzione di ciascuna fonte e garantire tariffe eque e sostenibili”.

Infine, “approvvigionamenti tramite acquisti congiunti europei, grazie ad accordi strategici di lungo termine con partner affidabili per limitare l’esposizione ai mercati spot”.

Tra questi dovrebbe esserci la Germania, almeno nelle intenzioni del ministro Gilberto Pichetto Fratin, che in un’intervista a Repubblica dell’8 gennaio ha parlato di colloqui in corso sull’energia e sul gas.

Interlocuzioni che proseguiranno il 21 gennaio a Roma, dove sarà presente il vice cancelliere tedesco Robert Habeck per la presentazione dell’idrogenodotto South Corridor.

Sul piano strettamente nazionale, invece, “occorre agire con una revisione degli oneri generali di sistema – conclude Confcommercio – che per le imprese del terziario incidono al 26% sulla bolletta elettrica” e con “misure per incentivare l’efficienza energetica delle imprese e l’autoproduzione rinnovabile su piccola scala, anche coinvolgendo il terziario nel Piano Transizione 5.0”.

Tornando alle mancate parole di Giorgia Meloni sull’energia, inevitabile che una certa reazione si scatenasse nelle forze politiche di opposizione, da cui arrivano indicazioni precise.

“Da più di un anno segnaliamo che occorre mettere un freno alle speculazioni che arricchiscono gli operatori del mercato energetico sulle spalle dei cittadini e delle Pmi e che occorre uscire dalla dipendenza dal gas, russo, algerino o azero che sia, per poter far penetrare il beneficio dei bassi costi delle energie rinnovabili in bolletta”, sostiene Annalisa Corrado, responsabile Clima del Pd.

Per l’occasione è stata rilanciata anche la proposta democratica di una valorizzazione dell’Acquirente unico, rispetto al ruolo assunto dopo il mercato tutelato.

Sulla stessa linea critica l’eurodeputato M5S Davide Tamburrano, per il quale mancano compensazioni per i soggetti più in difficoltà, considerando che aumento dei salari o adeguamento delle pensioni all’inflazione non fanno ben sperare.

Gli interventi sui vulnerabili

Mentre i partiti discutono di problemi e soluzioni, c’è chi intanto cerca di correre ai ripari.

È il caso di Cgil, Spi, Filctem e Federconsumatori che rilanciano per il secondo anno una campagna di informazione sul mercato dell’energia, rivolta soprattutto a chi ha trovato maggiore difficoltà nell’uscita dal tutelato.

Non mancano, anche in questo caso, le richieste al Governo: rafforzamento delle misure di contrasto alla povertà energetica, disaccoppiamento del prezzo finale dell’elettricità da quello del gas e revisione dell’albo venditori energia.

A ciò si aggiunge un aumentato dell’importo del bonus energetico, allargando la platea dei beneficiari e semplificando l’iter per l’accesso, nuovi sostegni all’efficientamento energetico in edilizia, ingresso nel mercato tutelato al compimento dei 75 anni di età e revisione del meccanismo a tutela dei vulnerabili.

Non ci sono suggerimenti, nella nota congiunta di Cgil, Spi, Filctem e Federconsumatori, sulle possibili coperture finanziarie delle proposte avanzate.

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