La dipendenza globale dall’industria nucleare russa

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La diplomazia energetica nucleare globale russa è una potenziale "arma energetica" o un esempio di potere economico e di persuasione?

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Torniamo ad analizzare l’interessante articolo-inchiesta che avevamo segnalato due mesi fa (Diplomazia russa dell’energia nucleare e sicurezza energetica nel contesto dell’invasione in Ucraina) e che riguardava il ruolo dell’azienda di Stato Rosatom e il suo peso sull’industria nucleare internazionale anche dopo l’invasione russa dell’Ucraina.

Lo studio è stato pubblicato su “Nature.com” con il titolo “La diplomazia russa dell’energia nucleare e le sue implicazioni per la sicurezza energetica nel contesto della guerra in Ucraina” (allegato in basso) ed è stato scritto da Kacper Szulecki  & Indra Overland del Climate and Energy Research Group, Norwegian Institute of International Affairs (NUPI) di Oslo.

Mentre rimandiamo all’articolo originale per una lettura più approfondita, completa di tavole e figure, vale la pena riportare qui, tradotti da Sergio Zabot, insiema ad alcune sue considerazioni, ampi stralci dell’articolo per capire la portata della questione anche sul terreno della geopolitica e degli equilibri internazionali.


Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina nel febbraio 2022, la possibilità di ridurre la dipendenza energetica dell’Europa dalle risorse russe è stata oggetto di accesi dibattiti.

Le industrie dei combustibili fossili hanno ricevuto la massima attenzione poiché i leader dell’Ue hanno prima introdotto sanzioni graduali sul carbone russo e successivamente su petrolio e gas, mentre la Russia ha risposto con tagli alle forniture.

Tuttavia, il ruolo della Russia come uno dei principali attori nel settore globale dell’energia nucleare è rimasto ampiamente al di sotto del radar delle sanzioni, nonostante le dipendenze dalla tecnologia nucleare russa, dalle forniture di uranio e dalla gestione del combustibile nucleare esaurito.

Qui analizziamo la società nucleare statale Rosatom e le sue filiali come strumenti della politica energetica russa. Mappiamo il portafoglio globale dell’azienda, quindi classifichiamo i paesi in cui la Russia è attiva in base al grado e all’intensità della dipendenza. Offriamo una tassonomia delle dipendenze energetiche a lungo termine, evidenziando specifici rischi per la sicurezza associati a ciascuna di esse.

La Russia è il maggiore esportatore mondiale di gas naturale, il secondo esportatore di petrolio e il terzo esportatore di carbone.

Tuttavia, la copertura mediatica e i dibattiti politici hanno generalmente omesso un altro settore in cui la Russia è un attore importante e che è vitale per la posizione economica e diplomatica globale della Russia: l’energia nucleare. Mentre il bombardamento russo e l’occupazione delle centrali nucleari ucraine hanno provocato proteste, il portafoglio di ordini esteri della Russia, compresa la costruzione di reattori, la fornitura di carburante e altri servizi, copre 54 paesi e secondo Rosatom vale più di 139 miliardi di dollari in un periodo di dieci anni e finora non è stato coperto dalle sanzioni occidentali.

Sebbene la cifra finanziaria sia con ogni probabilità gonfiata, il coinvolgimento e l’uso dell’energia nucleare da parte della Russia come strumento di diplomazia energetica merita un esame approfondito.

Rosatom è interamente di proprietà dello stato russo e il presidente della Federazione Russa determina gli obiettivi dell’azienda. Fin dalla sua nascita, Rosatom è diventata sempre più attiva nel mercato internazionale dell’energia nucleare ed è diventata un fornitore leader di servizi chiave. La costruzione di ben dieci reattori è iniziata tra il 2007 e il 2017 e tra il 2009 e il 2018 la società ha gestito 23 dei 31 ordini effettuati e circa la metà delle unità in costruzione a livello mondiale.

Attraverso le sue controllate, Rosatom fornisce anche il combustibile, controllando il 60% della produzione mondiale di uranio, il 38% della conversione dell’uranio e il 46% della capacità di arricchimento dell’uranio oltre allo smantellamento e allo smaltimento dei rifiuti.

Infine, e cosa più importante, gli stessi Stati Uniti si affidano alle filiali Rosatom e alle catene di approvvigionamento controllate dalla Russia per quasi il 50% delle loro forniture di uranio; lo stesso vale per il 40% delle importazioni dell’Ue. Sebbene sia possibile un adattamento, un’interruzione brusca di queste forniture avrebbe un impatto a breve termine sull’intero settore globale dell’energia nucleare.

In sintesi, tra il 2000 e il 2015 la Russia è stata il fornitore di circa la metà di tutti gli accordi internazionali sulla costruzione di centrali nucleari, la fornitura di reattori e combustibili, lo smantellamento o le scorie. I suoi principali concorrenti nel settore dell’energia nucleare: Cina, Francia, Giappone, Corea e Stati Uniti, tutti insieme, hanno rappresentato un altro 40%.

Il vantaggio principale di Rosatom risiede nella sua capacità di essere uno “sportello nucleare unico” per tutte le esigenze, l’unico fornitore che fornisce un “pacchetto tutto compreso”. Ciò comprende know-how per la costruzione di reattori, formazione, supporto relativo alla sicurezza, requisiti del regime di non proliferazione e opzioni di finanziamento flessibili, comprese le linee di credito erogate dal governo. L’azienda è anche in grado di trattare il combustibile nucleare esaurito di clienti esteri.

Il modo in cui Rosatom realizza i suoi progetti lo rende anche un partner conveniente per i nuovi arrivati nucleari. Mentre i dettagli degli accordi contrattuali variano da caso a caso, lo sviluppatore si occupa dell’intero processo fino a quando l’impianto non è pronto per l’uso e può essere affidato a esperti nucleari locali, addestrati in Russia, per il funzionamento. Per questo motivo, l’energia nucleare può essere presa in considerazione da paesi per i quali prima era irraggiungibile, soprattutto in Medio Oriente, Africa sub-sahariana e Sud America.

Rosatom è anche in grado di fare offerte speciali a partner strategicamente importanti, come la Turchia. Proprio per lo stabilimento turco di Akkuyu, Rosatom ha proposto per prima l’innovativo modello di business denominato Build–Own–Operate (BOO), in base al quale la società russa mantiene non solo la proprietà di maggioranza dell’impianto e un prezzo garantito sulle vendite di energia elettrica, ma si fa carico anche di tutti gli oneri finanziari, costruttivi e rischi operativi. Il modello BOO ha suscitato preoccupazione per quanto riguarda non solo la sicurezza nucleare, ma anche le questioni di sicurezza militare derivanti dalla peculiare extraterritorialità degli impianti.

Al momento dell’invasione russa dell’Ucraina, Rosatom vantava ben 73 diversi progetti in 29 paesi. I progetti si trovavano in stadi di sviluppo molto diversi rispetto alle centrali in esercizio; attraverso la costruzione di reattori in corso, appaltati, ordinati o pianificati; alla partecipazione a gare, inviti a partenariati o proposte pubblicate ufficialmente.

Inoltre, le società russe hanno accordi bilaterali o memorandum d’intesa (MoU) con 13 paesi per servizi o sviluppo congiunto generale dell’energia nucleare. I progetti e il coinvolgimento di Rosatom variano in termini di ambizione e costi: dalla centrale nucleare indiana di Tarapur (700 mln $) e Bushehr-1 dell’Iran (850 milioni di dollari) a un gigantesco progetto in Sud Africa (76 mld $) e quelli in Egitto (30 mld $) e Turchia (20 mld $).

Infine, 13 paesi hanno una serie di accordi orientati alla ricerca con fornitori di servizi nucleari russi relativi ai centri di ricerca nucleare. Complessivamente, la diplomazia dell’energia nucleare della Russia è stata formalizzata in 54 paesi.

Nucleare russo, una carta vincente per Putin?

Nelle conclusioni gli autori si chiedono: la diplomazia energetica nucleare globale russa costituisce una potenziale “arma energetica” o è semplicemente un esempio di potere economico e di persuasione?

Riteniamo che nel contesto della guerra in Ucraina e dell’uso da parte della Russia della politica energetica per l’influenza politica, la giustapposizione dell’arma dell’energia “dura” e del “potere morbido” sia fuorviante.

Invece, suggeriamo di pensare all’attività internazionale di Rosatom in termini di un continuum di strumenti di governo energetico, poiché la sua presenza globale crea diversi tipi di interdipendenze attraverso una diversa intensità di collaborazione.

L’energia nucleare potrebbe essere la carta vincente della Russia in un mondo in via di de-carbonizzazione.

Ma le valutazioni positive degli impegni internazionali sull’energia nucleare di Rosatom appaiono più ingenue dopo l’invasione dell’Ucraina, almeno in Europa, che è fortemente dipendente dai combustibili fossili russi e fermamente contraria all’invasione dell’Ucraina.

Per la maggior parte degli Stati allineati all’Occidente, sarà inconcepibile entrare in qualsiasi tipo di nuova dipendenza o addirittura cooperazione non dipendente con la Russia nel settore dell’energia nucleare.

Di conseguenza, sarà necessario trovare fonti e catene di approvvigionamento alternative che alla fine porteranno a una riduzione della dipendenza globale dalla capacità di produzione di combustibile nucleare di Rosatom.

Ricordiamo infatti che l’Europa dipende dall’Uranio Russo per il 40% del suo fabbisogno e gli USA addirittura per il 50%. Come riporta Greenpeace-France nel rapporto “Russia, hub dell’Uranio” (pdf) pubblicato nel marzo del 2023, la Francia nel 2022 ha quasi triplicato le sue importazioni di uranio arricchito russo nel bel mezzo dell’invasione dell’Ucraina con la consegna da parte della Russia di un terzo dell’uranio arricchito necessario per il funzionamento delle centrali nucleari francesi per un anno.

Nello stesso anno, quasi la metà dell’uranio naturale importato in Francia proveniva dal Kazakistan e dall’Uzbekistan, mentre quasi tutto l’uranio naturale del Kazakistan, e una parte considerevole di quello dell’Uzbekistan, passava per le mani di Rosatom, che controlla il trasporto di tutti i materiali nucleari in transito sul suolo russo.

Sempre nel 2022, tutte le esportazioni francesi di uranio ritrattato (URT) sono state inviate in Russia e tutte le importazioni di uranio arricchito (URE) in Francia provenivano dalla Russia.

Mentre Volodymyr Zelensky continua a chiedere sanzioni europee contro Rosatom, che dal 4 marzo 2022 occupa la centrale nucleare di Zaporizhia, l’invasione dell’Ucraina non sembra rallentare il commercio di questo colosso dell’industria nucleare russa.

Rosatom, tentacolare strumento geopolitico al servizio del Cremlino, funziona perfettamente. Le rotte che consentirebbero il trasporto dell’uranio kazako e uzbeko, aggirando il suolo russo, come la Trans-Caspian International Transport Route (TITR), non rappresentano attualmente alternative reali in quanto le sfide da affrontare sono immense per renderle operative.

Nonostante il loro desiderio di indipendenza dalla Russia, il Kazakistan e l’Uzbekistan non sono in grado di liberarsi rapidamente dalla loro dipendenza dalle filiali Rosatom e dall’uso di navi mercantili noleggiate da controverse personalità russe per l’esportazione del loro uranio naturale.

Contrariamente a quanto affermano i difensori dell’atomo, la dipendenza dell’industria nucleare francese dalle autorità russe è immensa, il che potrebbe spiegare perché la Francia continui a opporsi attivamente alle sanzioni contro Rosatom a livello europeo. Lungi dal garantire l’indipendenza energetica, il rilancio dell’energia nucleare manterrà la Francia dipendente da paesi fornitori di uranio come la Russia.

Non a caso, in seno all’Alleanza per il Nucleare, lanciata il 28 febbraio a Stoccolma tra 11 paesi membri firmatari (Bulgaria, Croazia, Finlandia, Francia, Ungheria, Olanda, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovenia e Slovacchia), il commissario europeo all’energia, Kadri Simson, che ha preso parte all’incontro insieme agli undici ministri dell’Energia, ha invitato i Paesi partecipanti a diversificarsi dai combustibili nucleari russi (vedi Euractive).

E l’Italia che fa?

L’Italia era data inizialmente tra i partecipanti dell’incontro di Stoccolma, salvo poi risultare assente.

Tuttavia, nel maggio del 2023 la Camera ha approvato, sostenuta da esponenti di Forza Italia, più qualche leghista e qualche deputato di Fratelli d’Italia, una mozione omnicomprensiva di sostegno al nucleare, sia di fissione di quarta generazione (che non esiste), sia di fusione a confinamento magnetico (molto futuribile); il tutto per garantire l’indipendenza energetica del paese (sic !).

La mozione chiede inoltre al Governo di favorire campagne di informazione oggettive al fine di evitare opposizioni preconcette (leggi, propaganda di regime).

Ma la chicca è che, al punto 10, il testo approvato a Montecitorio impegna il governo “a valutare in quali territori al di fuori dell’Italia la produzione di energia nucleare possa soddisfare il fabbisogno nazionale di energia de-carbonizzata e a valutare l’opportunità di promuovere e favorire lo sviluppo di accordi e partnership internazionali tra le società nazionali e/o partecipate pubbliche e le società che gestiscono la produzione nucleare al fine di poter soddisfare il suddetto fabbisogno nazionale”.

Come dire: costruiamo impianti nucleari in Tunisia, in Albania oppure in Croazia, così ci togliamo dalle scatole gli oppositori nostrani!

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