Crisi energetica, ma poco si fa su geotermoelettrico e pompe di calore a bassa entalpia

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Il Consiglio Nazionale Geologi ha inviato una proposta di decreto al MiTE per la disciplina delle piccole utilizzazioni geotermiche. E si attende ancora dal 2018 la pubblicazione del Decreto Fer2 che incentiva il geotermolettrico.

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Che fine ha fatto il decreto ministeriale per la disciplina delle piccole utilizzazioni geotermiche?

Se lo chiede il Consiglio Nazionale Geologi, l’organo di rappresentanza istituzionale di circa 14.000 geologi professionisti italiani, in una nota indirizzata al ministro uscente del MiTE, Roberto Cingolani.

Un tavolo tecnico permanente istituito presso il Consiglio dei Geologi – a cui aderiscono le Associazioni del settore, nonché importanti Enti Pubblici e privati, Istituti scientifici e ministeriali – ha collaborato e condiviso con la Segreteria Tecnica del MiTE la bozza del testo del decreto ministeriale. Ma questo decreto non ha ancora visto la luce.

Questo è un altro elemento che rallenta lo sviluppo della geotermia in Italia. Una fonte rinnovabile che potrebbe contribuire in modo significativo alla riduzione della dipendenza estera da fonti fossili, in tempi rapidi.

Nonostante sia continua, programmabile e sostenibile, resta sempre indietro nel dibattito sulla differenziazione delle fonti energetiche, complice anche l’influenza negativa dei comitati locali e dei referenti politici che li sostengono, che va ad affossare molte nuove iniziative del settore.

Tra i freni a una maggiore diffusione della geotermia in Italia è il ritardo del decreto Fer 2, che domani, 14 settembre, sarà esaminato dalla Conferenza Stato-Regioni e che contiene anche gli incentivi per le nuove centrali geotermiche innovative, indispensabili per lanciare queste tecnologie. Il decreto è in attesa di essere emanato ormai dal 2018.

In Italia l’ultima centrale geotermica è stata installata nel 2014, e la produzione geotermica è ferma da allora intorno ai meno di 6 TWh annui, cioè l’1,7% del totale dei consumi elettrici italiani.

Secondo un’analisi dell’Unione Geologica Italiana, la potenza geotermoelettrica installabile in Italia è di circa 5 GW, cioè più di 5 volte quella esistente oggi. E visto l’altissimo capacity factor di questa fonte, questa capacità si potrebbe tradurre in quasi 40 TWh in più ogni anno (vedi anche su QualEnergia.it Geotermia, lo scialo che non ci possiamo più permettere). Poi ci sono moltissimi TWh termici da recuperare dopo la conversione elettrica che potrebbero essere sfruttati in reti di teleriscaldamento, ad esempio.

Il Consiglio Nazionale dei Geologi chiede al governo di fare subito una scelta riguardo lo sviluppo della geotermia come fonte rinnovabile strategica non solo per la produzione elettrica ma anche per le applicazioni termiche.

Per quest’ultime è poi fondamentale la firma del Decreto che le regolamenti a livello nazionale, cosa che consentirebbe di installare anche 1 milione di impianti a bassa entalpia con un consistente risparmio nelle bollette delle famiglie.

Un recente studio di Elemens valutava che le pompe di calore geotermiche nel residenziale potrebbero soddisfare un fabbisogno di riscaldamento pari a 4,9 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), a fronte dei 23 Mtep totali, quindi pari a oltre il 20%.

Inoltre, ci sono utenze che usano continuamente la climatizzazione, d’estate e d’inverno, come uffici o centri sportivi e commerciali, e che quindi avrebbero grandi benefici economici dalla maggiore efficienza di una pompa di calore geotermica. con un ritorno dell’investimento nel medio periodo con i risparmi ottenuti.

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