Carbone: meglio una rivoluzione green o cambiare il sistema dall’interno? Il caso australiano

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I diversi scenari che si aprono con il tentativo di un guru tecnologico e di un fondo canadese di acquistare una delle principali utility a carbone australiane.

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È meglio rivoluzionare completamente un modello energetico, operando un taglio netto col passato, oppure è possibile pensare di cambiarlo dall’interno, riformandolo con interventi che ne permettano almeno in parte la continuità?

È questa, in estrema sintesi, la questione di fondo che si sta prospettando in Australia, con l’offerta pubblica di acquisto (Opa) che un consorzio internazionale ha presentato nei confronti di AGL Energy, la utility australiana che con le sue centrali a carbone è il più grande inquinatore del paese.

Il consorzio, formato dal gigante canadese della gestione patrimoniale Brookfield Asset Management e dal miliardario australiano del settore tecnologico Mike Cannon-Brookes, ha presentato nei giorni scorsi un’Opa di circa 8 miliardi di dollari australiani, debito incluso, cioè solo il 5% superiore al prezzo di borsa di venerdì – offerta che la società ha prontamente rifiutato in quanto sottovaluterebbe il titolo, che comunque negli ultimi cinque anni ha perso fino l’80% del proprio valore.

Il consorzio, da parte sua, ha risposto che l’offerta rappresenta un premio del 20% sul prezzo medio ponderato a tre mesi delle azioni dell’azienda e che continuerà a perseguire il suo piano, dialogando con gli azionisti di AGL Energy.

Ci sono altre considerazioni societarie in ballo, come la prevista divisione dell’azienda nei prossimi mesi, ma, schermaglie sul prezzo dell’Opa a parte, se andrà in porto, questa operazione è interessante perché evidenzia come possa essere declinata all’atto pratico la parola che è sulla bocca di tutti: decarbonizzazione. E gli eventuali compromessi che ci si pongono di fronte quando gli investimenti “verdi” decidono di metabolizzare dall’interno gli asset più “neri” che ci siano.

Sullo sfondo di questa possibile operazione, c’è una bozza di progetto per la futura rete elettrica del paese, pubblicata dall’Australian Energy Market Operator (Aemo) a dicembre e nota come “Piano di sistema integrato”.

Secondo lo scenario di cambiamento graduale, considerato il percorso più probabile, il carbone sarebbe destinato a scomparire dal mix di generazione australiano ad un ritmo tre volte più rapido rispetto a quello proposto dall’attuale governo Morrison, fra i più pro-fossili sul panorama internazionale.

I funzionari di Aemo stimano che l’energia rinnovabile aumenterà dall’attuale 30% al 69% entro il 2030. Al momento l’obiettivo ufficiale è di raggiungere emissioni nette pari a zero per AGL, e per la rete nel suo insieme, entro il 2035.

Tuttavia, l’uscita dal carbone in Australia avverrà solo quando sarà stata installata una capacità alternativa sufficiente, ha detto Stewart Upson, l’amministratore delegato di Brookfield nell’Asia Pacifico, a RenewEconomy.

In questo senso, la posizione di Brookfield sembra perfettamente allineata con le istituzioni del mercato dell’energia, i governi statali australiani e anche altre utility, come EnergyAustralia, che ha ammesso che la seconda delle sue due centrali a carbone ancora in funzione chiuderà solo quando sarà costruita abbastanza capacità rinnovabile per sostituirla.

Lo stesso Australian Energy Market Operator, nel suo scenario battezzato “cambio di passo” e approvato dalla maggior parte dell’industria energetica – anche se non da AGL – prevede la chiusura di tutti i generatori a lignite entro il 2032.

In questo scenario, sarebbe l’idrogeno ad assumere un ruolo centrale, sollevando dubbi già trattati in numerosi precedenti articoli sull’opportunità di usare questo gas, anche nella sua forma pulita, per tutta una serie di applicazioni.

Il timore è che gli operatori attuali delle energie fossili puntino sull’idrogeno, in quanto risorsa gassosa, come soluzione per salvaguardare i loro investimenti in infrastrutture del gas, anche là dove l’uso di questo gas sia energeticamente non efficace ed efficiente.

L’altro grosso timore è che le società delle fossili usino la prospettiva futura dell’idrogeno solo come una “carota” da sventolare di fronte ad una politica credulona o in mala fede, semplicemente per prendere tempo e continuare a operare, rimandando il più possibile la transizione ad una elettrificazione a tappeto.

“Vogliamo passare alle fonti rinnovabili e abbandonare le fonti termiche il più presto possibile. Ma ci vorrà molto tempo. Non è facile. Ci sono un sacco di cose diverse che dobbiamo affrontare. È un compito enorme. Lo faremo entro il 2030? Lo faremo entro il 2035? Onestamente non lo so in questo momento”, ha detto Upson.

La questione dei nuovi investimenti è centrale per la decarbonizzazione e il consorzio dice di poter trasformare AGL in un modo che l’attuale proprietà non può fare, a causa del suo indebitamento e della sua scarsa capacità di attingere a capitali freschi.

AGL oggi “non ha quasi nessun investitore istituzionale nel suo registro, ed è una delle ragioni principali per cui il prezzo delle suo azioni è sceso così tanto”, ha detto Upson. La credibilità che Brookfield ha sul fronte degli investimenti già fatti nell’energia rinnovabile costituirebbe invece un importante motivo di fiducia per i grandi investitori istituzionali.

“Penso che ci sia un alto grado di difficoltà sia nel mettere insieme la quantità di capitale necessaria per questo, sia nell’avere le competenze per eseguire effettivamente la transizione. [Ma] si fidano del fatto che non andremo a investire in molte aziende ad alte emissioni e che non si ritroveranno in mano tanti asset incagliati. Sanno che abbiamo un obiettivo e che abbiamo la capacità di eseguirlo”, ha detto il capo asiatico di Brookfield.

Nella storia, ci sono moltissimi esempi di rivoluzioni fallite, ma anche di tentativi infruttuosi di cambiare un sistema dall’interno.

Nel caso di AGL Energy, vedremo se il desiderio di Brookfield e Cannon-Brookes di “sporcarsi le mani” col carbone andrà più nella direzione di una rivoluzione dell’elettrificazione diretta alimentata con le rinnovabili e sostenuta dallo storage, oppure della trasformazione dall’interno di un modello basato sul gas (verde) e della scelta di quali applicazioni privilegiare.

In ogni caso, sarà interessante seguire questa vicenda.

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