Ha fatto scalpore la dichiarazione del presidente della Regione Siciliana rispetto a un possibile blocco delle autorizzazioni degli impianti solari.
Ma facciamo un passo indietro. Nel 2020 la quota dei consumi complessivi di energia coperta da fonti rinnovabili in Sicilia è stata del 13,8%, molto inferiore rispetto al 15,9% fissato dal Decreto 15 marzo 2012 per questa regione.
L’amministrazione ha cercato di recuperare il ritardo e così il 12 febbraio 2022 la giunta ha approvato un nuovo Piano energetico, prevedendo al 2030 il raddoppio della potenza installata per le rinnovabili e una riduzione dei consumi.
In particolare, la potenza solare ed eolica dovrebbe passare da 3,5 GW a 7,4 GW, in modo da avere il 69% di elettricità verde.
Ma negli ultimi anni la situazione è cambiata molto, con una forte riduzione dei costi del solare e dell’eolico, accompagnata dal dispiegarsi di nuove opportunità – dall’eolico offshore galleggiante all’agrivoltaico, dalle comunità energetiche ai sistemi di accumulo di lunga durata – che hanno dato credibilità ad un forte innalzamento degli obiettivi.
Così dal 32% di rinnovabili sui consumi energetici finali europei deciso dalla Commissione Ue nel 2018, target da raggiungere al 2030, si è passati nelle settimane scorse all’innalzamento al 42,5% e se possibile al 45%. Valori che comporterebbero per l’Italia oltre l’80% di elettricità verde.
Peraltro, secondo un’analisi del think tank Ember, un simile obiettivo consentirebbe di dimezzare le importazioni di gas portando a risparmi di 200 miliardi € nell’Ue tra il 2025 e il 2030.
Ma torniamo alla Sicilia alla luce delle recenti improvvide dichiarazioni del suo presidente, Renato Schifani: “Ho deciso di sospendere il rilascio delle autorizzazioni per il fotovoltaico. Dobbiamo valutare l’utile d’impresa con l’utile sociale e col danno ambientale. Poi questa attività porta lavoro? L’energia rimane in Sicilia? No”.
Le ultime due domande sono prive di senso. È chiaro infatti che le fonti rinnovabili creeranno una grande quantità di lavoro.
È stato calcolato che il Piano europeo REPowerEU si tradurrebbe in Italia nell’obiettivo di 85 nuovi GW di rinnovabili alla fine del decennio, con 345 miliardi di benefici economici cumulati in termini di valore aggiunto per filiera e indotto, e 470.000 nuovi posti di lavoro.
Ma c’è di più, allargando lo sguardo alla transizione green, questa potrà trasformarsi in una straordinaria opportunità di reindustrializzazione per il Sud con l’installazione di fabbriche per la produzione di impianti eolici e fotovoltaici, di elettrolizzatori per l’idrogeno verde, di sistemi di accumulo, di auto e bus elettrici…
Ed è poi chiaro che l’elettricità solare prodotta dagli impianti verrà consumata nella Regione. Anzi, il fatto di poter produrre elettricità a basso prezzo potrebbe risultare un incentivo a localizzare le aziende al Sud.
Considerando che molti degli impianti solari, oltre 1 GW autorizzato nelle ultime settimane, sono agrovoltaici sarebbe lecita una preoccupazione sul fatto che questi interventi siano accompagnati da serie analisi agronomiche, da una progettazione adeguata e da verifiche costanti.
Ma le posizioni di Schifani sono senza basi, e volte ad ottenere dei riconoscimenti in termini di sconti delle bollette.
Peraltro, è giusto che ci sia una ricaduta positiva sui territori, oltre a quella occupazionale. Si possono ad esempio fare molte ipotesi, dal sostegno da parte delle imprese partecipanti alla creazione di comunità energetiche fino a soluzioni più complesse con il coinvolgimento del Gse.
Ma, allora, ci chiediamo: che senso ha bloccare un settore strategico come il fotovoltaico?