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Aumenti dei prezzi dell’elettricità, c’è chi sta peggio di noi

Cause e conseguenze dell'aumento dei prezzi elettrici in Gran Bretagna, Germania e Francia. Molte somiglianze con l'Italia e qualche differenza, anche nelle proposte di soluzione.

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Elettricità a 150 €/MWh, oggi addirittura a 191. Consoliamoci, c’è chi sta peggio di noi.

Anche in Gran Bretagna il MWh in certi giorni supera i 150, ma non euro, sterline, che valgono al momento 1,2 euro.

La ragione, come in Italia, è l’enorme aumento del prezzo del gas, decuplicato dal punto più basso del 2020 e quadruplicato dall’inizio dell’anno. Da loro, come da noi, il metano in questi ultimi anni è diventato la fonte energetica principale del paese: con il gas la Gran Bretagna produce un terzo dell’elettricità e riscalda l’86% degli edifici.

Le ragioni di questo aumento le abbiamo già spiegate più volte, ma oltre a quelle dietro lo shock energetico, in UK ci sono anche motivi peculiari, come la produzione in calo dei giacimenti domestici, o la sfortunata coincidenza dell’incendio che ha distrutto il 14 settembre la centrale di trasformazione di Sellindge, attraverso la quale la nazione importava 2 GW di elettricità dalla Francia.

E anche le conseguenze non sono proprio le stesse che in Italia: in Gran Bretagna si stanno verificando carenze di cibo, perché i produttori locali di CO2, usata per legge per stordire gli animali prima di macellarli, hanno fermato la produzione di questo gas (sottoprodotto dell’industria dei fertilizzanti) per l’eccessivo costo, provocando una riduzione della fornitura di carne nei supermercati.

Al contrario c’è un’altra cosa che ci accomuna ai britannici: anche lì ci sono commentatori e media che puntano il dito direttamente o indirettamente contro le fonti rinnovabili come causa dell’aumento dei costi energetici, e che poi propongono soluzioni peggiori del male.

La prima è l’evergreen “puntiamo sul nucleare”, popolare anche fra noi… ciclicamente. Una proposta che arriva da chi dimentica come il progetto per la nuova centrale inglese di Hinkley Point preveda, per rientrare dei smisurati costi del progetto (notoriamente, il nucleare li supera sempre insieme ai tempi previsti per completarlo), almeno 35 anni di fornitura elettrica a prezzo bloccato di 92 £/MWh, poco meno del costo attuale dell’elettricità e molto di più dei 40 o meno £/MWh da fonte eolica o solare. Non esattamente una soluzione smart e un toccasana.

La seconda posizione suicida è simile alle proposte nostrane di estrarre il (poco) metano dei nostri mari: trivelliamo il suolo inglese per estrarre più gas, anche in forma shale (cioè con fratturazione idraulica delle rocce, con annesso inquinamento delle falde), dicono. Una proposta che in pratica significa “restiamo ancora più invischiati nei capricci del gas naturale” e che dimentica sia gli impegni climatici che il funzionamento del mercato, che porterebbe comunque quel metano ad essere venduto ai costi di quello internazionale.

La terza bizzarra posizione è, infine, quella di ridurre o eliminare gli incentivi per le rinnovabili (quelli degli impianti già realizzati, mentre oggi le nuove installazioni su grande scala non ne hanno più bisogno) e usarli per ridurre il costo della bolletta: idea che, a parte essere probabilmente illegale, scoraggerebbe gli investitori del settore a puntare ancora sul paese, facendolo restare ancora più incastrato nella morsa del metano.

A differenza però del nostro fantasioso mondo politico, quello britannico non sembra molto interessato a cadere nella trappola di queste stravaganti proposte: tutti, governo e opposizione, concordano che l’unica strada percorribile è quella di insistere a installare turbine eoliche e solare, oltre che ad attrezzarsi per accumulare la loro energia, cosa non facile in un paese abbastanza piatto, dove il pompaggio elettrico non è proponibile, e che quindi dovrà contare su un mix composto da accumulo elettrochimico, idrogeno e tecnologie più innovative come quella dell’aria liquida.

Intanto a dicembre si terranno nuove aste per le rinnovabili, mentre partirà nei prossimi mesi un grande piano di rinnovamento immobiliare per isolare termicamente le case e promuovere sistemi di riscaldamento senza metano.

Come a sottolineare la ragionevolezza di questa linea di comportamento, il vento, che per tante settimane aveva latitato sulle isole britanniche, contribuendo a spedire in alto il costo dell’elettricità, è finalmente tornato: il 23 settembre l’energia eolica ha generato più della metà dell’elettricità britannica, e il costo del MWh è sceso nelle prime ore del mattino a zero, mentre durante il giorno si è tenuto sotto le 100 £/MWh, grazie anche al contributo dell’energia solare.

Una cosa simile sta accadendo in queste ore anche nel paese della Ue con l’elettricità più cara, la Germania, anch’essa afflitta dalla botta dell’aumento del costo di gas, carbone e lignite, le tre fonti che insieme producono circa la metà dell’elettricità tedesca, a cui si aggiungono i 60 € della tonnellata di CO2 sull’ETS, il mercato di scambio di quote di emissione europeo, che influisce su tutte le fonti fossili, ma in particolare su lignite e carbone.

Dopo un mese di prezzi dell’elettricità alle stelle, anche oltre i 270 €/MWh e mai sotto i 50, il ritorno del vento (23/9/2021) ha fatto crollare il costo del MWh a 0,12 euro nelle ore centrali del giorno, grazie anche al FV, restando poi quasi sempre sotto ai 90 €/MWh nel resto della giornata. Un’attesa boccata di sollievo, peraltro di breve durata, visto che già oggi, 24 settembre, il vento è calato e i prezzi si stanno rialzando.

C’è da sperare che la mazzata del costo del metano, faccia riflettere i tedeschi sulla saggezza di aver costruito un nuovo gasdotto diretto dalla Russia, il controverso North Stream, tanto più che dietro all’aumento di prezzo c’è anche chi vede la manina di Putin, che lesina il gas russo, per tenerne alti i prezzi e far capire agli europei come la chiave dell’energia del continente ce l’abbia lui.

Contrariamente a quanto possono sperare i nuclearisti, neanche la Francia è rimasta indenne dal recente aumento dei prezzi dell’elettricità, nonostante il 70% dell’elettricità in quel paese arrivi dall’atomo, mentre il gas copre solo circa il 10% del totale, cioè più o meno la metà delle rinnovabili.

Il problema francese è che negli anni scorsi i costi extra di manutenzione per guai imprevisti e i pesanti aggiornamenti da parte della Corte dei Conti francese del “tesoretto” che Électricité de France (Edf) doveva mettere da parte per il futuro smantellamento delle centrali, avevano già fatto rialzare notevolmente il costo del MWh nucleare transalpino.

E ora, il decuplicarsi del prezzo del gas naturale in un anno, nonostante la sua quota marginale, ma indispensabile per coprire i consumi, va ad influire notevolmente sul costo finale dell’elettricità, insieme all’import di costosissimi kWh dalla Germania, per certi versi incomprensibile, se non nell’ottica di accordi pregressi.

Il risultato è che il prezzo del MWh elettrico francese non si distacca ormai molto da quelli del resto d’Europa: per esempio, il 22 settembre è passato da un minimo di 94 € a un massimo di 195 €, mentre il prezzo tedesco è passato da 100 a 200, quasi un parallelo.

E visto che non ha né molto eolico, né molto solare per sfruttare in chiave di riduzione dei costi i momenti di abbondanza di queste fonti, il 23 settembre, quando il vento ha sferzato il nord Europa, la Francia ha subito l’onta di vedere il prezzo della sua, un tempo economica, elettricità, superato al ribasso da quella tedesca: oscillazione di prezzo di 70-190 €/MWh per quella francese, di 0,12-150 €/MWh per la tedesca.

Insomma, sarà scontato dirlo, e certo poco consolatorio quando cominceranno ad arrivare gli aumenti in bolletta: mal comune, mezzo gaudio… ma intanto pensiamo ad installare più rinnovabili possibile.

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