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L’industria italiana all’avanguardia nella rivoluzione delle smart grid

Il boom delle rinnovabili non progammabili ha bisogno di smart grid. Ma in cosa consiste concretamente la rivoluzione delle smart grid, quali saranno gli attori e le tecnologie e quando avverrà? Una doppia intervista a Michele De Nigris di RSE e a Fabio Zanellini di ANIE Energia. Se ne parlerà anche in due convegni a Solarexpo-The Innovation Cloud 2015.

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Smart Grid, smart grid, smart grid. Da un po’ di tempo non si parla d’altro, sembra che la “rete intelligente” sia una sorta di Messia che risolverà ogni problema di integrazione delle rinnovabili non programmabili, come eolico e solare, nella rete elettrica. Ma, in pratica, in cosa dovrebbe consistere questa rivoluzione, chi ne saranno gli attori, quali le tecnologie, in quali tempi si manifesterà?

Lo abbiamo chiesto a due dei massimi esperti del settore in Italia, che interverranno l’8 aprile a Solarexpo-The Innovation Cloud su questo tema: l’ingegner Michele De Nigris, responsabile del dipartimento Sostenibilità e Fonti Energetiche dell’RSE, la costola del GSE che si occupa di ricerca sul sistema elettrico, e l’ingegner Fabio Zanellini, responsabile commissione sistemi di accumulo e gruppo smart grid di Anie, la sezione di Confindustria che si occupa di industrie elettriche. 

Il convegno “Smart Grids Italia: il sistema sistema industriale italiano per le smart grid” (programma, pdf), che si svolgerà domani 8 aprile dalle ore 14,30 alle 18, ha lo scopo di raccontare un possibile “sistema” tra  le imprese italiane ai fini di proporre sul mercato nazionale ed estero prodotti e soluzioni modulari interoperabili. Sempre sullo stesso tema, venerdì 10 aprile si svolgerà poi il convegno “Le Smart Grid in Italia: progetti pilota per uno sviluppo su larga scala” (programma, pdf).

«Vediamo prima di tutto – dice De Nigris – perché serve oggi una smart grid in Italia. Negli ultimi 5 anni abbiamo aggiunto alla generazione elettrica una quantità incredibile di fonti rinnovabili non programmabili, quasi 20 GW solo di fotovoltaico. Per gestire questo crescente afflusso di elettricità fortemente variabile, i metodi convenzionali di bilanciamento della rete, che consistono essenzialmente nel regolare la potenza delle centrali programmabili, termiche e idroelettriche, per mantenere in equilibrio domanda e offerta, possono non bastare più. Occorre introdurre elementi nuovi di flessibilità nella rete: questa è la smart grid. Si può agire sulla generazione, regolando l’offerta delle fonti rinnovabili, tramite accumuli o sistemi di controllo elettronici, o si può agire sulla domanda, facendola salire e scendere in funzione delle necessità di bilanciamento. È chiaro che il primo metodo è il più semplice e immediatamente attuabile, perché si va ad agire su pochi impianti, mentre il secondo presuppone la gestione dell’assorbimento da parte di migliaia o milioni di utenti».

Ma si è già cominciato a creare questa smart grid?

In Italia in anticipo sugli altri paesi, alcuni aspetti della smart grid sono già operativi, come le interfacce che hanno dovuto installare i grandi impianti a fonti rinnovabili negli anni scorsi: la quasi totalità di quelli sopra i 50 kW le ha già. Queste interfacce permettono di modulare in tempo reale la loro potenza in funzione delle esigenze della rete, anche su piccola scala.

Ma visto che l’unico modo per ‘modulare’ la potenza delle rinnovabili è quella di ridurla, non potendola aumentare a volontà, per ora la smart grid italiana sembra consistere essenzialmente in una penalizzazione delle rinnovabili …

Al contrario. L’alternativa a quelle interfacce sarebbe stata il puro e semplice distacco degli impianti dalla rete. Quindi, questo lato della smart grid ha non solo semplificato il lavoro di bilanciamento ed evitato costi aggiuntivi dovuti a un eccessivo lavoro di compensazione del termoelettrico, ma ha anche evitato perdite di produzione molto più massicce a carico degli impianti a fonti rinnovabili non programmabili.

Chiediamo a Zanellini: Prima di aggiungere tecnologie, non si farebbe prima e meglio utilizzando i sistemi di accumulo già esistenti, come i pompaggi idroelettrici, per queste regolazione ‘lato produttori’?

È un tema molto delicato e complesso. In effetti in Italia esiste già una consistente potenza installata in impianti di pompaggio, ma il fatto che siano sempre meno utilizzati indica che l’attuale architettura del mercato elettrico richiede una revisione: chi possiede questi impianti deve ricevere segnali economici più efficaci per contribuire maggiormente al bilanciamento. Inoltre bisogna tenere conto che i pompaggi idroelettrici sono generalmente impianti di grossa taglia, non adatti a risolvere problemi di rete su media o piccola scala. L’esigenza di bilanciamento del sistema potrà forse trovare anche una risposta nell’uso di batterie, gestite da un soggetto terzo che venda servizi di bilanciamento al sistema.

E veniamo allora al secondo corno della smart grid: quello del lato domanda. De Nigris ci risponde così:

L’idea è quella di introdurre in tutti i sistemi elettrici usati nelle case, nel terziario o nelle industrie, ad esempio elettrodomestici, condizionatori, pompe di calore, eccetera, la possibilità di comunicare con un operatore designato, in modo che questi possa modulare la loro potenza, e regolare in modo fine la domanda di elettricità.

Ma che interesse avrebbe l’utente a comprare elettrodomestici che qualcun altro può controllare a distanza?

In futuro – spiega Zanellini – si assisterà a un maggior utilizzo di energia elettrica, tramite la diffusione di auto elettriche, pompe di calore, fornelli a induzione, eccetera. I consumi elettrici quindi saliranno e diventeranno una parte via via crescente del budget famigliare. Al tempo stesso diverranno disponibili tecnologie per il demand response, cioè la possibilità dell’utente di variare il proprio uso di elettricità al variare della tariffa, per esempio rimandando l’uso della lavatrice o abbassando la potenza del condizionatore. Visto che la tariffa elettrica sarà in buona parte proporzionale alla domanda complessiva sulla rete, il demand response sposterà i carichi fra i vari momenti della giornata, bilanciandoli. Naturalmente non sarà l’utente a dover gestire il carico in prima persona: a pensarci saranno sistemi domotici che dialogheranno, via internet o tramite onde convogliate nelle rete elettrica, con un aggregatore che invierà al sistema digitale i prezzi attuali e previsti del kWh, permettendogli di ottimizzare i consumi.

Ing. Zanellini, i sistemi di accumulo avranno una parte in tutto questo?

Certo, sia, ovviamente, per massimizzare l’autoconsumo da fonti rinnovabili, sia come ‘tampone’ da usare in casa per evitare di sforare la potenza massima disponibile. Mi spiego: la futura tariffa elettrica, probabilmente, sarà molto più spostata sulle cosiddette componenti fisse, come gli oneri di rete, che saranno legate a caratteristiche come la potenza massima disponibile per l’utente. Un sistema di accumulo potrebbe aiutare a ridurre i picchi di potenza richiesti alla rete ed evitare distacchi o bollette salate. Interessante notare che anche qui, invece di avere migliaia di piccoli sistemi di accumulo, potrebbero apparire ‘venditori di storage’, a livello condominiale o di quartiere, che servono i singoli utenti. Ma per far questo occorrerà che i prezzi delle batterie scendano di molto e che si adeguino le norme dei SEU, che oggi impediscono a un fornitore di energia rinnovabile di avere più acquirenti. Insomma, al progresso tecnologico, si dovrà affiancare quello normativo e regolatorio, altrimenti andremo poco lontano.

Tutto questo, però, sembra molto futuribile: prima che si abbia una sufficiente massa critica di utenze attrezzate, da incidere sul bilanciamento della rete, passeranno decenni …

Non tanto futuribile – risponde De Nigris – se si  pensa che si sta già per concludere la prima sperimentazione di otto progetti di smart grid, di cui uno con accumuli, promossi in varie parti d’Italia dalla Autorità: i risultati saranno noti fra pochi giorni. E anche a livello più generale le cose si stanno già muovendo: si stanno definendo le caratteristiche dei contatori elettronici di seconda generazione Entro pochi anni questi strumenti permetteranno non solo l’invio di dati dall’utente all’utility, ma anche l’invio di messaggi e dati all’utente, così da renderlo consapevole dei suoi consumi o comunicare con il suo sistema domotico. Inoltre quasi tutti gli elettrodomestici moderni, hanno già, o sono predisposti, per sistemi wi-fi utilizzabili per il loro controllo da remoto.

«E teniamo conto – aggiunge Zanellini -che fra i grandi consumatori elettrici e quelli domestici ce ne sono tantissimi intermedi: piccole industrie, artigiani, supermercati, ospedali, eccetera. Saranno questi i destinatari delle prime offerte di sistemi di smart grid, che ottimizzeranno il loro uso di elettricità in funzione della domanda e quindi della tariffa momentanea. Da loro, poi, si passerà alle famiglie, così che tutti gli utenti, fra qualche decennio, diventeranno ‘piccoli bilanciatori della rete’.

De Nigris, ma l’industria italiana è pronta per questa rivoluzione?

Non solo è pronta, ma è all’avanguardia. Il nostro paese, infatti, come dicevo prima, ha dovuto affrontare questi problemi prima degli altri, e ha già creato soluzioni. Il problema, al solito, è che le tante piccole realtà produttive italiane vanno avanti ognuna per conto proprio, senza coordinarsi. Per questo RSE sta portando avanti il programma SmartgridItalia, volto a creare standard per far dialogare fra loro i vari dispositivi italiani per smart grid, e renderli adatti al mercato internazionale. Se ci riusciremo, saremo in pole position quando altri paesi, fra pochi anni, cominceranno ad avere i nostri stessi problemi di bilanciamento della rete dovuti alle rinnovabili non programmabili e chiederanno quelle soluzioni che noi avremo già pronte.

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