Trasporto dell’idrogeno, non c’è una soluzione ideale per tutti gli scenari

La convenienza economica della distribuzione dell’idrogeno dipende da molti fattori, come distanza, quantità, uso finale e presenza o meno di infrastrutture già disponibili. Uno studio della Commissione europea.

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Non esiste un’unica soluzione ottimale per la distribuzione dell’idrogeno in ogni scenario di dispacciamento.

Il modo più conveniente per consegnare idrogeno rinnovabile dipende dalla distanza, dalla quantità, dall’uso finale, e dalla presenza o meno di infrastrutture già disponibili.

È questa in estrema sintesi la conclusione cui è arrivato uno studio della Commissione europea su come meglio far arrivare l’idrogeno pulito là dove più potrebbe servire.

La strategia energetica europea, infatti, assegna all’idrogeno un ruolo importante, almeno sulla carta, e dalla maggiore o minore difficoltà e relativa economicità del suo trasporto dipenderà in gran parte il suo grado di effettiva diffusione in Europa, anche attraverso l’importazione da paesi più o meno vicini.

Si tratta, insomma, di capire se e in che misura sia conveniente produrre idrogeno rinnovabile tramite elettrolisi dove l’elettricità fotovoltaica ed eolica è più a buon mercato. E se poi abbia economicamente ed energeticamente senso trasportare l’idrogeno al cliente, oppure se sia meglio produrre l’idrogeno rinnovabile direttamente in prossimità del sito dove c’è la domanda, indica lo studio.

Nel caso in cui si stabilisca che ha senso trasportare l’idrogeno, una seconda questione aperta è quanto lungo possa essere il percorso affinché il costo dell’idrogeno rimanga competitivo, rispetto all’idrogeno prodotto localmente; così si legge nel rapporto del Joint Research Centre della Commissione europea, consultabile dal link in fondo a questo articolo.

Casi esemplificativi

Per studiare la situazione, i ricercatori hanno preso in considerazione due casi esemplificativi.

Il caso A, basato sulla consegna di un milione di tonnellate di idrogeno rinnovabile l’anno a un singolo cliente industriale, attraverso una conduttura dedicata, di 2.500 km.

Il caso B, consistente nella consegna di 100.000 tonnellate di idrogeno rinnovabile l’anno a una rete di 270 stazioni di rifornimento, ognuna con una capacità di erogazione di una tonnellata di idrogeno al giorno. Il primo tratto del percorso è simile al caso A (2.500 km), poi l’idrogeno viene ulteriormente distribuito, entro un raggio di 500 km, attraverso una combinazione di collegamenti ferroviari e stradali.

Le modalità considerate di veicolare l’idrogeno sono: idrogeno compresso, idrogeno liquefatto e vettori chimici dell’idrogeno (ammoniaca) e vettori di idrogeno organico liquido (LOHC).

Il metanolo non è considerato perché viene emessa CO2 quando lo si produce e compensare queste emissioni attraverso la cattura del carbonio usato per fare il metanolo aumenta notevolmente i costi rispetto a tutte le altre opzioni qui considerate, precisa lo studio.

Come vedremo, lo stato in cui l’idrogeno viene trasportato, o “imballato“, cioè compresso, liquefatto o sotto forma di vettore chimico, e soprattutto la sua successiva riconversione, o “disimballaggio” in idrogeno gassoso purificato a una pressione adatta al suo uso finale, hanno un grosso impatto sul costo dell’idrogeno.

Sempre in tema di costi, parlando di idrogeno verde, è essenziale sapere anche il costo dell’elettricità che alimenta l’elettrolisi. All’interno di una gamma di prezzi compresa fra 10 e 50 euro al MWh, un aumento di 10 euro per MWh aggiungerebbe 0,5 euro per kg di H2 ai costi di produzione dell’idrogeno, hanno indicato i ricercatori.

In questo studio, non è stata considerata la miscelazione dell’idrogeno con il gas naturale come un mezzo adatto a forniture di idrogeno su larga scala. Si suppone, infatti, che non si possa garantire che l’idrogeno fornito dal produttore raggiunga il consumatore su lunghe distanze, nelle quantità richieste e a costi comparabili con altre opzioni di trasporto.

Conclusioni

Lo studio evidenzia che, per distanze compatibili con il territorio europeo, soluzioni di idrogeno compresso e liquefatto, e soprattutto gasdotti di idrogeno compresso, offrono costi inferiori rispetto a dei vettori chimici, come l’ammoniaca.

La riconversione di metanodotti già esistenti per veicolare l’idrogeno dovrebbe abbassare significativamente i costi di consegna, rendendo l’opzione del gasdotto ancora più competitiva in futuro, secondo lo studio.

Al contrario, i vettori chimici diventano più competitivi quanto più lunga è la distanza di consegna, a causa dei loro minori costi di trasporto. Prodotti come l’ammoniaca potrebbero quindi aprire le porte all’importazione da fornitori situati, per esempio, in Cile o in Australia, secondo lo studio.

Poiché il disimballaggio dei vettori chimici rappresenta una quota significativa del loro costo totale, soprattutto a causa dell’alta richiesta di energia e al fatto che gli impianti di disimballaggio saranno probabilmente situati in luoghi con prezzi dell’elettricità relativamente alti, l’ottimizzazione dei processi di disimballaggio avrà un ruolo chiave per aumentare la competitività di “veicoli” come l’ammoniaca, secondo lo studio.

Anche a fronte di costi di produzione dell’idrogeno rinnovabile molto bassi, di 1,5-3,5 euro al kg, l’ulteriore aggravio dei costi di consegna dell’idrogeno al suo prezzo finale non è trascurabile.

Tuttavia, i costi di consegna possono essere abbastanza convenienti da rendere competitive le importazioni di idrogeno rinnovabile da luoghi di produzione più economici, in particolare nel caso di un singolo percorso di consegna dal punto di produzione al punto di consumo.

Al contrario, per una rete di consumatori distribuiti, il costo di consegna dell’idrogeno può rappresentare la quota più alta del prezzo totale dell’idrogeno. In questi casi, con limitate risorse energetiche rinnovabili e con prezzi più alti dell’elettricità pulita, la produzione di idrogeno in loco può essere più competitiva dell’idrogeno importato, fatto eventualmente salvo il caso accennato sopra di consegna totale tramite gasdotto, secondo lo studio.

Incertezze

Una delle principali sfide per la consegna di grandi quantità di idrogeno rinnovabile è l’attuale mancanza di infrastrutture, come per esempio impianti di liquefazione, cracking dell’ammoniaca o soluzioni di deidrogenazione LOHC, sia in termini di numero che di dimensione delle strutture.

Si tratta di una sfida tanto più rilevante quanto più si considera la domanda di idrogeno rinnovabile che l’UE potrebbe avere, almeno sulla carta, nei prossimi anni, secondo quanto delineato nella Strategia europea per l’idrogeno.

C’è un livello significativo di incertezza tecnica nelle stime, hanno sottolineato i ricercatori. In primo luogo, ad oggi, ci sono pochi esempi funzionanti di alcuni dei processi esaminati, quindi i dati sono scarsi. In secondo luogo, la scala di questi prototipi è piccola, tanto che gli autori dello studio hanno definito “semiquantitative” le stime dei costi per le opzioni di trasporto dell’idrogeno considerate.

Questo studio si è concentrato principalmente sui costo di consegna dell’idrogeno. Ma, come gli stessi autori sottolineano, si deve tenere conto anche dei costi relativi all’uso dell’idrogeno come combustibile, che possono rendere l’idrogeno scarsamente competitivo rispetto ad altre soluzioni, come accennato in precedenti articoli.

E bisognerà tenere conto anche delle perdite di idrogeno lungo la catena logistica, per esempio il cosiddetto boil-off, cioè la “evaporazione” dell’idrogeno liquefatto, che avviene normalmente nelle navicisterna e che, da sola, può incidere per ben oltre la metà del costo di trasporto dell’idrogeno, facendolo lievitare a circa 3,75 dollari complessivi al kg, da aggiungersi ai costi di produzione, rischiando di rendere l’idea di importazioni via nave anche da luoghi non lontanissimi più una chimera che una reale possibilità.

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