Teresa Ribera, gli attacchi della destra su Valencia oscurano il Green Deal

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Cosa è successo nell'audizione della candidata spagnola alla vicepresidenza esecutiva della Commissione Ue, con incarico alla Transizione pulita, giusta e competitiva.

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Quella di Teresa Ribera è stata l’audizione più contestata tra quelle dei commissari designati a formare la nuova squadra di governo Ue di Ursula von der Leyen.

Ribera è la candidata della Spagna a diventare una delle figure più importanti nei prossimi anni a Bruxelles: vicepresidente esecutiva della Commissione europea con l’incarico principale di guidare una Transizione pulita, giusta e competitiva.

In sostanza, sarebbe lei a tenere le fila del Green Deal e orchestrare la politica climatica del vecchio continente, influenzando diversi settori, dall’energia ai trasporti, passando per l’ambiente, il commercio internazionale e le attività industriali.

Ma a tenere banco, ieri 12 novembre, sono state le accuse contro di lei provenienti dagli eurodeputati spagnoli di destra e ultra-destra, che hanno sfruttato l’audizione per criticare il governo spagnolo su come ha gestito le devastanti inondazioni di Valencia, accusando Ribera e il primo ministro Pedro Sanchez di “incompetenza”.

L’eurodeputato Jorge Buxade Villalba (Vox/PfE) le ha rinfacciato che “non dovresti essere nella Commissione europea, dovresti essere in tribunale” e molte critiche sono arrivate anche da esponenti di destra nell’ambito del PPE.

Con ogni evidenza, è stato un tentativo di sviare l’attenzione dalle critiche al governatore regionale Carlos Mazòn (di centrodestra) per come ha affrontato la crisi a Valencia, osserva il sito web Politico nella sua analisi dell’audizione.

Ciò che è accaduto conferma, ancora una volta, quanto sia divisivo il tema dei cambiamenti climatici e delle politiche per la transizione energetica, che la destra continua a usare a suo vantaggio per attaccare gli altri partiti (socialisti e verdi in primis), senza voler affrontare discussioni nel merito dei problemi e delle possibili soluzioni, come le misure di prevenzione dei disastri naturali e di adattamento agli eventi meteo estremi.

Per quanto riguarda la sua agenda da commissaria Ue (se sarà confermata), Ribera, si legge nel resoconto dell’agenzia Euractiv, ha mostrato una certa apertura alla possibilità di estendere il mercato Ue della CO2 (ETS, Emissions Trading Scheme) alle cosiddette “emissioni negative”, cioè le tecnologie che consentono di rimuovere la CO2, come la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica.

Ribera, evidenzia una nota del Parlamento Ue, ha poi confermato la linea già espressa da altri commissari designati, in particolare l’impegno a fissare l’obiettivo di ridurre del 90% le emissioni Ue al 2040, rispetto ai livelli del 1990.

Anche sul fronte automobilistico, ha ribadito che il percorso rimarrà quello tracciato dal regolamento che vieta de facto la vendita di nuove auto termiche dal 2035.

Quando i membri del Parlamento l’hanno interrogata sul ruolo dell’energia nucleare, la candidata spagnola ha scelto una risposta generica e di compromesso, affermando che le decisioni sul mix energetico sono responsabilità degli Stati membri.

Da segnalare poi anche l’audizione, sempre ieri 12 novembre, del francese Stéphane Séjourné, candidato alla vicepresidenza esecutiva con un portafoglio sulla Strategia industriale europea.

Nel suo intervento ha parlato anche di come rilanciare la filiera Ue del fotovoltaico, evidenzia un commento di SolarPower Europe (SPE), che accoglie con favore il suo messaggio secondo cui la produzione di tecnologie per il solare in Europa “è di importanza strategica”.

Tuttavia, sottolinea l’associazione, “il signor Séjourné non ha ancora proposto nessuna delle nuove misure concrete di cui c’è urgente bisogno, come uno strumento di finanziamento dell’Ue” dedicato alla produzione europea di componenti FV. Come afferma il commissario designato, conclude SPE, “gli importanti progetti di comune interesse europeo sono uno strumento efficace, ma necessitano di una governance semplificata e più rapida: due anni sono troppi per convalidare un Ipcei”.

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