Lo stop al gas russo, le restrizioni sul combustibile nucleare e un maggior coordinamento a livello europeo sono stati i temi al centro del consiglio Energia che si è tenuto ieri in Lussemburgo tra i ministri di settore dei Paesi membri dell’Ue.
I rappresentanti hanno discusso delle azioni chiave per eliminare completamente le fonti energetiche di Mosca dai mercati dell’Ue.
Le sanzioni alla Russia
La maggior parte delle delegazioni ha accolto con favore le richieste per ridurre gradualmente la dipendenza dalla Russia. Le principali opposizioni sono state mosse da Ungheria e Slovacchia, due Paesi in regime di forte dipendenza dal gas di Mosca.
Diversi Paesi, riporta il Consiglio europeo in una nota, hanno contemporaneamente sottolineato la necessità di incrementare gli investimenti nelle rinnovabili, nelle interconnessioni e nelle infrastrutture di rete e di stoccaggio.
Le proposte della Commissione europea per la completa messa al bando del gas russo all’interno dell’Unione europea includono il divieto immediato di stipulare nuovi contratti tra i Paesi membri e la Russia.
Gli accordi a lungo termine esistenti dovranno essere gradualmente rescissi entro il 1 gennaio 2028 e quelli a breve termine, sia per il gas che per il Gnl, dovranno essere risolti entro il 2026.
Secondo una bozza del documento contenente le nuove sanzioni, visionata da Politico, anche il gas che arriva nell’Ue attraverso la Russia, ad esempio attraverso i punti di interconnessione in Serbia, sarà considerato gas russo, salvo prova contraria. Una documentazione chiara dovrà infatti dimostrare che proviene da un’altra fonte.
L’orientamento della maggioranza dei membri del Consiglio ha incontrato come detto l’opposizione di Ungheria e Slovacchia. Il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, ha fatto sapere che se la Commissione europea dovesse vietare le importazioni di petrolio, gas e combustibile nucleare russi, Budapest potrebbe interrompere le forniture di elettricità all’Ucraina.
Ha inoltre aggiunto di ritenere “assolutamente inaccettabile” la risoluzione “nel contesto del conflitto militare tra Israele e Iran, che può rappresentare una minaccia per la sicurezza energetica a livello globale”.
Il rinvio sul combustibile nucleare
Sul combustibile nucleare russo la Commissione europea ha fatto sapere al Consiglio che non proporrà ancora, per questa settimana, le attese misure commerciali (che riguardano principalmente l’uranio arricchito) per rendere le importazioni da Mosca meno attraenti e incoraggiare i Paesi a rivolgersi ad altri fornitori.
“Anche questo arriverà, ma nella prima fase ci concentreremo sul gas”, ha spiegato Dan Jorgensen, commissario Ue per l’Energia, senza specificare una data per la presentazione delle proposte.
Lo scorso anno l’Unione europea ha speso circa 1 miliardo di euro per importare combustibile nucleare. Cinque Paesi membri (Bulgaria, Repubblica Ceca, Finlandia, Ungheria e Slovacchia) dispongono di reattori di progettazione russa predisposti per funzionare con combustibile proveniente da Mosca.
La posizione italiana sui biocarburanti
Nel corso del Consiglio l’Italia, oltre ad aver ufficializzato il suo ingresso nell’Alleanza Ue per il nucleare (ne abbiamo scritto in L’Italia nell’alleanza europea per il nucleare: una scelta sbagliata), ha portato avanti le proprie istanze sui biocarburanti.
“Crediamo molto nella loro efficacia e riteniamo che tale potenziale sia uno dei punti fermi della nostra strategia climatica per l’abbattimento delle emissioni anche nei trasporti stradali”, ha detto il titolare del Mase, Gilberto Pichetto Fratin, intervenendo in Lussemburgo.
“Ci auguriamo – ha aggiunto – che la nostra visione sui biocarburanti, basata su un approccio scientifico e rigoroso e sul ruolo che essi possono svolgere anche in futuro, venga condivisa dalla Commissione europea”.
Anche la strada dei biocarburanti costituisce però una soluzione con diverse criticità, per due motivi principali.
Anzitutto perché non si tratta di una soluzione a impatto zero visto che le colture necessarie alla produzione hanno bisogno di arature, fertilizzanti, pesticidi e lavorazioni industriali, spesso alimentate con energia fossile. Poi per via del massiccio cambio d’uso dei suoli propedeutico a una produzione su ampia scala, incompatibile con le esigenze attuali, ad esempio per la produzione di cibo.
Una “Unione dell’Energia”
A margine del Consiglio, la Commissione europea e la Presidenza polacca hanno istituito la task force “Unione dell’Energia”, che sarà composta da “rappresentanti di alto livello” della Commissione europea e degli Stati membri, con l’obiettivo di promuovere una migliore cooperazione sulle principali questioni di politica energetica comunitaria.
Descritta nel “Piano d’azione per l’energia accessibile” (si veda Industrie pulite e costi dell’energia, ecco i piani di Bruxelles) all’inizio di quest’anno, la task force si propone di:
- ottimizzare l’uso delle infrastrutture energetiche;
- accelerare l’interconnettività tra i Paesi membri;
- migliorare il coordinamento della pianificazione della rete e del sistema energetico;
- supportare il monitoraggio delle azioni nazionali per l’attuazione del Piano d’azione;
- discutere di ambiti di interesse comune relativi all’attuazione della legislazione energetica dell’Ue.
Riceverà il supporto delle istituzioni e agenzie comunitarie competenti, come la Banca europea per gli investimenti (Bei) e l’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia (Acer). La prossima riunione della task force, prevista per l’inizio di settembre, sarà la prima occasione ufficiale per discutere i primi punti strategici concreti.