Scelta e installazione delle mini turbine eoliche

  • 27 Febbraio 2012

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1. INTRODUZIONE

L’impiego delle mini e micro turbine eoliche si inquadra all’interno dell’uso sempre maggiormente diffuso dei sistemi di produzione di energia elettrica distribuita e delle reti elettriche periferiche. La produzione distribuita presenta, in linea di principio, molteplici vantaggi:

• consente di utilizzare diverse fonti di energia, anche disponibili in momenti diversi
• fornisce possibilità di scelta al consumatore
• consente un maggiore controllo dei costi energetici
• offre possibilità di occupazione e creazione di professionalità nelle aree urbane e rurali

L’associata presenza di reti periferiche consente, a livello di sistema elettrico, di ottenere potenzialmente i seguenti vantaggi:

• aumento della disponibilità tecnica della rete elettrica
• riduzione della necessità di ripotenziamento delle reti esistenti
• aumento della qualità dell’energia fornita
• la rete riveste il ruolo di accumulatore energetico livellando gli inevitabili sfasamenti temporali di offerta e domanda di energia

All’interno dei sistemi di generazione di energia elettrica di piccola (1 kW < P < 100 kW) e piccolissima potenza (< 1 kW) l’energia eolica ‘compete’ con altri sistemi, quali l’idroelettrico, il fotovoltaico, le biomasse e il geotermico, con i quali tuttavia è possibile e auspicabile un uso sinergico. L’energia eolica capta infatti energia cinetica attraverso sistemi (le turbine) che non interferiscono con l’uso del territorio e ne richiedono un’occupazione minimale.
Le miniturbine eoliche presentano una grande varietà di soluzioni tecnologiche con architetture dei rotori, treni elettromeccanici e schemi di controllo di concezione molto diversa.
Il numero di tipologie presenti sul mercato del minieolico è di gran lunga superiore a quella delle turbine di grande taglia utilizzate nei parchi eolici: si spazia dalle turbine ad asse orizzontale a quelle ad asse verticale, funzionanti a giri fissi o variabili e con diverse tipologie di generatori elettrici (ad induzione, a magneti permanenti, ecc.). 

Queste turbine si prestano ad una grande varietà di possibili installazioni, da quelle standard in campo aperto, del tutto simili a quelle delle macchine di grande taglia, a quelle adiacenti ad abitazioni, centri industriali, dette applicazioni urbane o sub-urbane, fino a quelle sugli edifici che rappresentano la recente frontiera dell’applicazione del microeolico legato all’auto-generazione per edifici ad elevata classe di certificazione energetica. Ognuna di queste applicazioni richiede la scelta di turbine adatte al caso specifico e attente valutazioni sulle modalità di installazione.
A discapito infatti delle ridotte dimensioni, le mini turbine presentano complessità tecniche analoghe a quelle di taglia maggiore e, per taluni aspetti, criticità maggiori. Una tipica è rappresentata dal fatto che le mini turbine normalmente operano nei cosiddetti contesti sub-urbani, ovvero in adiacenza ad abitazioni, centri residenziali, centri agricoli o industriali. Queste condizioni si traducono in potenziali problemi legati alla generazione di rumore e alla capacità di estrarre potenza in maniera efficiente alle basse velocità del vento, poiché esse risentono particolarmente degli effetti degli ostacoli e delle scie da essi prodotte. La corretta collocazione sul sito prescelto (siting) è di conseguenza fondamentale per un efficace successo delle installazioni.

La turbina eolica, anche quando si tratta di una macchine di piccola potenza, andrebbe considerata come un sistema complesso, costituito dalla macchina (la turbina), dall’ambiente (il vento e il microclima locale), dall’utenza, ovvero l’uso finale a cui è destinata e, infine, dal contesto normativo entro cui essa trova spazio. Solo tenendo in considerazione tutti questi sottosistemi si può pervenire ad un’installazione efficace sia dal punto di vista ambientale-paesaggistico che energetico-economico. 
Sebbene il mercato presenti molti modelli commerciali, sul versante delle prestazioni risulta difficile ottenere, da molti costruttori, dati affidabili sulla potenza o indicazioni certe sull’energia elettrica ricavabile o sui valori di emissione acustica, per cui attualmente, a discapito delle potenzialità della tecnologia, le scelte a cui l’utilizzatore va incontro possono presentare dei margini di aleatorietà e incertezza che devono essere ben compresi e risolti. A questo scopo viene presentata di seguito una revisione critica di alcuni aspetti fondamentali.
 

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2. CLASSIFICAZIONE

Con il termine turbine di piccola taglia si intende una classe piuttosto eterogenea di macchine eoliche, con potenze comprese da poche decine di Watt a decine di kW e dimensioni molto diverse come riportato in figura 1.

Non esiste una classificazione generale universalmente riconosciuta delle turbine di piccola taglia, tuttavia ai fini delle implicazioni a livello progettuale, è utile riferirsi ai limiti di taglia individuati dalle norme di riferimento, le IEC 61400-2, (Design Requirement for Small Wind Turbines). Esse, come sinteticamente riportato dalla tabella 1, adottano la superficie spazzata dalle pale come limite di classificazione e indicano due valori: quello di 2 m2 e di 200 m2. Il limite di 2 m2 riguarda le turbine di piccolissima potenza (generalmente inferiori a 800-1000 W) che presentano quindi un diametro equivalente (per le macchine ad asse orizzontale) pari a 1,6 m circa.
Al di sotto di questo valore va effettuato il progetto e la verifica strutturale del solo rotore ad esclusione della torre di sostegno, mentre al di sopra va effettuata anche la verifica di quest’ultima utilizzando regole semplificate.
Il secondo limite importante riguarda il valore dell’area della superficie spazzata di 200 m2 (circa 16 m di diametro). Al di sopra di esso vanno impiegati, per il progetto della turbina, i metodi propri delle turbine di grande taglia, con le evidenti implicazioni in termini di complessità e costi.     

La norma IEC 61400-2, (Design Requirement for Small Wind Turbines) è stata recepita anche sul territorio nazionale come CEI-CENELEC e ha validità a tutti gli effetti. Rispetto al passato, la norma ha introdotto nuove verifiche, o ne ha reso altre meno generiche, avvicinando le metodiche di progetto a quelle dei generatori di grande taglia.
Di conseguenza si ritiene opportuno che la classificazione delle turbine avvenga non più sulla base di regole arbitrarie, ma sulla base dell’area spazzata per l’effetto che questo ha sul progetto, sul dimensionamento e quindi sui costi delle strutture. Inoltre l’area spazzata, essendo correlabile con il lavoro elettrico raccolto dalla macchina, assume un rilevante significato energetico-economico.
Per indicare tuttavia alcuni numeri che possono correlare l’area spazzata con i valori, più famigliari, della potenza, si consideri che la potenza specifica delle macchine di piccola taglia commercialmente varia da circa 80 a 500 W/m2, per cui, stante il limite di 200 m2, si indicano qui con macchine di piccola potenza, macchine con potenze di targa massima di circa 80-100 kW. Oltre questa taglia indicativa da modelli di calcolo e verifica semplificati, è richiesto l’uso di codici aeroelastici.   
 

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3. TIPOLOGIE ED ASPETTI TECNOLOGICI

Con il termine turbina eolica si indica una macchina che trasforma l’energia cinetica (energia di tipo meccanico) del vento in lavoro meccanico. Quest’ultimo può essere poi convertito in lavoro elettrico accoppiando all’albero del rotore della turbina un generatore elettrico, soluzione che rappresenta oggi la quasi totalità delle applicazioni. Il lavoro elettrico può essere poi immesso in una rete locale (anche costituita da una singola utenza o da piccole reti in isola) o messo a disposizione come energia elettrica in reti interconnesse. La dicitura “mulino eolico” è quindi non pertinente per le moderne macchine poiché si riferisce a macchine puramente meccaniche per la macinatura azionate dal vento, come pure la definizione “pala eolica”, così usata nel linguaggio comune, che indica a rigore solo un suo componente, ovvero l’elemento aerodinamico del rotore.
Come accennato nell’introduzione, nella classe delle turbine eoliche di piccola taglia rientrano molte tipologie costruttive. Basti pensare che esistono molte centinaia di brevetti depositati, ovvero concetti cui è stata riconosciuta una patente di innovazione rispetto allo stato dell’arte.
Poche di queste tipologie innovative hanno avuto un risultato commerciale significativo, complici le ancora ridotte opportunità di un mercato difficile, ma specialmente il fatto che le uniche soluzioni che hanno séguito pratico sono quelle tecnicamente semplici, affidabili ed economiche.

Figura 2 – Principi di funzionamento delle turbine eoliche

Un’osservazione più attenta di tutte queste soluzioni indica che esse fanno in realtà capo a poche tipologie fondamentali presentate con varianti più o meno efficaci. Dal punto di vista funzionale possiamo infatti raggruppare tutte le turbine in tre classi basandosi sul principio fisico che aziona il rotore: le turbine operanti prevalentemente sul principio della portanza aerodinamica, della resistenza aerodinamica (trascinamento) o un misto delle due.
In figura 2 si riportano le due forze aerodinamiche principali che agiscono sulle pale: la portanza e la resistenza. Per sfruttare la portanza si ricorre a profili aerodinamici che nel funzionamento della turbina realizzano forze di portanza molto superiori a quello di resistenza (almeno uno o due ordini di grandezza), nel secondo caso si impiegano lastre piane o curve dove è la spinta creata dalla resistenza aerodinamica a prevalere. A seconda di questa scelta il campo funzionale e le architetture dei rotori che ne derivano è molto differente. Infatti, sempre con riferimento alla figura 2 nel primo caso si ottengono valori della velocità di traslazione (U) della pala maggiori rispetto alla velocità del vento V (macchine veloci) e si generano di conseguenza rotori con poche pale di ridotta dimensione trasversale, nel secondo casi di ottengono valori della velocità di traslazione della pala minori a quelli del vento (simile a quello che si ha nel moto di poppa delle barche) e pale che occupano quasi completamente o addirittura eccedono l’area della superficie spazzata dal rotore.

Dal punto di vista delle prestazioni il primo tipo è caratterizzato da coefficienti di potenza elevati (rapporto fra la potenza ottenuta e quella teoricamente ottenibile da un rotore di quelle dimensioni investito dallo stesso vento), ragione per cui queste sono le macchine deputate alla produzione di energia elettrica, mentre il secondo da’ coefficienti di potenza che valgono da 1/5 a 1/10 dei primi e che pertanto ne sconsigliano l’uso a tale scopo. Questo vale indipendentemente dal fatto che le macchine siano ad asse orizzontale o verticale. 

Nel campo delle turbine che lavorano sul principio della portanza aerodinamica, tutte le architetture derivano da quelle fondamentali presentate in figura 3 per le macchine ad asse orizzontale e in figura 4 per quelle ad asse verticale, mentre le macchine che operano sul principio del trascinamento sono analoghe a quelle presentate (con diverse varianti) in figura 5 (una tipica architettura che adotta questa modalità funzionale, anche se non è propriamente una macchina, è l’anemometro a coppe indicato in figura 5).
Le macchine ad asse orizzontale possono presentare il rotore sopravento o sottovento, a seconda del fatto che il vento investa prima il rotore o prima la navicella. Il rotore può essere installato su torre tubolare o a traliccio. Generalmente quest’ultimo è preferita nelle macchine sottovento per i ridotti effetti di scia che causa sul rotore. Esse presentano un angolo di conicità (gT) per ridurre la potenziale interferenza meccanica delle pale con la torre in condizioni di vento estremo.

 

Figura 4 – architetture di turbine ad asse verticale operanti sul principio della portanza. Tipo a, b, c turbine Darrieus, tipo d, turbina Gorlov

Nella tipologia sottovento quando la turbina è relativamente piccola l’effetto di orientamento può essere delegato esclusivamente alle proprietà auto allineanti del rotore, che eventualmente prevede un certo valore di conicità (dT) che aiuta questo effetto e allontana le pale dall’interferenza fluidodinamica causata dalla torre. Le macchine ad asse verticale derivano dalle tipologia di figura 4.
Le prime tipologie a, b e c fanno capo alle turbine dette Darrieus, dal nome dell’inventore francese che le brevettò nel 1931, la tipologia d con sviluppo elicoidale delle pale è detta Gorlov, dal nome dell’inventore russo naturalizzato americano che l’ha brevettata negli anni ‘90. Quest’ultima geometria presenta interessanti vantaggi dal punto di vista dell’emissione acustica e di una maggiore uniformità di coppia meccanica e spinte. 

Tipiche turbine che lavorano su un principio misto (potenza e resistenza) sono le turbine Savonius (brevettate nel 1929) e riportate in figura 6. Esse rientrano nelle turbine a trascinamento puro quando i due semi gusci che la compongono  sono uniti nella zona dell’asse (tipologia a destra nella figura 5) e si discostano da questo quando i semigusci presentano una zona di fuga dell’aria nella zona dell’albero. In questo caso la prestazione risulta superiore a quella delle macchine a trascinamento, anche se comunque molto inferiore a quella delle macchine di figura 4.  

Figura 5 – Architetture di turbine operanti sul principio della resistenza aerodinamica

Figura 6 – Turbina tipo Savonius

Venendo ad alcuni esempi delle tipologie descritte, la figura 7 riporta un esempio di macchina di piccola taglia bipala sopravento con timone di coda, e la figura 8 un esempio di multipala americano con sistema di trasmissione meccanica ad un albero verticale per l’azionamento ad esempio di pompe. Per quanto riguarda le turbine ad asse verticale in figura 9 si riporta lo schema di una macchina Darrieus da circa 20 kW commercializzata fino a qualche anno fa. Data la dimensione questa turbina era priva di torre di sostegno e il treno elettromeccanico era posizionato a terra. Sempre di tipologia Darrieus è la turbina di figura 10, composta in modo modulare per arrivare a potenze anche superiori a qualche decina di kW.

In figura 11 si riporta la foto di una macchina Savonius. Data la grande superficie aerodinamica esposta al vento, il superamento di certe taglie e dimensioni del rotore risulta meccanicamente proibitivo per queste architetture. Le turbine Darrieus presentano il problema di un comportamento alla partenza non prevedibile, nel senso che stante l’incognita della direzione di provenienza del vento alla partenza e l’orientazione assunta dal rotore all’ultima fermata (e quindi il suo comportamento aerodinamico), non si riesce ad assegnare una velocità di avviamento certa. Mentre nelle turbine di grande taglia ciò viene risolto con la soluzione della partenza assistita, ovvero utilizzando la potenza della rete elettrica per fornire una coppia di spunto, operazione che energeticamente è giustificata da grandi produzioni elettriche annue, nel caso delle macchine di piccola taglia questo aspetto rimane problematico, poiché per fattori di scala la partenza assistita incide notevolmente sul bilancio energetico annuo.

Alcune soluzioni proposte prevedono, come indicato in figura 12, macchine ibride che accoppiano in parallelo turbine Darrieus, capaci di buoni rendimenti, con macchine Savonius che garantiscono la massima coppia proprio alle basse velocità del vento. Queste soluzioni garantiscono effettivamente la partenza a velocità del vento molto basse (anche 1 m/s), ma la macchina Savonius così installata determina un deterioramento delle prestazioni per un effetto di interferenza fluidodinamica, una buona quota della prestazione della turbina Darreius alle alte velocità, per cui, ad un insignificante apporto di potenza ed energia alle basse velocità, si somma una peggiore prestazione alle alte.

Figure 7 – 12 (blocco immagini)

Figura 7 – Esempio di turbina bipala sopravento di piccola potenza con timone di coda

Figura 8 – Esempio di turbina multipala con timone di coda

Figura 9 – Esempio di turbina Darrieus bipala di piccola-media potenza

Figura 10 – Esempio di turbina di tipo Darrieus modulare

Figura 11-  Esempio di turbina Savonius (foto di Gary L. Johnson)

Figura 12 – Esempio di turbina ibrida Darrieus-Savonius

Meccanismi di orientazione al vento
Mentre le turbine sottovento si possono adattare passivamente alla direzione del vento, aiutate da una certa conicità del rotore come indicato in figura 13, le turbine ad asse orizzontale con rotore sopravento necessitano di sistemi di allineamento del rotore.

Figura 13 – Meccanismo di orientazione nelle turbine ad asse orizzontale sottovento con conicità del rotore.

In figura 14 e 15 si riportano le varie soluzioni adottate per le macchine più piccole.
I meccanismi di orientazione al vento necessitano di una progettazione molto attenta, infatti una delle maggiori fonti di inefficienza energetica della conversione delle macchine di piccola taglia deriva dai cosiddetti errori di allineamento del rotore al vento, ovvero dal fatto che la turbina o non riesca ad allinearsi alla direzione del vento o, in siti particolarmente turbolenti, tenda ad inseguire le variazioni di direzione istantanea con la conseguenza di funzionare per gran parte del tempo in condizioni non ottimali. 

  

Nelle turbine con diametri superiori a circa 9-10m la disposizione del rotore al vento deve essere eseguita in modo assistito cioè attivo, utilizzando motori per la movimentazione della navicella. Questo sistema, oltre a prevedere una serie di componenti aggiuntivi e la soppressione (nelle macchine sopravento) del timone, richiede anche lo sviluppo di sistemi di controllo con logiche di azionamento dedicate.

Controllo e regolazione
Le turbine eoliche necessitano di sistemi di controllo e regolazione che presiedono al controllo della potenza, della velocità di rotazione (ottimizzazione del campo di funzionamento) e della sicurezza (frenatura). Poiché nelle turbine eoliche il flusso non può essere regolato a monte, il rotore deve assolvere a tutte le funzioni di regolazione. In particolare la frenatura, per le masse relativamente ridotte che sono in gioco nelle turbine di piccole dimensioni (approssimativamente per rotori con meno di 10m di diametro) e le ridotte forze giroscopiche ed inerziali associate, può essere effettuata con meccanismi di movimentazione o delle singole pale  (per ridurne la capacità portante dal punto di vista fluidodinamico) o dell’intero rotore. Ciò viene fatto prevedendo dispositivi di varia natura. Essi vanno dalla rotazione della pala attorno al suo asse indotta da masse azionate dalla forza centrifuga (modifica passiva del calettamento) (figura 16), o elementi elastici (figura 17) a sistemi che azionano attivamente o tutta la pala o parte della stessa o elementi periferici detti freni aerodinamici di estremità (figura 18).

Figura 16 – 18 (blocco immagini)

Figura 16 – Meccanismi di rotazione della pala per mezzo della forza centrifuga agente su masse ausiliarie
Figura 17 – Meccanismi di rotazione della pala per mezzo di molle elastiche
Figura 18 – Meccanismi di controllo aerodinamico: intera pala, estremità di pala, flap

Esiste inoltre la possibilità di adottare sistemi che effettuano la rotazione dell’intero rotore (figura 19) rispetto all’asse orizzontale (imbardata laterale passiva o furling), sia per effetto di superfici ausiliarie che per effetto di masse eccentriche, e infine sistemi che effettuano l’imbardata verticale (tilting) con cappottamento dell’intero rotore (figura 20) al superamento di determinate velocità.

Raramente vengono adottati sistemi di variazione della conicità del rotore allo scopo di ridurre l’area battuta.

In tabella 2 si riportano alcune indicazioni riguardo le velocità del vento limite di sito per l’adozione delle tecnologie di controllo della potenza descritte.

Tabella 2 – velocità del vento limite di sito per l’adozione delle tecnologie di controllo della potenza

Il sistema di variazione del passo palare non viene generalmente adottato nelle turbine ad asse verticale, anche perché solo le  geometrie con pale dritte consentono questa soluzione tecnica. In figura 21 si riporta un esempio del meccanismo di azionamento dell’angolo di calettamento della pala con una leva di regolazione che ruota la pala attorno a cerniere di afferraggio razza pala. Tali sistemi presentano importanti complessità realizzative e problemi di durata che ne hanno impedito la diffusione commerciale. Stante questa difficoltà nel realizzare dispositivi di frenatura aerodinamici per le macchine ad asse verticale si rende necessario il ricorso sistemi meccanici o elettrotecnici alternativi. 

Figura 21 – Schema di sistemi di variazione del passo per turbina ad asse verticale.

Il sistema di variazione del passo palare non viene generalmente adottato nelle turbine ad asse verticale, anche perché solo le  geometrie con pale dritte consentono questa soluzione tecnica. In figura 21 si riporta un esempio del meccanismo di azionamento dell’angolo di calettamento della pala con una leva di regolazione che ruota la pala attorno a cerniere di afferraggio razza pala. Tali sistemi presentano importanti complessità realizzative e problemi di durata che ne hanno impedito la diffusione commerciale. Stante questa difficoltà nel realizzare dispositivi di frenatura aerodinamici per le macchine ad asse verticale si rende necessario il ricorso sistemi meccanici o elettrotecnici alternativi. 

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4. CONSIDERAZIONI GENERALI SULLA TECNOLOGIA MINIEOLICA

E’ noto che le turbine di grande taglia hanno raggiunto un livello di sviluppo considerevole, il che porta spesso a definire “matura” la loro tecnologia. Esse operano con una disponibilità tecnica ormai superiore al 98% in regimi di venti assai variabili con durate superiori ai vent’anni. Con questo termine si indica il fatto che nel corso dell’anno, l’impianto può produrre per il 98% delle 8760 ore disponibili. In questo monte ore disponibile la turbina è pronta a produrre nel suo campo funzionale (generalmente 3-25 m/s), ma questo non dipende dalla tecnologia se non per il fatto che i suddetti limiti possono essere leggermente estesi con alcune soluzioni. A questo perfezionamento si è giunti attraverso anni di intensa attività di ricerca e produzione su larga scala in cui sono state riversate enormi risorse del settore.

Venendo al settore delle turbine di piccola taglia, esse non hanno giovato negli anni di un corrispondente grado di attenzione scientifica ed ingegneristica, in parte giustificato da una produzione di scala non sufficientemente ampia, ad eccezione di alcune micro-macchine (turbine per imbarcazioni). Ciò è ascrivibile sia al mercato ed alla mancanza di adeguate forme di incentivazione, ma anche al fatto che le piccole aziende che operano nel settore non hanno le capacità tecniche o le forze finanziarie per attivare e condurre programmi di ricerca e sviluppo. Questo stato di cose è testimoniato dal fatto che ad oggi solo pochissime macchine di piccola taglia sono state verificate sulla base delle norme IEC ed ancora meno sono quelle che hanno affrontato un percorso di certificazione sulla base di esse.
La conseguenza è che, in generale, anche se esistono notevoli eccezioni, il livello tecnologico attuale di queste macchine è sensibilmente inferiore a quello delle macchine di taglia maggiore e non esistono soluzioni la cui validità sia dimostrata in modo chiaro.

Purtroppo, proprio per il settore di utenti a cui sono rivolte, le mini turbine dovrebbero al contrario presentare elevatissimi livelli di affidabilità, ovvero con un limitato bisogno di manutenzione ordinaria e straordinaria e livelli di sicurezza adeguati al funzionamento in ambienti che essendo fortemente antropizzati presentano rischi più elevati di danni a persone o cose in caso di rottura.
Queste caratteristiche ed altre sono state oggetto di indagine nel Campo Eolico Sperimentale di Trento, struttura gestita dall’Università di Trento, nata nel 2006 con lo scopo di indagare il comportamento di macchine di piccola taglia e di creare nel tempo, attraverso le conoscenze maturate, un database di riferimento per aspetti di natura scientifica e tecnica nel settore.

Mentre le grandi  turbine sono generalmente situate in aree scarsamente antropizzate, le mini turbine normalmente operano vicino a centri abitati, sia residenziali che industriali. Ciò determina problemi di compatibilità ambientale, sia per le emissioni acustiche che per la sicurezza del funzionamento rispetto a persone e cose. Inoltre va verificata la capacità di estrarre potenza in maniera efficiente alle basse velocità del vento, tipiche delle aree con tessitura complessa. In figura 22 si nota come, a pari quota, la ventosità sia notevolmente ridotta nei siti suburbani o urbani rispetto a quella che si ottiene in campo aperto o in zone costali.

Si è osservato che questi ultimi aspetti hanno un impatto notevole sul progetto della macchina. L’esperienza maturata nella gestione del Campo Eolico Sperimentale ha posto in luce come spesso il progetto della turbina tenda a replicare modelli e caratteristiche di macchine della concorrenza (industrial standard) o adottare comunque soluzioni senza un’adeguata riflessione sulle caratteristiche finali del prodotto. Un esempio è l’acritica riduzione in scala delle macchine di grande taglia o l’importazione di macchine dell’est asiatico sulla base di una pura apparente vantaggiosità di costo.

Il risultato di queste operazioni comporta essenzialmente tre effetti:
a) La proposta al mercato di turbine scarsamente produttive perché concepite per i siti ad alta ventosità tipici del nord Europa e quindi poco performanti in Italia, con un conseguente elevato costo di produzione del kWh.
b) La proposta al mercato di turbine caratterizzate sulla base della potenza e non dell’energia producibile. Questa anomalia concettuale è purtroppo alimentata dalle attuali diposizioni di incentivazione in cui paradossalmente, viene premiato il kW installato e non il kWh. La Provincia Autonoma di Trento è una felice eccezione in questo, in quanto propone, allo scopo di incentivare la produzione di energia da fonte eolica un meccanismo di premio della dimensione della superficie battuta della turbina, direttamente correlabile all’energia elettrica prodotta.
c) L’immissione sul mercato di macchine strutturalmente non verificate o non rispondenti alle norme vigenti, che nel migliore di casi vanno in fuori servizio in pochi mesi o nel caso peggiore subiscono rotture disastrose.  

Se ci si riferisce ad esempio alla ventosità media dei siti italiani e si considera che le piccole macchine vengono installate ad altezze non superiori a circa 25-30m, si evince che difficilmente la velocità media del vento ad altezza mozzo eccederà i 5-6 m/s, ad eccezione di poche aree a carattere particolarmente ventoso (figura 23).

Figura 23 – Mappa della ventosità in Italia a 30 m (cortesia Ecofimco s.r.l.)

Tali valori dovrebbero essere presi come riferimento per il progetto delle macchine destinate a questi siti. Le scelte di valori superiori (che generalmente per l’appunto derivano dalla riproduzione di macchine di grande taglia) comportano una produzione di lavoro elettrico non pareggiata dai costi degli investimenti. Per venire a qualche considerazione di ordine pratico, l’adozione di turbine con potenza specifica (potenza nominale rispetto all’area della superficie spazzata dal rotore) superiore a circa 300 W/m2, non risulta particolarmente indicata per i siti italiani. Nel settore eolico (in analogia a tutti i settori che utilizzano fonti energetiche intermittenti) non è infatti la potenza il fattore principale da tenere in considerazione per valutare la sostenibilità economica di un progetto, quanto il citato rapporto della potenza rispetto all’area della superficie spazzata.

A pari potenza nominale, ad esempio 20 kW, un rotore con un diametro di 13 m produrrà all’incirca il 2,5 volte la quantità di energia elettrica rispetto ad una turbina da con rotore da 8m. Poiché per queste taglie il costo marginale del rotore è piccolo e il costo di investimento per unità di potenza (Euro/kW) è all’incirca il medesimo come verrà mostrato nel paragrafo del mercato, il conto economico è decisamente a favore della macchina con diametro maggiore. Quando tuttavia la ventosità si attesta ai valori minori della scala di vento (4-5 m/s), la potenza nominale diventa ulteriormente poco rilevante, per cui il medesimo rotore di 13m accoppiato ad un generatore elettrico di 10 kW andrà a sua volta a produrre poco meno della soluzione con rotore da 13m e 20 kW, per cui, per effetto del costo unitario, si possono determinare soluzioni economiche  ancora più vantaggiose.  
Procedendo nell’analisi tecnica, dal punto di vista fluidodinamico lo sviluppo aerodinamico delle pale presenta aspetti di unicità per le turbine di piccola taglia. Anzitutto vi è il comportamento alla partenza che è una combinazione complessa di instabilità, elevati angoli di attacco e ridotti numeri di Reynolds.

Inoltre generalmente l’allineamento al vento è ottenuto attraverso il timone di coda, a cui è spesso affidato anche il controllo di sovra-potenza. L’uso di timone per l’aggiustamento dell’imbardata, come visto, è una caratteristica tipica delle piccole turbine. Come anticipato la capacità di allineamento della turbina è il fattore che condiziona maggiormente l’efficacia in sito della turbina ed un funzionamento non ottimale rappresenta la maggiore fonte di discrepanza fra l’energia attesa ( al livello teorico) e quella realmente raccolta (dal 3% al 15%).
Altra fonte di perdita è il comportamento nei transitori ed i tempi di accelerazione per raggiungere la velocità di rotazione di regime, causati dalla già citata complessa aerodinamica e per effetto della eccessiva semplicità dei sistemi controllo. 

La generazione di emissioni acustiche è un altro aspetto cruciale delle mini macchine, aspetto sul quale nel futuro si giocheranno le loro possibilità di maggiore o minore penetrazione sul mercato. Al di là di particolari accorgimenti di natura fluidodinamica, la riduzione delle emissioni passa per la riduzione delle velocità di rotazione. La velocità tangenziale d’apice della pala non dovrebbe eccedere i 35-40 m/s, per consentirne un sereno impiego in adiacenza di abitazioni o aree urbane. Tale valore comporta importanti conseguenze sul progetto fluidodinamico e del treno di potenza. Infatti la ricerca di rendimenti fluidodinamici accettabili (si ricordi che le macchine di piccole dimensioni sono intrinsecamente meno efficienti) associata a ridotte velocità di rotazione, porta ad un aumento della dimensione della corda palare. Le maggiori superfici esposte a loro volta determinano maggiori sollecitazioni e le strutture devono risultare più robuste. Questo determina una aggravio dei costi di costruzione, per cui questi aspetti confliggenti richiedono un approccio al progetto ottimizzato per evitare di costruire macchine economicamente fuori mercato. 

Esistono altri aspetti importanti che sono emersi dalla gestione del Campo Eolico Sperimentale di Trento. Uno di questi, che viene raramente citato, è l’assorbimento elettrico delle turbine in condizioni di parcheggio. Esiste infatti un discreto impiego di potenza a bordo della turbina per il funzionamento di ausiliari (freni, elettronica di potenza e non) che è attivo anche nei momenti di mancanza di vento.

Tale quantità, che è una perdita in quanto i consumi vanno sottratti dalla produzione, diventa significativa per siti con scarsa ventosità e andrebbe eliminata o ridotta attraverso una programmazione più sofisticata del sistema di controllo. Per un effetto scala, inoltre questo aspetto diventa oltremodo cruciale per le macchine di piccolissima taglia (ovvero macchine in grado di produrre 1000-2000 kWh/anno), poiché, se non opportunamente gestiti, la richiesta di energia per dispositivi quali ad esempio l’avviamento assistito, il raffreddamento dell’inverter, alcuni freni elettromeccanici, possono assorbire, in dipendenza delle condizioni di vento, anche fino al 50-70% dell’energia elettrica annua prodotta.

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5. IL MERCATO

Suddividendo i dati di circa 500 macchine presenti a livello mondiale sul mercato nella taglia 0-100 kW di cui si sono reperiti i dati tecnici, e la cui sintesi è riportata in tabella 3, si deducono alcune informazioni importanti: la prima è che dal punto di vista della tipologia, la quasi totalità delle turbine (circa il 99%) è ad asse orizzontale (HAWT) e la massima concentrazione di modelli cade nella sottoclasse 0-10 kW, per la precisione essa rappresenta la quota del 90% (HAWT) e il 99% di quelle ad asse verticale (VAWT). Nella sottoclasse di potenza 0-10 kW, pur essendoci ancora una netta prevalenza di macchine ad asse orizzontale, emerge una certa percentuale (circa il 16%) di macchine ad asse verticale. La scarsa presenza di macchine ad asse verticale è dovuta a diversi fattori: il primo è dovuto alla relativa gioventù di questa architettura di macchina nella sua versione ‘moderna’, ovvero con rotori installati su torri o tralicci. Infatti va ricordato che le prime versioni di queste macchine sono state concepita per medie e grandi potenze, dove per masse e dimensioni in gioco, i rotori devono necessariamente essere posti a terra e vengono adottati tiranti di stabilizzazione.

Il secondo aspetto discende dal primo, ovvero si sconta attualmente la scarsa esperienza progettuale che fa sì che il periodo di latenza commerciale di molti modelli sia purtroppo molto lungo. Molti prodotti visibili sui siti internet sono in fase di sviluppo da anni e il loro ingresso nel mercato è continuamente rinviato per vari problemi tecnici e di messa a punto. La turbina ad asse verticale condivide infatti pochi aspetti progettuali con quella ad asse orizzontale e le problematiche di carattere strutturale sono molto diverse. Nonostante alcune semplificazioni apparenti (la macchina non necessita di sistema di orientamento, la pala è generalmente a corda e angolo di calettamento costante, non si adotta sistema di controllo del passo), il suo progetto è notevolmente complesso, per cui attualmente poche aziende sono in grado di fornire macchine sufficientemente collaudate e di comprovata robustezza ed efficienza. 

Applicazioni
Le miniturbine eoliche sono state originalmente utilizzate in reti isolate (non connesse a reti elettriche nazionali o locali – dette off-grid) con installazioni di ridotta potenza, applicazioni utilizzate sia nel mercato dei paesi sviluppati che per quelli in via di sviluppo. Negli ultimi anni questa tendenza è mutata e sempre più sono le macchine concepite per l’allacciamento alle reti elettriche interconnesse. In figura 24 si riportano i principali schemi di collegamento.

Applicazioni in reti isolate
Le tipiche applicazioni in reti isolate sono costituite da linee che alimentano carichi singoli o di poche unità. Sono quindi rivolte a singole abitazioni, alle reti telecomunicazioni, alle stazioni di pompaggio o filtrazione dell’acqua per crescere fino a comprendere le reti di elettrificazione rurale o civica di piccole comunità. In relazione alle taglie, si va da sistemi di piccolissima potenza (inferiore a 1 kW) spesso rivolte alle utenze dei sistemi mobili (come barche e roulotte) o sistemi domestici, fino a potenze di alcuni kW. Questa configurazione si basa su connessioni in corrente continua in cui la batteria (solitamente una batteria al piombo) funge da accumulatore e componente di controllo.  Questo mercato assorbe, nella fascia più bassa di potenza, centinaia di migliaia di unità all’anno.

Sistemi ibridi
In questo caso, per sistema ibrido si intende un sistema integrato che incorpora la generazione eolica e altre fonti di produzione da fonte rinnovabile come i sistemi fotovoltaici o da fonte convenzionale come generatori diesel (gruppi elettrogeni). Le potenze sono generalmente inferiori a 100 kW. In questi sistemi si ha la presenza anche di accumulatori  (piombo-acido, nella maggior parte dei casi) con ruolo di accumulo e controllo, con connessione in corrente continua. V’è poi presente un inverter che fornisce corrente alternata per i carichi collegati (in questa configurazione si utilizzano carichi in corrente alternata). Questa soluzione è stata trainata, anche in termini di costi oltre che di fattibilità, dall’enorme sviluppo dell’elettronica di potenza del settore fotovoltaico degli ultimi anni. Recentemente si stanno affermando le soluzioni che utilizzano connessioni in corrente alternata, che richiede l’uso di convertitori bi-direzionali. In questa configurazione, la turbina eolica si collega, attraverso generatori asincroni direttamente connessi, al bus in corrente alternata. Il vantaggio di questi sistemi è la modularità dei componenti, in grado di fornire sia la necessaria qualità elettrica della potenza che il controllo di supervisione del sistema. Per quanto riguarda il settore di mercato esso è rivolto prevalentemente ai mercati extraeuropei, ad esempio la Banca Asiatica di Sviluppo (ADB) sta lanciando alcuni progetti pilota nel programma “Effective Deployment of Distributed Small Wind Power Systems in Asian Rural Areas”, all’interno dell’iniziativa “Energy for all”. ADB stima che entro il 2020 i piccoli sistemi eolici serviranno almeno 2,5 milioni di poveri.

Applicazioni con connessione alla rete
Attualmente, almeno per il mercato europeo e segnatamente domestico, l’area di sviluppo con le maggiori potenzialità per le turbine eoliche di piccole dimensioni è quello che prevede il collegamento alla rete elettrica di sistemi di generazione distribuita di tipo residenziale, industriale o addirittura, ultimamente, urbano, sia destinata alla produzione di energia elettrica con immissione totale nella rete elettrica nazionale, che destinata a parziale autoconsumo per rispondere alla domanda di autoproduzione di energia. Tuttavia, per raggiungere questo mercato potenziale, l’industria eolica deve superare diversi ostacoli, principalmente i costi di sistema, la qualità dei progetti, la connessione della rete e alcuni vincoli amministrativi che pongono restrizioni all’installazione.
Attualmente, la quota maggiore di sviluppo di questo mercato mondiale è negli Stati Uniti e nel Canada, seguita in Europa dal Regno Unito in parallelo con le nuove tendenze nello sviluppo di sistemi di generazione distribuita che forniscono continui impulsi allo sviluppo della tecnologia del minieolico.
Lo sviluppo del mercato delle turbine connesse alla rete è facilitato dalla capillare elettrificazione del territorio e promosso dalle tariffe incentivanti che si stanno diffondendo nei vari paesi. In tabella 4 si riporta la situazione mondiale aggiornata al 2012 in relazione all’adozione di tariffe incentivanti

Tabella 4 – Paesi con forme di incentivazione per il settore minieolico

La più recente frontiera del mercato minieolico è la generazione di elettricità nell’ambiente urbano convenzionalmente indicato con l’acronimo BAWT (Building-Augmented Wind Turbines). Questa tendenza è vissuta principalmente in Europa, dove esiste un dibattito importante sull’integrazione delle micro e mini macchine nell’ambiente costruito. Dal punto di vista tecnico sono in fase di sviluppo turbine dedicate per questa applicazione, con soluzioni in grado di sfruttare venti ad elevata turbolenza e notevole frequenza di raffiche e macchine sufficientemente silenziose da non alterare il rumore di fondo delle aree urbane.

Figura 25 – Sviluppo per taglia del settore minieolico nel Regno Unito negli anni 2005- 2011 (fonte: SWT UK Market report 2011, Renewable UK, www.renewable-uk.com)

Tuttavia il tessuto urbano causa fenomeni locali di forti accelerazioni della vena fluida. La prima conseguenza di questi fenomeni è la possibilità di sfruttare passivamente tale effetto installando impianti eolici in posizioni ben precise, la seconda, più futuristica, è quella di concepire gli edifici in modo che essi agiscano, per alcune parti o globalmente, come dispositivi concentratori di vento. Sebbene l’impiego dei concentratori di flusso abbia negli anni dimostrato di rivestire scarso interesse economico, tuttavia tale concetto può essere validamente riproposto qualora l’edificio possa costituire esso stesso la struttura di supporto del concentratore, e quindi vadano solo previste le opere accessorie quali i convogliatori di flusso veri e propri. Secondo tale approccio, l’impianto eolico viene integrato nella struttura stessa dell’edificio, ove può trovare collocazione assieme ad altri impianti di conversione di fonti rinnovabili, quali ad esempio gli impianti fotovoltaici che ottimamente si prestano all’integrazione con la fonte eolica, stante il frequente sfasamento temporale nella disponibilità naturale delle due fonti.

Esistono importanti ricerche avviate nelle università del nord Europa (Delft, Kassel, Birmingham) nel settore dell’impiego integrato dell’impianto eolico sugli edifici. Con BAWT si indicano genericamente quattro tipologie di impianto eolico: i) la turbina posta sulla sommità dell’edificio, ii) la turbina posta in adiacenza all’edificio, iii) la turbina integrata nell’edificio (fra corpi o in un condotto creato nel corpo), iv) combinazione dei precedenti. L’interesse nella prima soluzione sta nel fatto che l’edificio va a sostituire la torre dell’impianto eolico. In tal modo la macchina può intercettare venti generalmente più intensi di quelli disponibili a livello del terreno, al contempo senza sottrarre aree destinabili ad altri usi. E’ altresì chiaro che, stante le problematiche ambientali ed architettoniche, lo sviluppo per le aree urbane è reso possibile dalla messa a punto di nuove turbine eoliche espressamente progettate per questo impiego.

Come menzionato, questa applicazione può essere combinata con impianti fotovoltaici e l’adozione di nuovi standard costruttivi atti a ridurre la richiesta energetica degli edifici, consentirà di raggiungere nuovi standard di risparmio energetico. A titolo di esempio, una stima della produzione energetica annua da eolico urbano in Gran Bretagna nel 2020 prevede un valore di 1.7-5.0 TWh (cioè il 1.5%-4.5% della richiesta di energia a fini domestici nel 2000).
L’alta concentrazione di popolazione e quindi di punti di consumo energetico localizzati nelle aree urbane offre potenzialmente una grande opportunità per la generazione distribuita da fonte eolica, anche se su questo argomento verranno di seguito esposti gli aspetti di criticità che potrebbero frenarne la diffusione.

In mancanza di dati e stime attendibili sul mercato italiano, il quale manca di enti che redigano un catasto delle installazioni di piccola potenza, è utile analizzare lo sviluppo della storia del mercato del Regno Unito. In questo paese esistono oltre quindici aziende produttrici di modelli commerciali di piccole turbine eoliche.
Nel 2009 si è verificato un calo dovuto all’entrata sul mercato della certificazione, come emerge dai dati presentati in figura 25, evento che dopo alcuni mesi di assestamento ha determinato una ripresa vigorosa del mercato, con più di 1600 macchine installate nel Regno Unito fra il 2009 e il 2011 e circa 1700 esportate, la maggior parte delle quali nel settore 0-20 kW, con una potenza media di circa 7kW, in crescita negli anni (nel 2006 era di circa 2kW). Le tariffe incentivanti, intervenute nel 2010 hanno lanciato anche il settore delle turbine da 50-100 kW.

Va sottolineato che, oltre agli incentivi gli elementi chiave di questo sviluppo sono la chiarezza delle regole amministrative (il percorso autorizzativo si conclude in meno di 6 mesi), e la trasparenza sui prodotti e sulle loro caratteristiche. La British Wind Energy Association ha adottato uno standard per valutare prestazioni, sicurezza, affidabilità ed emissione acustica a cui le turbine eoliche di piccole dimensioni devono essere sottoposte al fine di poter beneficiare di programmi di incentivazione. Un analogo approccio esiste per gli USA.
A questo si aggiunge un mercato molto dinamico; a titolo di esempio si cita che l’azienda Proven Energy ha lanciato un progetto chiamato Windcrofting™, rivolto ai proprietari terrieri collegati alla rete. In cambio di un 25 anni di locazione, il proprietario riceve un affitto per le turbine installate sulla proprietà, o è previsto l’acquisto ad un prezzo agevolato produrre elettricità. Una società controllata installa, gestisce e mantiene le turbine installate.

Indicatori tecnologici delle turbine commerciali
Per analizzare e commentare lo stato della tecnologia è stato raccolto un campione di circa 500 turbine nel campo di potenza 0-100 kW. La prima informazione che è emersa da questa operazione è stata che solo per pochi modelli è stato possibile reperire dati completi da brochures o data-sheets pubblicati. Alcuni costruttori hanno fornito informazioni molto dettagliate su tutti i prodotti, mentre altri hanno dato informazioni incomplete su tutta la gamma. E’ poi stato difficile distinguere veri costruttori da semplici importatori. Esistono molte turbine provenienti dall’est asiatico ‘ri-targate’ con nomi di aziende europee e italiane. Alla richiesta di informazioni  di completamento hanno riposto un numero percentualmente ridotto di costruttori. Da pochissimi si hanno avute informazioni sul numero di unità installate, per cui è lecito ritenere che in molti casi le macchine non abbiano operato in campo o siano in una fase di sperimentazione. Ad una conclusione analoga è giunto lo studio prodotto dal progetto SWIIS (Small Wind Industry Implementation Strategy Project) finanziato dalla Commissione Europea, aggiornato alla situazione del 2005.
Dai dati disponibili sono stati dedotti una serie di indicatori tecnologici illustrati di seguito.
  
Figura 26 – Distribuzione del numero di pale delle macchine ad asse orizzontale e verticale

Per quanto riguarda le macchine ad asse orizzontale (HAWT) come indica la figura 26, la grande maggioranza di esse (circa il 75%) ha 3 pale, mentre la tecnologia bipala copre circa il 6% del mercato. Nel settore delle macchine di piccolissima potenza (0-600W), trainato dal mercato diportistico, le macchine a 5 pale occupano circa l’11% del mercato. La prevalenza delle tre pale rispetto alle due pale non dipende strettamente da motivi di migliore funzionalità o costo. Essa dipende invece dalle filosofie progettuali adottate originariamente da alcune aziende che hanno fatto la storia dello sviluppo eolico in determinate paesi. La macchina a due pale presenta un rendimento del rotore leggermente inferiore a quella tripala, ma nelle turbine di piccola taglia il peso del rendimento fluidodinamico rappresenta spesso la componente di efficienza meno importante, essendo prevalenti quelle del moltiplicatore meccanico (se presente), elettrico e di sistemi di controllo non ottimizzato. Le due pale sono spesso adottate con il rotore sottovento, che, come descritto, nelle turbine di piccole dimensioni (con rotori fino a 13-15m di diametro), consente un allineamento passivo al vento.

Venendo agli aspetti di carattere tecnologico è istruttiva l’analisi dei diagrammi di figura 27 che riporta come si ripartiscono percentualmente le principali soluzioni tecnologiche adottate per turbine ad asse orizzontale e verticale.
La maggior parte delle macchine adotta pale con calettamento fisso (figura 27a). Questa soluzione è privilegiata nelle turbine di piccola potenza per i minori costi, mentre al crescere della taglia, per le maggiori spinte e necessità di controllo delle masse in moto, è più comune l’adozione del calettamento ad angolo di passo variabile. Questa scelta si riflette anche sulla strategia di controllo della potenza come si deduce dalla figura 27b. Qui compaiono anche le strategie di controllo attraverso la movimentazione della navicella, ovvero tramite l’imbardata laterale e verticale. Queste soluzioni, utilizzate per le turbine delle taglie più piccola, sono quasi del tutto assenti quando la taglia del rotore supera gli 8-10m per le sollecitazioni indotte da questi sistemi di controllo e le complessità di regolazione.

L’adozione di generatori elettrici a velocità variabile (figura 27c) è la soluzione più comune nelle macchine ad asse orizzontale e la principale in quelle ad asse verticale e si accoppia alla scelta progettuale del funzionamento a velocità variabile (figura 27e) che sta diventando la più diffusa nelle macchine di piccola taglia. Essa è possibile grazie alla tecnologia di generatori a velocità variabile associata ai convertitori di potenza elettronica. Le turbine di piccola taglia sono progettate per ruotare a velocità superiori rispetto a quelle di grande taglia e questo fatto semplifica anche la scelta dei generatori elettrici che devono avere relativamente poche espansioni polari. Inoltre ciò evita l’adozione dei moltiplicatori di giri con la conseguenza di aumentare il rendimento globale, eliminare una fonte di rumore e rendere le navicelle più compatte e leggere.     

Figura 27 – Principali soluzioni tecnologiche adottate per turbine ad asse orizzontale e verticale.

A valle del generatore sincrono va sempre previsto l’inverter, o convertitore DC/AC. Mentre fino a qualche anno fa la maggior parte degli inverter utilizzati provenivano, con qualche adattamento, dal mercato del fotovoltaico, ultimamente sono comparsi dispositivi specifici nelle  configurazioni singola e trifase con dinamiche di controllo più adatte al regime di variazioni delle coppie elettriche prodotte dalla macchina eolica a seguito delle rapide fluttuazioni del vento.
Per quanto riguarda le modalità costruttive delle pale, la fibra di vetro rinforzata è la tecnologia più diffusa (64%) per le macchine ad asse orizzontale (figura 28a), seguita dalla fibra di carbonio (16%). Nelle turbine ad asse verticale, oltre all’impiego della fibra di vetro rinforzata, è invalso l’uso di pale metalliche, poiché molte tipologie richiedono pale a corda costante facilmente ottenibili con tecniche di stampaggio o estrusione. 

Figura 28 – Distribuzione dei materiali di costruzione delle pale

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6. CARATTERISTICHE FUNZIONALI

Analizzando l’andamento della potenza nominale in funzione del diametro (figura 29) si nota una distribuzione apparentemente omogenea, tuttavia la dispersione è molto ampia, anche nel campo delle piccolissime potenze. Ad esempio per potenze di 20 kW si hanno rotori con diametri che vanno da circa 8m a circa 13m. Per comprendere questa situazione si possono riorganizzare i dati derivandone il parametro della potenza specifica, ovvero il rapporto fra la potenza massima o di targa del generatore elettrico e l’area spazzata dal rotore, indicata internazionalmente con l’acronimo SRO (Specific Rated Output).

Figura 29 – Andamento della potenza installata in funzione del diametro

Calcolando questo parametro e riportandolo in funzione del diametro della turbina e limitando l’analisi a quelle ad asse orizzontale, si ottiene il grafico di figura 30.

Esse sono state differenziate in due classi di potenza, 0-10kW e 0-100 kW, suddivisione necessaria per tenere conto delle importanti differenze sia in termini di soluzioni tecnologiche indicate nei paragrafi precedenti. La classe inferiore presenta un valore medio di circa 235W/m2, mentre per la classe di taglia superiore esso sale a circa 261W/m2. Si nota una notevole dispersione di dati attorno ai valori medi, a testimonianza del fatto che a parità di potenza vengono proposte macchine, dai diversi costruttori (o anche dallo stesso costruttore), con diametri molto differenti. Essa dipende non solo da differenze di prestazioni della turbina (rendimenti) e qualità del prodotto, ma anche dall’impostazione progettuale della turbina. Non necessariamente i valori di potenza specifica più alti sono indice di una maggiore efficienza della turbina e viceversa, in quanto tale parametro va scelto in relazione al sito dove la turbina va installata.

Come regola generale, siti a bassa ventosità come quelli italiani (siti classe III e IV) dovrebbero adottare macchine con potenza specifica bassa o comunque inferiore a 250-300 W/m2, mentre i siti nordeuropei o ad elevata ventosità (siti classe I e II) dovrebbero adottare macchine con valori superiori.

Figura 30 – La potenza specifica (W/m2) in funzione del diametro per turbine ad asse orizzontale.

Valori di potenza specifica bassi nei siti a bassa ventosità consentono infatti produzioni più elevate di energia elettrica, per cui, riassumendo, per questi siti, a parità di potenza installata, vanno scelte macchine con grandi diametri. Venendo all’analisi dei coefficienti di potenza alle condizioni di velocità nominale, riportati in figura 31 per le turbine di taglia 0-10 kW e in figura 32 per quelle di taglia 10-100kW, si nota anche qui una notevole dispersione dei valori e alcune incongruenze. Infatti alcuni modelli (regione A di figura 31) presentano un coefficiente di potenza addirittura superiore al limite di Betz (0,59), dato che ovviamente non è reale, e alcuni modelli (area B) valori di velocità nominale eccessivamente elevati, caratterizzati da valori di coefficiente di potenze basso che indicano che la massima potenza viene raggiunta raramente e quindi è scarsamente utilizzata.

Figura 31 – Analisi dei coefficienti di potenza alle condizioni di velocità nominale per la classe 0-10 kW

Spesso un coefficiente di potenza troppo elevato indica generalmente che ci si trova di fronte a modelli le cui prestazioni non sono state validate in campo e derivano o da modelli teorici o empirici. Si ricorda qui che le migliori turbine di grandissima potenza hanno coefficienti di potenza che in pochissimi casi eccedono 0,5, per cui è tecnicamente impossibile per macchine più piccole, stanti gli intriseci bassi rendimenti fluidodinamici dei rotori di ridotte dimensioni (con diametri indicativamente fino a circa 20m), arrivare a valori superiori a 0,30-0,35 (valori di 0-25-0,30 sono comuni) considerando che poi ad esso va moltiplicato il rendimento elettrico e meccanico.

In termini relativi, rotori di piccole dimensioni molto ben progettati possono avere coefficienti di potenza maggiori di circa il 20%-30% di quelli progettati in modo più approssimativo e non ottimizzato. Un altro aspetto che emerge dell’analisi di questi dati è che è il costruttore a scegliere le condizioni del vento (velocità nominale) a cui definisce la potenza nominale della macchina, per cui il dato della potenza dichiarata va sempre associato alla velocità del vento a cui essa viene raggiunta. E’ chiaro che due macchine che raggiungono la medesima potenza a 8 o 13 m/s hanno prestazioni in sito molto diverse. Nel Regno Unito è obbligatorio per i costruttore dichiarare la velocità del vento a cui si raggiunge la potenza nominale.

Figura 32 – Analisi dei coefficienti di potenza alle condizioni di velocità nominale per la classe 10-200 kW.

 

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7. COSTI ED EFFICIENZA ENERGETICA SUL SITO

La disponibilità di un ampio database ha consentito di sviluppare alcuni indicatori importanti su costi ed efficienza energetica sul sito. In figura 33 si riporta il parametro del costo specifico dell’impianto sulla base della potenza nominale differenziato per macchine di taglia compresa fra 0 e 10 kW e fra 10 e 200 kW. Esso viene presentato in funzione della potenza. Si nota anzitutto il maggiore costo unitario delle turbine di classe minore (0-10 kW) rispetto a quello delle macchine di taglia maggiore (10-200 kW). Nella classe delle micro macchine sono presenti in assoluto i costi più alti. Risulta poi per entrambe le classi che il costo unitario decresca al crescere della potenza. Analizzando il dato alla luce del parametro della potenza specifica si genera la figura 34. Mentre nelle turbine della classe inferiore esso risulta abbastanza indipendente da questo parametro, indice di una non ancora raggiunta maturità progettuale, nella sottoclasse maggiore il costo specifico risulta tendenzialmente decrescere al crescere del parametro SRO, indicando come l’adozione di valori minori del diametro a parità di potenza installata conduca a turbine più leggere e quindi tendenzialmente meno costose.

Figura 33 – Analisi dei costi unitari (Euro/kW) in funzione del diametro per le classi 0-10 kW e 10-200 kW
  
Figura 34 – Analisi dei costi unitari (Euro/kW) in funzione della potenza specifica per le classi 0-10 kW e 10-200 kW.

Se il costo unitario è invece riferito all’area spazzata, si nota un andamento differente riportato in figura 35. Infatti al crescere del diametro si osserva un tendenziale calo del parametro del costo unitario. Ciò sta a significare che nelle macchine di piccola taglia l’incremento del diametro (a cui fa riscontro come si è discusso sopra un aumento dell’energia convertita) incide marginalmente sui costi di irrobustimento strutturale degli altri componenti (elementi della navicella, torre e fondazioni).

Figura 35 – Analisi dei costi unitari (Euro/m2) in funzione del diametro per le classi 0-10kW e 10-200 kW.

Figura 36 – Analisi dei costi unitari (Euro/m2) in funzione della potenza specifica per le classi 0-10kW e 10-200 kW

Se si analizza l’andamento rispetto alla potenza specifica (figura 36), si nota come in effetti il costo unitario per unità di superficie battuta sia tendenzialmente decrescente al calare di quest’ultima, a parte alcuni valori fuori scala che vengono comunque riportati a testimonianza di approcci di progetto errati. 
Le conseguenze di queste considerazioni possono essere valutate qualora si analizzi il costo di produzione dell’energia elettrica degli impianti considerati. In figura 37 vengono presentati i risultati del costo di produzione dell’energia elettrica di un campione significativo di turbine che presentano dati certi sull’attendibilità della curva di potenza e quindi sulle previsioni dell’energia annua ottenibile. Sono stati scelti due siti di ventosità differente, 4,5m/s e 6m/s, il primo considerato come valore minimo di soglia per la convenienza delle istallazioni.

Figura 37- Costo di produzione dell’energia (Euro/kWh) in funzione della potenza specifica per le classi 0-200 kW

Il calcolo del costo di produzione dell’energia indica che i minimi valori vengono raggiunti adottando valori di potenza specifica bassi (inferiori o uguali a circa 200-250 W/m2) per siti a bassa velocità, mentre quando ci si sposta in siti più ventosi (Vave = 6 m/s) la riduzione del costo di produzione può essere perseguito anche adottando macchine che abbiano valori di potenza specifica più elevati (superiori a circa 300 W/m2). Questo significa che la taglia del generatore elettrico acquista importanza rispetto al diametro del rotore solo quando la ventosità eccede i 5,5 – 6 m/s.

Emerge inoltre ovviamente la maggiore economicità dei siti a più elevata ventosità. Per i siti a bassa ventosità risulta inoltre che per molte macchine il costo di produzione sia prossimo al valore del prezzo di vendita con la tariffa incentivante (0,30 Euro/kWh) il che implica tempi di ritorno dell’investimento assai lunghi. In generale emerge la necessità per questo settore produttivo di usufruire di meccanismi incentivanti, almeno fino a quando un produzione di massa non consenta di abbassare i costi di investimento dell’impianto. 

Nella figura 38 viene riportato un calcolo semplificato ma realistico del tempo di ritorno dell’investimento dell’impianto, ipotizzando che l’investitore sopporti il 100% dell’investimento con fondi propri e due diverse tariffe incentivanti, 0,3 Euro/kWh (la tariffa odierna) e 0,2 Euro/kWh. Vengono simulate due differenti valori di ore di vento equivalente relative a siti modesti e buoni.
Dall’analisi dei risultati del modello appare come solo l’attuale valore della tariffa può sostenere l’investimento se i costi unitari rimangono a quelli medi di 3000 Euro/kW. L’adozione di tariffe più basse si giustifica solo nel momento in cui sul mercato si presenteranno macchine con costi unitari minori.

Figura 38- Due scenari del tempo di ritorno dell’investimento in funzione della tariffa incentivante e del costo unitario della turbina.

 

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8. MINITURBINE EOLICHE, QUALE CERTIFICAZIONE?

La certificazione è un aspetto sul quale è necessario spendere qualche nota di chiarimento.  Nel settore eolico la certificazione indica un processo di analisi delle caratteristiche tecniche e funzionali della turbina effettuato da parte del costruttore, sia essa autocertificata o sottoposta al vaglio di un ente terzo di garanzia. La documentazione tecnica della certificazione, indipendentemente da chi la predisponga, rappresenta sempre la testimonianza di uno stato di maturità tecnologica e funzionale della turbina. La certificazione segue le prescrizioni delle norme IEC 61400 (per le turbine di piccola taglia in particolare la norma IEC 61400-2 – si applica a rotori ad asse orizzontale con area spazzata minore di 200 m2, con una voltaggio generato al di sotto di 1000V AC o 1500 V DC. ). Essa è norma CEI CENELEC che, si ricorda, ha piena validità legale in Italia e nei casi dubbi deve richiamare (come norme di buona pratica del settore) le indicazioni contenute nelle direttive tecniche della Germanischer Lloyd.

La rispondenza a queste norme rappresenta dunque un obbligo per il costruttore e un diritto per l’acquirente. Il processo di certificazione attesta che la turbina è stata progettata e verificata secondo criteri riconosciuti e ingegneristicamente validi.
La norma IEC 61400-2 prevede una classificazione del sito in funzione delle velocità medie annue e del livello di turbolenza. Dalla velocità media si deducono le velocità di riferimento per il progetto della turbina. In figura 39 si riporta la tabella della classificazione estratta dalle norme.

Figura 39  – Classificazione di sito estratta dalle norme IEC 61400-2.

Da essa si deduce che per quanto riguarda il minieolico le classi di riferimento per l’Italia son la III e la IV (velocità media di sito di 7,5 e 6 m/s rispettivamente). Si ricorda che va tuttavia effettuata sempre la campagna anemometrica per poter valutare le velocità estreme.
Il costruttore deve garantire che per la classe di vento per cui la macchina è stata progettata essa operi correttamente in tutte le condizioni ambientali e funzionali (ad esempio si avvii e freni alle velocità del vento e di rotazione previste). Vengono inoltre previste dalle norme prove strutturali sulle pale come indicato in figura 40 che riporta una prova condotta presso i laboratori dell’Università di Trento. Tali prove sono essenziali per garantire la resistenza e durata della pala e forniscono dati essenziali per effettuare i calcoli meccanici sul resto della struttura (treno elettromeccanico, torre e fondazioni).

Le norme prescrivono inoltre i criteri per la corretta costruzione della curva di potenza sulla base di dati reali. Da questa viene calcolata la produzione elettrica annua a cui è associato un ben determinato valore dell’incertezza. Questo è un punto che seppure rappresenti uno standard riconosciuto per le macchine di grande taglia, lascia ancora ampi margini di arbitrarietà nelle turbine di piccola taglia.  Allo stato attuale oltre il 90% delle turbine di taglia fino a 200kW non dispone di curva di potenza certificata, per cui la previsione delle prestazioni in campo lascia ampissimi margini di incertezza. A titolo di esempio viene riportato nella figura 41 il risultato della ricostruzione delle curve di potenza di due turbine di piccola potenza secondo norme IEC 61400 e il confronto con le relative curve dichiarate dai costruttori.

Nel caso A la turbina non raggiunge il 40% della potenza dichiarata, mentre nel caso B si nota una ottima verifica del dato indicato dal costruttore a tutti i regimi di vento. E’ chiaro che mentre nel caso B, nota la distribuzione della ventosità sul sito, il calcolo dell’energia annua prodotta porterà ad un buona rispondenza con quella che sarà la produzione effettiva (si ricorda che un certo livello di incertezza è presente sistematicamente), nel caso A si riscontreranno valori di produzione anche del 50% inferiori a quelli attesi.

Nel Regno Unito vige da alcuni anni (Small Wind Turbine Performance And Safety Standard – BWEA 2008) l’obbligatorietà della certificazione energetica della turbina, ovvero il costruttore deve dichiarare (con autodichiarazione o attraverso enti terzi) a mezzo di una apposita targa, la produzione in kWh/anno attesa ad una certa velocità media annua del vento, (convenzionalmente a 5m/s) come indicato a titolo di esempio in figura 42. Uno degli aspetti di novità è che la norma anglosassone introduce esplicitamente il concetto che la responsabilità della bontà dell’installazione (qualità della turbina e qualità del progetto di siting) non coinvolge solo i costruttori ma anche gli installatori. Inoltre essa prevede prove sulle prestazioni, sulle emissioni acustiche e sulla sicurezza, recependo quasi tutte le indicazioni delle citate IEC. Attualmente in Italia non esiste nulla di analogo, mentre paradossalmente qualcosa di analogo è previsto per il pannello fotovoltaico che non può essere allacciato alla rete in mancanze della certificazione energetica. Tale lacuna ovviamente comporta una situazione di labilità e incertezza che attualmente non giova al settore del minieolico. La certificazione infatti:

  • consente al consumatore una comparazione oggettiva dei prodotti;
  • gli enti di credito hanno un maggiore grado di confidenza che i prodotti rispondano a criteri di sicurezza, prestazioni e durata
  • dà protezione al consumatore;
  • dà credibilità a questo settore industriale.

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9. CRITERI DI INSTALLAZIONE – SITI EXTRAURBANI

Per ottenere previsioni della produzione di energia in un determinato sito è essenziale disporre di  indicazioni accurate della risorsa. Con risorsa si intende non solo i valori della ventosità, ovvero la velocità media annua e la direzione del vento, quanto anche delle temperature e della densità dell’aria. Un impianto costruito a 1000 m.s.l.m. produce circa il 10% di meno per effetto della ridotta densità dell’aria. A 2000 m.s.l.m. questa riduzione può superare il 20% (anche per altri aspetti correlati alla densità che qui non si citano per brevità). Temperature estremamente rigide o elevate possono inibire la funzionalità della macchina. Contrariamente a quanto viene spesso riportato, le indicazioni accurate della velocità sono essenziali per il grande eolico ma ancora di più per il minieolico. Infatti nelle applicazioni minieoliche le turbine sono relativamente vicine a terra, per cui esse risentono dell’orografia e della presenza di ostacoli (edifici, vegetazione) molto più che le turbine di grande taglia, come riportato in figura 43 che indica una rappresentazione in scala delle proporzioni fra turbine di grande e piccola taglia.

Figura 43 – Rappresentazione delle proporzioni fra grandi e piccole turbine rispetto alla dimensione dell’edificio.

Molti studi e ricerche hanno chiarito che le misure in campo sono insostituibili per valutare l’effettiva ventosità di un sito eolico e devono essere estese per un periodo di almeno 12 mesi. Esistono in commercio numerosi strumenti software che propongono mappe generali di ventosità del territorio, ma i risultati vanno valutati con attenzione. Infatti, a meno che le mappe non siano state calibrate localmente con misure, il dato perde di significatività alle scale del minieolico, poiché è estremamente complesso modellare accuratamente i flussi di aria in vicinanza del terreno per i suddetti effetti locali.

Un criterio per valutare l’utilizzabilità del dato proveniente da mappature (oltre al requisito che esso sia stato calibrato da misure) è l’indicazione dell’errore dichiarato. Molte mappe presentano infatti errori dichiarati superiori a 1-1,5 m/s. Questi valori di incertezza sono oltremodo elevati per le applicazioni eoliche a bassa ventosità e conducono a incertezze inaccettabili sull’energia elettrica resa. Per citare un esempio in merito si analizzi la tabella 5 che riporta i risultati dell’errore che si compie nella stima dell’energia elettrica prodotta a velocità del vento comprese fra 4 e 6 m/s per una turbina commerciale in seguito ad un errore nella stima della velocità media del vento. Il sito considerato è un sito con tipiche caratteristiche dei siti italiani (coefficiente di forma k = 1,6). Nella terza colonna è riportata l’energia annua prodotta (AEP Annual Energy Production), nella quarta l’incertezza di questo valore sulla base dello schema di calcolo delle norme IEC 61400 e nella quinta le variazioni nella produzione attesa al variare della velocità del vento da 4 a 6 m/s. Nell’ultima colonna viene riportato il fattore di utilizzazione degli impianti e fra parentesi il numero di ore di funzionamento equivalenti annue (100% di disponibilità tecnica).

Tabella 5 – Esempio di errore nella valutazione dell’energia prodotta da miniturbine

Si nota come un errore di 1 m/s nella stima della velocità media annua si traduca in variazioni del 50% dell’energia prodotta fra 4 e 5 m/s, e come tale variazione si attenui se l’errore è fatto fra 5 e 6 m/s (±30%). Questo esempio dimostra come un errore di 1 m/s sia inaccettabile per le applicazioni eoliche in siti a bassa ventosità poiché da un punto di vista economico su questa differenza si gioca la fattibilità dell’impianto.   

E’ poi fondamentale il corretto posizionamento della turbina sul territorio. Esistono dei criteri da seguire nell’installazione di miniturbine eoliche per attenuare l’effetto degli ostacoli attorno alla turbina. Alcuni di essi sono riportati nelle figura 44 per quanto riguarda installazioni tipiche nel tessuto extraurbano. Per tutte le situazioni indicate, la posizione A è preferita a B e, se C è presente, B è preferita a C. Eccetto dove diversamente specificato, la freccia la direzione più energetica del vento, ossia la direzione di provenienza del vento che determina nell’anno la maggiore produzione di energia elettrica (può non coincidere con la direzione più frequente del vento!). Il caso (i) illustra come la turbina debba possibilmente sempre trovarsi a monte di ogni ostacolo nella direzione prevalente del vento. Il caso (ii) indica il caso di installazione in zone boscose. Se installata all’interno di una radura la turbina deve sempre trovarsi molto a valle degli ostacoli a monte (in questo caso una pineta) nella direzione più energetica del vento. Il caso (iii) evidenzia come la turbina vada sempre installata al di sopra degli ostacoli più alti (mediamente se l’ostacolo ha altezza H, la parte più bassa del rotore va posta ad almeno 2H).

Figura 44 – Criteri di installazione delle miniturbine eoliche in ambiente extraurbano

In presenza di un ostacolo la macchina va posta sempre molto a valle dell’ostacolo a monte (se l’edificio ha un’altezza H la vena fluida riacquista circa l’85% del suo valore a monte dell’edificio ad una distanza di 20H).
Un discorso a parte meritano i miniparchi eolici, poiché per essi la disposizione ottimale delle turbine va effettuata seguendo le medesime regole utilizzate per i progetto dei grandi parchi.

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10. CRITERI DI INSTALLAZIONE – SITI URBANI

La previsione della risorsa disponibile e delle sue caratteristiche è più complessa quando dalle aree aperte ci si sposta nelle aree suburbane o urbane dove la tessitura di origine antropica ha l’effetto di alterare sostanzialmente la risorsa. Un esempio di questo è illustrato nella figura 45. tratta da una recente pubblicazione dell’Energy Saving Trust inglese che riporta un confronto fra le velocità del vento previste (annual average windspeed) con quelle effettivamente misurate (site anemometer windspeed) per turbine installate in prossimità ad edifici o sopra di essi. I modelli meteorologici classici (NOABL) e le stazioni di misura (Measured MeT) sovrastimano in generale la risorsa in tutti i siti urbani e in particolare in quelli dove le turbine sono montate sugli edifici. Ciò è dovuto agli effetti della tessitura urbana locale ed i fenomeni di bloccaggio indotti dagli edifici. Questo comporta che la produzione sia significativamente più bassa di quella attesa. Un miglioramento nella previsione è ottenuto apportando correzioni alla mappatura NOABL (nel grafico di figura 45 indicate come MCS Adjusted NOABL e Carbon Trust CT). Le conclusioni a cui è giunto questo studio indicano che la risorsa negli ambienti urbani e suburbani è sempre minore di quanto i dati riportano per le aree aperte.

Nel caso (iv) di figura 46 viene valutato più approfonditamente l’effetto del tessuto urbano indicando come vada sempre rispettata la regola di mantenere la più ampia area libera attorno alla macchina e le distanze rispetto agli elementi più svettanti. Poiché la risorsa si riduce progressivamente mano a mano che ci si addentra nelle aree urbane, vanno privilegiate le aree periferiche rispetto a quelle interne. Quando si passa infine alle installazioni sui tetti piani, nel caso (v) si evidenzia come la turbina vada tenuta al di fuori della zona di ricircolazione causata dalla separazione della vena di aria in prossimità dello spigolo del tetto (indicata a tratto), per cui risultano cruciali i parametri della posizione rispetto allo spigolo e dell’altezza della torre su cui è installato il rotore.

Figura 46 – Criteri di installazione delle miniturbine eoliche in ambiente urbano

Nella pratica si possono indicare delle dimensioni massime della turbina in relazione alle dimensioni dell’edificio ma ogni caso va studiato a sé. L’edificio andrebbe predisposto fin dall’inizio per ospitare una turbina eolica. Per ridurre la turbolenza e gli effetti di separazione indotti dallo spigolo del tetto è possibile installare delle apposite strutture architettoniche.
Va inoltre considerato il problema delle vibrazioni indotte dalla turbina e dei possibili effetti di risonanza con elementi dell’edificio (porte, finestre, ecc.). Inoltre non è semplice il problema dell’ancoraggio della macchina alle strutture esistenti. In figura 46 si riporta un esempio di installazione su un edificio appositamente predisposto di macchine in parallelo Anche nel caso di tetto con falda inclinata (figura 44 (vi), la macchina va possibilmente installata ben al di sopra del colmo e sempre sulla falda a monte del vento energetico prevalente.

I numerosi studi pubblicati nel Regno Unito negli ultimi anni, dove più intensa si è fatta la sperimentazione di turbine sugli edifici. Si citi per tutti il Progetto Warwick Encraft Vento Trials che ha coperto 168950 ore di funzionamento di turbine montate su edifici in 26 siti utilizzanti turbine eoliche di cinque produttori di tutto il Regno Unito dal 2007 al 2008. Queste turbine sono stati montate in siti che vanno da tipologie teoricamente scarse (singoli edifici a due piani urbani fino ad alcuni teoricamente eccellenti a quote di 45m su appartamenti alti esposti in ambienti isolati in cima alle colline). Lo studio  dimostra che i fattori di utilizzazione medi sono estremamente bassi, inferiori all’1 %, il che significa un numero di ore di produzione equivalenti annue inferiori a 90. Questo risultato è riconducibile a tre motivi fondamentali: il primo è dovuto alla risorsa in sé che viene drasticamente ridotta dall’ambiente urbano, il secondo è dovuta a problemi di natura tecnica delle turbine che spesso hanno prestazioni molto difformi da quanto dichiarato dai costruttori (curve di potenza non rispondenti al comportamento in campo o il fatto che le condizioni ambientali hanno effetti riducenti sulla curva di potenza), il terzo motivo è una installazione inefficace che ad esempio non rispetta i semplici requisiti indicati in precedenza (ad esempio mancato rispetto delle distanze minime indicate). 

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11. VALUTAZIONI SUL POTENZIALE MINIEOLICO IN ITALIA

Il territorio italiano è caratterizzato da una ventosità media molto difforme. Come si deduce dalle mappe eoliche italiane (figura 23), essa all’altezza di 30 m risulta concentrata essenzialmente nel sud della penisola, sulle isole e sui rilievi, anche se localmente esistono aree a ventosità medie derivanti da particolari condizioni orografiche e microclimatiche. Queste elaborazioni possono essere organizzate per ottenere informazioni circa l’estensione di territorio sottoposto a venti di una determinata intensità. Nella figura 48 viene ad esempio illustrato la distribuzione, in termini percentuali, di territorio caratterizzato da una certa ventosità media. In figura 49 si riporta la corrispondente curva cumulata. Dall’analisi delle figure 48 e 49 emerge che il 42% di superficie di territorio presenta venti a intensità compresi superiori a 4-5 m/s e l’8% ventosità superiori a 5-6 m/s.

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12. CONCLUSIONI

A conclusione si ritiene che il settore delle mini e micro macchine presenti grandi potenzialità e si rivolga ad un mercato potenzialmente enorme. A questo concorrono storicamente una serie di condizioni, quali la decisa politica di incentivazione promossa dall’Europa e dagli Stati Uniti, le strategie di riduzione delle emissioni inquinanti, anche negli ambienti urbani, la sostenibilità dello sviluppo locale e la possibilità di integrazione fra fonti energetiche. Condizioni essenziali affinché questo sviluppo avvenga sono una forte azione culturale sulla potenziale utenza, una migliore conoscenza del territorio e delle sue risorse e la possibilità di utilizzo della rete elettrica come serbatoio di accumulo.

I fattori di successo futuro del micro e mini eolico sono essenzialmente riconducibili a quattro aspetti:

• identificazione di soluzioni tecnologiche correttamente indirizzate ai segmenti del mercato ed alla risorsa disponibile. In questo concetto rientra anche quello di macchine efficaci nei siti ad elevata produttività e a bassa rumorosità per essere utilizzabili anche all’interno di siti sub-urbani o urbani.

• Riduzione dei costi di costruzione. La turbina deve presentare fattori di economicità dell’investimento chiari anche in relazione all’apporto di fonti finanziarie incentivanti e al regime di tassazione. Tale risultato può essere perseguito adeguando il settore produttivo alla mentalità della produzione di larga scala e con progetti modulari dei componenti quali rotori modulari e generatori di serie. In questo ambito, la qualità ed il controllo della produzione dei singoli componenti è essenziale. Il prodotto eolico è tipicamente un prodotto che deve avere elevata affidabilità, standardizzazione dei componenti e una filosofia di progetto a rottura sicura per garantire, specialmente per la destinazione d’uso del mini e micro eolico, l’incolumità a persone e l’integrità dei beni prossimi all’installazione. 

• Riduzione dei costi di installazione e manutenzione. I costi di installazione possono costituire il 20% del costo della turbina e possono essere drasticamente abbattuti mediante soluzioni di progetto dedicate ad esempio creando un sistema di diagnostica e monitoraggio. Questo consente interventi su condizione gestiti da un centro di raccolta ed elaborazione dati in grado di decidere tempestivamente sugli interventi in remoto. In un mercato più espanso, la logistica e la rete commerciale possono qui giocare un ruolo cruciale.

• Esistenza di metodi di rilevamento economici della risorsa eolica o sistemi di mappatura affidabili. Generalmente la quasi totalità delle mini e micro turbine viene istallata senza una preventiva indagine sulla risorsa eolica. Questa situazione deriva dal fatto che la campagna anemometrica è un costo fisso che può rappresentare una frazione considerevole del costo di una mini turbina (circa il 10%-20% per una macchina da 20 kW) o addirittura eccedere il costo della micro turbina. E’ chiaro che in queste condizioni la previsione dell’ energia utilizzabile è impossibile o eccessivamente approssimata e genera situazioni di poca chiarezza fra produttore e utilizzatore. Stante la mancanza di una preventiva analisi anemometrica e spesso l’insufficiente qualità dell’assistenza tecnica del produttore, non è possibile attribuire il mancato reddito alla risorsa o ad un problema tecnico (ad esempio di controllo della macchina). Inoltre la mancanza della conoscenza della risorsa preclude in generale la possibilità di progettare mini parchi eolici, dove il posizionamento reciproco delle macchine viene stabilito sulla base della campagna anemometrica.

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13. BIBLIOGRAFIA

  • L. Battisti, Gli Impianti Motori Eolici, ed. Green Place Energies, 2011
  • Campo Eolico Sperimentale di Trento (www.eolicotrento.ing.unitn.it)
  • Germanischer  Lloyd, GL, Rules and Regulations, IV  – Non Marine Technology, Part 1 Wind Energy, Regulations for Certification of Wind Energy Systems, Chapters 1-10 ed. 1998 e segg.
  • IEC 61400-2 – Wind Turbines, Part 2: Design Requirements For Small Wind Turbines
  • Pedro Fernàndez Dìiez, Energía Eólica, Ed. Departamento de Ingeniería Eléctrica Energética Universidad de Cantabria, Espagna, 2005
  • Renewable Uk, www.renewable-uk.com
  • SWIIS (Small Wind Industry Implementation Strategy Project), www.smallwindindustry.org
  • The Department for Trade and Industry, www.dti.gov.uk/files/file27558.pdf
  • Warwick Encraft Vento Trials, www.warwickwindtrials.org.uk

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