Ci sarà tempo fino al 12 maggio per partecipare a una consultazione avviata dal Mimit sulle linee guida “Disposizioni in materia di appalti di forniture di qualità per le pubbliche Amministrazioni”.
L’atto è previsto dall’articolo 16 della legge n. 206/2023 sul “Made in Italy”, che punta a valorizzare e tutelare la qualità dei prodotti nazionali o europei e promuovere l’effettiva partecipazione delle micro, piccole e medie imprese, anche di prossimità, alle procedure di affidamento degli appalti pubblici.
L’aspetto energetico è dunque presente nella bozza proposta dal ministero, introducendo delle premialità alle offerte di imprese che presentano un’analisi di impatto ambientale, comprensiva dei consumi energetici, relativa a tutte le fasi della fornitura: “Trasporto da e per la stazione appaltante, messa in opera/in servizio delle forniture, produzione di rifiuti, sostituzione e ritiro dei prodotti usati, eventuali procedure di riutilizzo e riciclo”.
Tale analisi va consegnata nell’ambito della manifestazione d’interesse al bando ed elemento principale di valutazione sarà l’abbattimento della CO2 conseguibile.
A ciò si aggiungono premialità per le aziende che abbiano conseguito certificazioni come la Iso 50001 sui sistemi di gestione dell’energia, Iso 14001:2015 sui sistemi di gestione ambientale o la registrazione europea Emas (eco-management and audit scheme).
In sintesi, l’obiettivo è fare in modo che si presti attenzione a un minore impatto energetico-ambientale sia dei prodotti forniti alla PA, in termini di generazione e logistica, sia dei servizi erogati.
Un gap informativo e formativo da colmare
“Non si può che essere d’accordo con le misure previste, tutte mirate a produrre effetti positivi di tipo economico, ambientale e sociale”, commenta a QualEnergia.it Dario Di Santo, direttore Fire.
“Le questioni vere stanno nella genericità dei criteri, che lasceranno ampio spazio alle stazioni appaltanti su cosa effettivamente chiedere in fase di gara e come”, ma anche “nella capacità della PA di riuscire a effettuare le valutazioni richieste dalle linee guida. Se, infatti, assegnare un punteggio premiante ai fornitori dotati di certificazioni e ai prodotti risulta semplice, riuscire a definire in modo efficace i criteri per valorizzare gli aspetti qualitativi e ambientali legati al prodotto è un’altra storia”.
Questo perché le linee guida chiedono alla stazione appaltante di procedere in tre fasi successive:
- individuare preliminarmente le specifiche finalità dell’approvvigionamento di prodotti;
- valutare coerenza dei criteri di misurazione della qualità dei prodotti rispetto alle finalità individuate;
- valutare la proporzionalità tra criteri e finalità.
Alle stazioni appaltanti, in sostanza, “si richiede di mettere in campo conoscenze e competenze specifiche non scontate”, per le quali “potrà essere utile sostenere una formazione adeguata, promuovendo le buone pratiche”.
Secondo Di Santo senza un adeguato supporto non sarà facile raggiungere gli scopi delle linee guida. Per questo spiega che “sarebbe utile prevedere adeguate misure di accompagnamento di tipo informativo, formativo e sistemico, come gli one-stop-shop, o sportello unico, in grado di aiutare in particolare le Amministrazioni più piccole in questo percorso”.
Il know-how è al centro delle valutazioni fatte anche da Daniele Ricciardi, presidente di Assorup (associazione nazionale dei responsabili unici del progetto), sentito da QualEnergia.it.
“Ancora una volta si ribalta sulle stazioni appaltanti la responsabilità di verificare analisi di impatto per le quali spesso mancano adeguate competenze. Il Responsabile Unico di Progetto, Rup, non può essere appesantito da controlli che, in assenza della necessaria formazione, non saprebbe gestire. Chiediamo al Governo, non solo in questo ambito, di creare strutture che abbiano la missione specifica di effettuare valutazioni e controlli. Pensiamo, ad esempio, alla parità di genere, al costo del lavoro o all’applicazione dei contratti collettivi. Davvero si pensa che le stazioni appaltanti di medie o ridotte dimensioni siano in grado di intervenire?”.
Per Ricciardi “discorso analogo riguarda le certificazioni, che sono un utile strumento on/off per superare requisiti tecnici, ma che poi non sempre si traducono in qualità nell’esecuzione dell’appalto. La gestione energetica è materia complessa e di grande attualità. Le certificazioni devono trovare concreta applicazione durante l’esecuzione dei contratti ed è per questo che occorre formare anche una classe di direttori dell’esecuzione o dei lavori che faccia rispettare i requisiti richiesti o promessi dall’aggiudicatario”.
In conclusione, “è evidente che le disposizioni richiedono un rinnovato impegno per i Rup nel definire specifiche e criteri premiali, ma soprattutto di saperli valutare sia in fase di gara che in fase di esecuzione dei contratti, dove si gioca la partita dell’appalto. È un intervento che si potrà giudicare soltanto in fase attuativa”.
L’aspetto delle competenze è all’attenzione di Assorup già da tempo, come rimarcato anche lo scorso 11 febbraio, in occasione delle celebrazioni per la Giornata nazionale del Rup.
L’auspicio è che “le istituzioni del settore, in primis Anac e Mit, possano dare spazio ai nostri progetti inclusivi, che mirano a un obiettivo comune: professionalizzare il settore dei contratti per spendere bene i soldi dei contribuenti”, ha concluso Ricciardi