Il Sole in bottiglia: i sistemi di accumulo per la transizione energetica africana

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Il rapidissimo aumento della popolazione africana e la crescita economica si tradurrà ben presto in un vertiginoso aumento della domanda di energia nel continente (+30 % entro il 2040). Quale ruolo per i sistemi di accumulo nella transizione energetica africana?

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L’Africa mediterranea e subsahariana sono due delle regioni del mondo di maggior interesse, per quanto concerne lo sviluppo delle rinnovabili.

Sebbene dotata di risorse energetiche incommensurabili, sono più di 28 i milioni di persone che, nell’area MENA, non godono ancora di un accesso all’energia; attraversando il Sahara, invece, tale cifra supera i 600 milioni.

Una vera e propria emergenza, rispetto cui le rinnovabili possono fornire una soluzione affidabile. Eppure, anche laddove vi siano impianti attivi e infrastrutture che li servono, la sicurezza nelle forniture è tutt’altro che garantita.

A titolo d’esempio, nell’Africa occidentale, sono circa 44 al mese le ore di blackout, con danni economici sofferti dalle aziende stimati al 5-10% degli introiti annuali.

Ciò si ripercuote inoltre sulle dinamiche macroeconomiche degli Stati africani, dalle esportazioni (fino al 6-12% in meno su base annua), alla performance complessiva dei settori secondario e terziario  (vedi anche il documento di RES4Africa “Accelerating renewable energy deployment with regional integration: a 10 years retrospective on West Africa“).

Il dilemma, dunque, non è solo come costruire nuovi impianti e relative infrastrutture, ma come garantire che l’energia fornita sia sempre accessibile. La soluzione consiste in una tecnologia che sta rapidamente guadagnando attenzione e investimenti: i sistemi di accumulo di energia, o energy storage systems.

Come sottolineato da RES4Africa in un panel dedicato, stiamo parlando di una delle chiavi di volta della transizione energetica africana. I sistemi di accumulo, infatti, consentono di raccogliere l’energia prodotta da fonti rinnovabili per un successivo rilascio in fasi di maggior domanda o minor disponibilità, rispondendo così a diverse problematiche.

La prima, ça va sans dire, è il rapidissimo aumento della popolazione africana, che entro il 2050 rappresenterà il 25% di quella globale. Unitamente alla crescita economica ciò si tradurrà in un vertiginoso aumento della domanda di energia, che incrementerà del 30% entro il 2040.

Sarà di conseguenza cruciale non solo espandere la capacità di sfruttamento delle fonti rinnovabili, ma anche massimizzare l’efficienza d’infrastrutture già operative. I sistemi di accumulo possono inoltre contribuire a una sostanziale riduzione dei costi: consentono infatti d’immagazzinare l’elettricità durante i periodi a bassa domanda, rilasciandola poi quando la richiesta torna a crescere producendo una lievitazione dei prezzi energetici.

Ciò costituisce uno stimolo per gli operatori e per i mercati nazionali, permettendo di risparmiare su costi operativi e di manutenzione, nonché di ridurre le  importazioni di combustibili fossili da altri paesi.

Dulcis in fundo, i sistemi di accumulo rappresentano un ulteriore asso nella manica a fronte dei cambiamenti climatici e dei fenomeni meteorologici estremi di cui sono latori, permettendo una maggior resilienza, e contribuendo alla progressiva decarbonizzazione dei sistemi energetici (si veda anche il report IEA “Grid-Scale Storage“).

Dall’Uganda all’Egitto, dal Kenya all’Etiopia, sono sempre di più i paesi africani che stanno realizzando sistemi di accumulo: per sostenere efficacemente i loro sforzi e garantirne il buon esito è però necessario facilitare gli investimenti privati internazionali, tramite azioni dedicate come la creazione di quadri normativi adeguati, di strumenti di de-risking e di un costante knowledge transfer tra nazioni e attori pubblico-privati operanti nel settore.

Ciò permetterà di fare importanti passi in avanti nella transizione energetica africana nella quale, come abbiamo visto, i sistemi di accumulo rappresentano un’insostituibile pietra angolare.

L’articolo è stato pubblicato sul n.1/2023 della rivista bimestrale QualEnergia, con il titolo “Sole in bottiglia”.

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