Sardegna con 100% di rinnovabili elettriche. Si può fare?

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La risposta è "sì", secondo uno studio del Politecnico di Milano e altre università presentato in anteprima a KEY a Rimini. Tra i risultati: prezzo zonale in calo del 39% al 2030 e uso di gas concentrato sulle utenze industriali.

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Il sistema energetico della Sardegna può funzionare con il 100% di fonti rinnovabili nel settore elettrico, senza centrali a combustibili fossili e con una modica quantità di gas naturale liquefatto per alimentare i processi industriali a media-alta temperatura.

La domanda attesa di gas non giustifica la realizzazione di infrastrutture di rete per il trasporto del metano, come l’ipotizzata e tanto contestata dorsale.

Anche l’eventuale riconversione a gas della centrale a carbone di Fiume Santo diventerebbe uno “stranded asset”: un impianto sostanzialmente inutile, messo fuori mercato dall’ampia disponibilità di MWh a minor costo generati da solare ed eolico.

Queste le principali conclusioni dello studio presentato il 6 febbraio, in anteprima a KEY a Rimini, intitolato “Analisi di possibili traiettorie per la transizione energetica in Sardegna”, realizzato dal Politecnico di Milano con le Università di Cagliari e Padova e finanziato da diverse associazioni (tra cui Coordinamento Free, Italia Solare e Consorzio Italiano Biogas).

Con rinnovabili e accumuli, si prevede che il prezzo zonale dell’energia elettrica calerà del 39% in pochi anni, da una media di 108,3 euro per MWh nel 2024 a 66,4 €/MWh nel 2030.

I maggiori costi iniziali di investimento per sviluppare le rinnovabili saranno più che compensati da costi di esercizio degli impianti nettamente inferiori rispetto alle fonti fossili.

In sostanza, puntare su eolico, fotovoltaico e batterie è la scelta più conveniente in termini economici per la Sardegna e sarebbe pienamente realizzabile garantendo la sicurezza delle forniture, grazie anche alla realizzazione dell’elettrodotto sottomarino Tyrrhenian Link da 1.000 MW di Terna, che unirà la Sardegna alla Campania passando per la Sicilia.

Lo studio arriva nel pieno della campagna contraria alle rinnovabili sull’isola, continuamente fomentata dalla stampa locale e abbracciata dalla politica con una legge regionale sulle aree idonee, la n. 20 del 2024 poi impugnata dal governo, che rende off-limits la quasi totalità del territorio sardo.

L’indagine ha usato un modello macro-settoriale per determinare il costo sistemico dei diversi scenari considerati. Nello scenario Fer 100% si avrebbero in totale al 2030:

  • 7 GW di fotovoltaico, di cui oltre due terzi da grandi impianti utility scale e poco più di 1 GW da installazioni in autoconsumo o comunità energetiche;
  • 4 GW di eolico, di cui oltre metà a terra;
  • 14 GWh di accumuli, in prevalenza di grande taglia, come previsto da Terna-Snam.

Si prevede quindi di superare la capacità installata del burden sharing per la Sardegna ai sensi del decreto sulle aree idonee, pari a 5,6 GW di solare e 3 GW di eolico.

Si fa poi notare che tutti gli impianti a fonti rinnovabili avrebbero un impatto minimo sulla superficie agricola totale, occupandone non più dello 0,3%, pari a circa 3.850 ettari.

Peraltro, lo studio Scacco matto alle rinnovabili 2025 presentato sempre a KEY da Legambiente, mostra che la Sardegna rischia di raggiungere l’obiettivo assegnato dal decreto aree idonee con 20 anni di ritardo, a causa dei vincoli e delle restrizioni imposti alle rinnovabili.

L’Italia complessivamente rischia invece di arrivare al target 2030 con otto anni di ritardo. Per stare in linea con i numeri del decreto, si dovrebbero installare circa 10 nuovi GW in media ogni anno. Una quota ancora lontana, considerando che i 7,4 GW del 2024 hanno in pancia moltissimo fotovoltaico incentivato con il Superbonus, destinato ora a scomparire.

Tornando allo studio del Politecnico, con le Università di Cagliari e Padova, lo scenario sardo Fer 100% richiede di realizzare ogni anno 950 MW di fotovoltaico e 470 MW di eolico, considerando che oggi la Regione conta 2,5 GW complessivi di rinnovabili.

L’installato annuo sarebbe inferiore considerando uno scenario che dovesse mantenere la produzione termoelettrica della raffineria Sarlux con requisiti di essenzialità (7.350 ore minime di funzionamento vincolate).

Nel Fer 100%, il fabbisogno di gas al 2030 sarebbe circoscritto alla generazione di calore industriale a media-alta temperatura, da soddisfare con Gnl, mentre il settore termico civile vedrebbe un impiego predominante di pompe di calore, oltre alle biomasse e alle misure di efficienza energetica per ridurre i consumi.

E grazie al Tyrrhenian Link, la Sardegna potrebbe ottimizzare i flussi energetici, con la prospettiva di esportare circa il 35% della sua generazione elettrica con minimi ricorsi all’import in determinate circostanze (basso apporto delle rinnovabili e accumuli insufficienti).

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