Mobilità elettrica, quali politiche industriali per la transizione della filiera dell’automotive?

Le Associazioni di categoria indicano quali politiche industriali servirebbero nella transizione alla mobilità elettrica.

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La transizione delle aziende della mobilità verso l’elettrico è un cammino a ostacoli e per questo gli attori chiedono un chiaro indirizzo politico (30% delle risposte), liquidità per gli investimenti (29%) e competenze (13%).

È quanto emerge dalle anticipazioni dall’indagine presentata nel report “E-mobility Industry survey – La transizione della filiera della mobilità e il ruolo delle politiche industriali” (abstract allegato in fondo) a cura delle Associazioni di categoria MOTUS-E, ANFIA, ANIE Federazione, ANCMA e dell’Università di Ferrara, che sarà presentato a gennaio 2022.

Sono state intervistate, su scala nazionale, 122 imprese che operano sia nella filiera della mobilità tradizionale che in quella elettrica, con l’obiettivo di dare una prima evidenza dello stato della transizione industriale: dai costruttori di veicoli finiti (24% del campione), ai vari livelli di fornitura, compresi i fornitori di servizi, che rappresentano ormai il 25% del totale.

L’indagine mette nero su bianco le priorità delle aziende, ma anche le diverse velocità di risposta alla sfida industriale e culturale dell’elettrificazione della mobilità all’interno della filiera.

Per il 65% degli operatori della componentistica la mobilità elettrica non è ancora una priorità, mentre il 40% degli operatori che si stanno ri-specializzando più rapidamente sono OEM (Original Equipment Manufacturers), ovvero aziende che realizzano un prodotto originale con il proprio marchio.

Il report, inoltre, approfondisce e analizza la domanda di formazione delle imprese, la necessità di realizzare linee produttive per il mercato della mobilità elettrica e gli ostacoli che le aziende incontrano nell’accedere agli strumenti pubblici di sostegno ed evidenzia la centralità delle attività di ricerca, sviluppo e innovazione come requisiti indispensabili per affrontare la transizione: il 94% dei costruttori di veicoli finiti sta già investendo in questa direzione.

I principali ostacoli del sistema industriale italiano emersi dall’indagine sono i rapporti con la pubblica amministrazione e i suoi finanziamenti, e i rapporti con il sistema nazionale dell’istruzione e della formazione professionale.

Secondo gli autori, per incrementare l’efficacia delle politiche industriali nel sostenere la transizione bisogna agire su tre livelli. Il primo è la ricerca di base, dentro e fuori la filiera, per avanzare alcune tecnologie critiche, affermare alcuni standard di riferimento, e ridurre l’incertezza che mina l’efficacia e il successo degli investimenti industriali.

Il secondo livello è la ricerca applicata, soprattutto dentro la filiera, attraverso progetti con tempi contenuti e orientata a risultati di breve periodo.

Il terzo livello riguarda l’istruzione e formazione, per creare un’offerta di professionalità capace di applicare e sviluppare le tecnologie che caratterizzano la transizione e, allo stesso tempo, di valorizzare tutto il patrimonio della filiera.

Infine, ecco alcune raccomandazioni più specifiche presentate dalla ricerca per orientare le nuove traiettorie di sviluppo:

  • l’istituzione di un tavolo di lavoro che si occupi dell’analisi e valutazione degli strumenti di politica industriale e di supporto alle imprese per accompagnarle nella transizione e riconversione;
  • l’apertura di una collaborazione e dialogo con l’Agenzia delle Entrate e Invitalia per la condivisione dei dati consuntivi sull’andamento delle misure, per capire quali vengono utilizzate di più e quali sono più efficaci, per agevolare l’orientamento delle scelte future e proporre meccanismi di semplificazione;
  • l’aumento del contributo per ricerca & sviluppo (soprattutto di base), innovazione e formazione 4.0, per incoraggiare l’investimento privato, sostenere la competitività delle imprese e favorirne i processi di transizione verso l’elettrico;
  • il potenziamento dei dottorati industriali per l’inserimento di figure altamente specializzate, soprattutto nelle imprese del settore automotive con un focus particolare sulla mobilità elettrica e la digitalizzazione della mobilità, estendendo lo sgravio fiscale per l’assunzione a fine ciclo fino a un massimo di 8mila euro ciascuno;
  • la defiscalizzazione dell’assunzione di personale esperto (under 35) che favorisca il trasferimento di know-how tecnologico e l’upskilling e il reskilling interno per favorire la transizione all’elettrico, dato che attualmente gran parte della formazione ai dipendenti è svolta da esperti interni alle aziende;
  • la ridefinizione degli attuali meccanismi di supporto per PMI che non sempre hanno capienza fiscale per poter beneficiare del credito d’imposta, con contributi anticipati o a fondo perduto per l’avvio di progetti di riconversione produttiva;
  • l’utilizzo della formazione ITS (formazione tecnica post-diploma non universitaria) per l’upskillling e incentivazione fiscale per il reskilling dei lavoratori, creando nuovi percorsi professionalizzanti sulla mobilità elettrica e digitalizzazione della mobilità;
  • il supporto informativo per accompagnare le PMI per accedere ai fondi, ad esempio tramite voucher per pagare dei professionisti esperti;
  • l’estensione territoriale dei perimetri dei Contratti di sviluppo, riduzione delle soglie di investimento per l’accesso alla misura per favorire la partecipazione delle PMI, introduzione di meccanismi di flessibilità per salvaguardare la liquidità delle imprese e aumento delle percentuali di cofinanziamento degli investimenti di riconversione delle linee produttive;
  • l’introduzione di strumenti fiscali per agevolare le aggregazioni tra imprese e la crescita dimensionale delle aziende;
  • l’estensione temporale dei finanziamenti ottenuti (es. Garanzia Italia) a 15 anni per poter gestire al meglio eventuali investimenti e ristrutturazioni.

Abstract del Report (pdf)

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