Pnrr, serve coerenza fra programmi e obiettivi e una visione chiara per l’Italia

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Mentre il governo è impegnato a riscrivere il Pnrr, alcune delle principali organizzazioni ambientaliste italiane hanno fatto il punto su come il piano dovrebbe essere sviluppato.

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Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) deve passare dalle evidenze scientifiche ed essere coerente con gli scenari di decarbonizzazione europei ai quali le politiche italiane non sono ancore allineate. È questo uno dei messaggi chiave emersi dal webinar organizzato ieri da WWF Italia, dai centri studi ECCO ed europep E3G e dall’Istituto Wuppertal (video in basso).

“Manca una visione forte per la decarbonizzazione e progetti significativi nelle flagship europee: rinnovabili elettriche ed i relativi sistemi di accumulo, elettrificazione dei trasporti, efficienza energetica negli edifici”, ha detto Matteo Leonardi, co-fondatore del think tank ECCO, aprendo il webinar Il Piano Italiano di Ripresa e Resilienza: analisi comparativa e buone pratiche europee, cui hanno partecipato, fra gli altri, anche Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia ed Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente.

Un po’ tutti i partecipanti hanno indicato di attendere con trepidazione la nuova versione del Pnrr, che il governo sta precipitosamente riscrivendo per poterlo inviare entro la scadenza del 30 aprile a Bruxelles, dopo che la prima versione del gennaio scorso presentava varie lacune quanto a obiettivi, progetti, indicatori e metodi che ne delineassero una strategia coerente rispetto agli obiettivi nazionali ed europei.

L’altra esortazione cruciale emersa dall’incontro è che l’Italia deve assolutamente cogliere l’opportunità messa a disposizione del Recovery Fund, poiché beneficiaria della fetta più grande di finanziamenti, e poiché sulla sua capacità progettuale ed esecutiva di ripresa economica e tutela del clima si misurerà la sua credibilità politica ed economica nei prossimi 20 anni.

In Italia, oltre al ritardo nell’allineare le politiche nazionali agli obiettivi europei, preoccupano anche un Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) in cui il gas ricopre un ruolo eccessivo, ed il rischio di inclusione di progetti ancora basati sulle fonti fossili nel settore dei trasporti, dell’economia circolare e dell’idrogeno, hanno puntualizzato vari intervenuti al webinar.

Se si guarda al panorama europeo, in Spagna, per esempio, l’occasione del Pnrr coincide con un incremento degli obiettivi delle rinnovabili, come chiave di sviluppo; in Germania, il piano poggia su una strategia integrata per trasformare l’industria automobilistica rispetto alla propulsione elettrica.

Scendendo più nei particolari, la versione attuale del Pnrr prevede 69,8 miliardi di euro per la rivoluzione verde e la transizione ecologica su 223,9 miliardi di euro destinati da Next Generation EU. Tuttavia, non basta che siano progetti genericamente “verdi”, devono essere significativi, hanno concordato i partecipanti all’incontro.

Nel settore delle rinnovabili, il Pnrr dovrà essere in grado di aggiungere almeno 5.000 MW di rinnovabili elettriche l’anno, partendo dalla riforma delle autorizzazioni e con interventi attenti a previlegiare la difesa del suolo, secondo il WWF.

Nel settore dell’efficienza energetica, il Pnrr deve lanciare programmi significativi negli edifici pubblici a partire dalle scuole e nell’edilizia residenziale. Anche in riferimento all’edilizia privata i piani di spesa devono essere vincolati ad obiettivi minimi di efficienza che, secondo Zanchini, potrebbero o dovrebbero essere anche più stringenti di quelli previsti dal superbonus 110%, che lega i benefici al miglioramento di due sole classi energetiche – cosa forse troppo facile, visto che molti edifici partono da condizioni di efficienza molto basse.

Nel settore della mobilità, i progetti devono focalizzarsi sulla mobilità urbana e regionale, per circa 30 miliardi di euro, e nella messa in sicurezza delle strade, non solo sulla mobilità ferroviaria di lunga distanza, come nella prima versione del piano. Il Pnrr non può inoltre mancare l’elettrificazione del sistema dei trasporti, inclusa la realizzazione dell’infrastruttura di ricarica.

Nel settore industriale servono poi tre diversi programmi: a breve per favorire efficienza energetica ed economia circolare; a medio termine, di carattere più strategico, per l’innovazione tramite idrogeno verde, accumuli, elettrificazione dei trasporti ed elettromeccanica; e a nel lungo periodo per impostare la decarbonizzazione di settori energivori come acciaio e cemento.

“Il Recovery Plan deve avere una visione e un’identità chiara, fondata sull’economia rigenerativa e decarbonizzata”, ha detto Midulla del WWF Italia. “Il Governo deve indicare come vuole raggiungere il target di almeno il 37% di azioni per il clima e per la biodiversità, ma ogni singola misura, ogni singolo progetto deve essere coerente con la prospettiva di decarbonizzazione e sviluppo verde e deve avere standard di qualità elevati”.

Il piano, inoltre, si deve sottrarre al pericolo dell’uso dell’idrogeno come scappatoia per far rientrare in gioco i combustibili fossili, sia con la cattura e lo stoccaggio del carbonio o direttamente con il gas, ha avvertito Midulla.

“L’idrogeno è un vettore energetico che deve essere ricavato con fonti rinnovabili e va usato limitatamente ai settori in cui serve, altrimenti si perderà solo energia, tempo e denaro delle future generazioni. L’Italia deve creare filiere e nuovo sviluppo a partire da rinnovabili, elettrificazione, uso efficiente delle risorse e dell’energia”, ha detto.

E per valutare con criteri oggettivi i piani che i vari paesi hanno già presentato o si apprestano a presentare, il Wuppertal Institute e E3G hanno sviluppato una piattaforma online, il Green Recovery Tracker, che, in collaborazione con esperti nazionali e settoriali, fornirà un’analisi sulla coerenza delle misure nazionali di ripresa con la transizione verde.

L’Ue è sulla buona strada per una ripresa ecologica, ha detto Elena Molter, del Wuppertal Institute. “La nostra analisi delle misure di ripresa pianificate in nove stati dell’UE rileva che circa 133 miliardi di euro sono assegnati ad attività a sostegno della transizione verde”.

Come verrà valutato il piano italiano?

“L’Italia è maggiore beneficiaria di NextGenEU, non dovrà presentare solamente una lista di progetti ma strategie significative. Se non irrobustisce le condizionalità di accesso ai fondi, si rischia una valutazione neutra, se non addirittura, negativa, mettendo a repentaglio la dotazione totale dei fondi” ha concluso.

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