Perdita nella centrale nucleare slovena a 120 km da Trieste

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La vecchia centrale di Krško con 40 anni di vita da venerdì non sta più producendo elettricità per garantire le complesse riparazioni di una perdita nel circuito primario. Costruita in zona sismica, si vorrebbe pure prolungarne la vita di altri 20 anni.

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La centrale nucleare di Krško in Slovenia, a 120 km da Trieste, è stata spenta per una perdita riscontrata nel sistema di collegamento del circuito primario.

Gli operatori della vecchia centrale, gestita da Nek, hanno quindi localizzato la perdita riscontrata giovedì 12 ottobre, in seguito alla quale è stata inizialmente ridotta gradualmente la potenza del reattore, per poi arrivare allo spegnimento venerdì 13.

La perdita sembra si troverebbe nel corpo principale dell’impianto che genera il calore, poi trasferito alle turbine per la produzione di energia elettrica.

La centrale di Krško, di tipo PWR con una potenza di 666 MW, è entrata in esercizio nel 1983 ed è, peraltro, costruita in zona sismica. Unica centrale nucleare slovena, si trova verso il confine con la Croazia nella Carniola Bianca.

La Nek (Nuklearna Elektrarna Krsko) ha comunicato di aver attivato tutte le procedure del caso, in modo da accertare nel dettaglio le cause della perdita e predisporre un piano d’azione. L’operazione richiederà diverse settimane, visto che il guasto si trova in una conduttura collegata al sistema primario difficile da raggiungere.

Oltre agli operatori di Nek nella centrale sono presenti i rappresentanti dell’Autorità nazionale per la sicurezza nucleare (URSJV), coadiuvati da esperti internazionali dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, in modo da ottenere un’analisi più dettagliata della causa della perdita, poiché “riparare il danno senza eliminare la causa non garantisce la sicurezza nucleare a lungo termine”, si legge nel comunicato dell’URSJV.

Lo spegnimento a freddo significa che la centrale atomica non sta producendo elettricità, quindi, la temperatura e la pressione nel circuito primario sono significativamente ridotte per garantire di lavorare in sicurezza.

Già ad aprile del 2022 in molti, Legambiente inclusa, avevano esplicitamente richiesto al governo Draghi di chiedere la chiusura della centrale nucleare e di opporsi al prolungamento della vita dell’impianto per altri 20 anni, cioè fino a 2043, proposto dalla Slovenia nel 2015.

Una pressione che aveva fatto già il governo austriaco, poiché il progetto di prolungamento dell’esercizio della centrale era stato sottoposto a VIA transfrontaliera e quindi erano stati chiamati esprimersi i paesi confinanti e quelli coinvolti: Italia, Austria, Slovenia, Croazia, Bosnia, Ungheria. In base agli accordi europei la centrale andava comunque dismessa, ma tutto si è fermato per la guerra in Ucraina.

Lo spegnimento della centrale era avvenuto già nel 2020, quando un terremoto colpì la Croazia, mentre nel 2008 si era verificata una perdita da una valvola.

Stiamo parlando di una struttura ormai vecchia, entrata in esercizio 40 anni fa e costruita in una zona sismica, priva di un deposito per smaltirne i rifiuti. Il rischio insito in questa vecchia struttura ha portato ad una interrogazione di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera rivolta al ministro dell’Ambiente per avere chiarimenti sulla situazione.

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