Nel giudicare un’auto elettrica usata concorrono diversi fattori che portano i potenziali acquirenti a sottostimarne il valore in percentuale rispetto al prezzo di listino.
La disponibilità intermittente di incentivi all’acquisto, o l’errata percezione della durata di vita delle batterie, così come l’attesa di un repentino miglioramento tecnologico proprio nei sistemi di accumulo, tende a scoraggiare l’acquisto di veicoli elettrici usati e a farne abbassare le quotazioni.
Secondo Motus-E, che ha condotto uno studio insieme a Quattroruote Professional, in Italia le quotazioni per questo tipo di veicoli hanno scontato finora una limitata conoscenza del prodotto. Con una maggiore comprensione della tecnologia sarebbe quindi più semplice per i consumatori “leggere” il mercato “contribuendo a determinare il vero valore di questi veicoli”.
La ricerca “Una scelta elettrica oggi, una scelta di valore domani” (link in basso), pubblicata il 12 febbraio e fondata sulla Banca dati Quattroruote Professional, approfondisce per la prima volta in Italia i diversi elementi che contribuiscono a definire le quotazioni dei veicoli elettrici usati.
Come mostra il grafico, il valore residuo per le auto elettriche espresso in percentuale sul prezzo di listino del nuovo è il più basso tra tutti i tipi di alimentazione, intorno al 54%.
Nell’analisi si rileva come uno dei fattori che influenza i prezzi dell’usato elettrico sia la presenza a fasi alterne dell’Ecobonus, tra il 2019 e il 2024. I bonus, infatti, riducendo il prezzo reale di vendita, impattano negativamente sulla quotazione delle auto usate, in particolare sugli esemplari meno anziani.
Quegli equivoci sulle batterie
Ma il fattore che incide di più è la diffusa percezione al ribasso della reale longevità delle batterie. Al di là della vita utile degli accumulatori, che può tranquillamente superare quella dell’auto stessa, il fraintendimento riguarda la cosiddetta “capacità residua”.
Con il passare degli anni, infatti, gli accumulatori al litio perdono gradualmente capacità di immagazzinare energia, motivo per cui i costruttori assicurano livelli minimi di capacità (in media dell’80%) al termine della garanzia, che di solito dura 8 anni.
Secondo il report, però, questa perdita di capacità avviene in maniera molto più lenta. L’analisi effettuata su un campione di 5.000 auto elettriche usate, condotta con Power checK Control (PKC), evidenzia un degrado medio delle batterie di appena l’1,5% annuo. Percentuale che tende inoltre a diminuire considerevolmente dopo i primi 9 anni di utilizzo.
Questo andamento si traduce in variazioni minime dell’autonomia dei veicoli, praticamente impercettibili nell’uso quotidiano e marginali nei viaggi più lunghi, in particolare per le tipologie di auto pensate per le percorrenze elevate.
L’esempio riportato nello studio considera un viaggio di circa 570 km tra Roma e Milano con due coppie di veicoli identici tra loro, uno con batteria nuova e uno con batteria all’80% di capacità residua, corrispondente a un accumulatore con oltre 10 anni di utilizzo.
Nel caso della coppia di veicoli più orientati alle lunghe percorrenze, con batteria da 77 kWh, la differenza nei tempi di viaggio per raggiungere la meta con lo stesso livello di carica della batteria tra l’auto con batteria nuova e l’auto con batteria all’80% di capacità residua è di 7 minuti (1,8% del tempo di viaggio). Per la coppia di veicoli con batteria più piccola, da 58 kWh, la differenza è di 14 minuti (3,3% del tempo di viaggio).
Se ciò non bastasse, ricordano gli analisti, lo stato di salute della batteria di un veicolo usato può essere verificato con un semplice test diagnostico immediato, garantendo all’acquirente un’indicazione “incontrovertibile e sicura” per determinare la quotazione del mezzo.
Sempre parlando di batterie, ha un ruolo decisivo anche quello che viene definito un “equivoco di fondo” sullo stato dell’avanzamento tecnico dei sistemi di accumulo, che ha alimentato l’ingiustificato timore di un imminente arrivo sul mercato di tecnologie molto più avanzate ed economiche di quelle attualmente disponibili.
Il report evidenzia invece come nonostante in 10 anni l’autonomia media dei modelli elettrici a listino in Italia sia quasi triplicata, negli ultimi anni il tasso di incremento si è notevolmente ridotto, come mostra il grafico in basso.
Ad esempio nel 2023 l’aumento è stato del 9% rispetto al 2022, segno di una sostanziale maturità raggiunta dalla tecnologia al litio, per la quale ci si può aspettare da adesso in poi un miglioramento incrementale continuo, ma senza gli strappi osservati in passato.
Manutenzione e punti di ricarica
Un altro fattore di cui si tiene poco conto sono i costi della manutenzione ordinaria, “decisamente inferiori per le auto elettriche”, con un risparmio tra il 62% (utilitaria di segmento B con 3 anni o 45.000 km) e il 69% (auto media di segmento C con 8 anni o 120.000 km).
Questo deriva dal fatto che i veicoli elettrici hanno un numero di componenti nel gruppo “motore e cambio” inferiore del 70% rispetto alle controparti a combustione. Pezzi che, se non esistono, non sono quindi soggetti a usura.
Il confronto mostrato nel grafico si basa sui programmi di manutenzione ordinaria stabiliti da ciascuna casa automobilistica ed è calcolato prendendo in considerazione esclusivamente i modelli che hanno versioni sia con motore termico sia con motore elettrico.
Per finire l’ultimo fattore citato per cui occorrerà sempre di più tenere conto nelle quotazioni dei veicoli elettrici usati è la costante crescita della rete di colonnine a uso pubblico. I punti di ricarica in Italia, sottolinea l’indagine, sono quasi raddoppiati negli ultimi due anni. La rilevazione più recente, risalente a settembre 2024, ne conta 60.339.