Perché il decreto Fer 2 non convince gli operatori del biogas

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Chiesto dal CIB un incontro con i ministeri competenti (MiTE e Mipaaf) per correggere alcuni punti del provvedimento, atteso da anni e ora alle battute finali.

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La nuova bozza del decreto Fer 2 non convince del tutto gli operatori del settore biogas, in particolare per quanto riguarda il valore degli incentivi.

Lo segnala il Consorzio Italiano Biogas (Cib) in una nota, citando una lettera (scritta insieme al Consorzio Monviso Agroenergia) inviata ai ministri della Transizione ecologica e delle Politiche agricole, Roberto Cingolani e Stefano Patuanelli, oltre che al presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, chiedendo un urgente “confronto costruttivo”.

Quali sono i punti che destano perplessità?

Innanzi tutto, sottolinea il Cib, con riferimento agli impianti fino a 300 kW, si chiede “di rivedere i criteri di accesso agli incentivi e i valori della tariffa, in modo che tengano conto dell’incremento dei costi di costruzione degli impianti e delle materie prime, nonché dell’effetto della spinta inflazionistica in atto” (neretti nostri).

Altri aspetti critici si trovano poi nelle misure dedicate al proseguimento della produzione per gli impianti a biogas esistenti: si suggerisce di modificare “i criteri legati ai limiti di distanza dalla rete e alla dieta d’impianto”, perché se non rivisti “pregiudicherebbero moltissime iniziative in corso”.

Ricordiamo che il decreto Fer 2 è atteso da più di tre anni e ora sembra alle battute finali come annunciato da Cingolani nei giorni scorsi. Il provvedimento – qui la bozza circolata a fine luglio – è in corso di ulteriore esame da parte del regolatore (Arera), dopo essere uscito dai ministeri competenti.

Il Fer 2 include tutte le tecnologie rinnovabili escluse dal Fer 1: eolico offshore, solare termodinamico, biogas/biomasse, geotermia.

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