Nell’area del Mediterraneo ci sono 90 GW di fotovoltaico e 82 GW di eolico: si potrebbe però arrivare a oltre 3 TW, superando 1 TW già nei prossimi 6 anni, con grandi benefici per le popolazioni e le economie locali, ma anche per la sicurezza energetica.
Sviluppare le Fer sulla sponda Sud del Mare Nostrum darebbe occupazione e resilienza economica, proteggendo i Paesi oggi produttori di gas e petrolio dalla volatilità dei mercati internazionali, fornendo un approvvigionamento energetico stabile per alimentare un ecosistema industriale regionale competitivo e mitigando le tensioni geopolitiche.
Il messaggio arriva da un nuovo report di Ecco Climate, think tank italiano specializzato in energia e clima, dal titolo “Le basi per un sistema energetico mediterraneo interconnesso e rinnovabile” (documento in basso).
La contraddizione del gas
Un sistema mediterraneo interconnesso attraverso le due sponde del Mediterraneo, si spiega, permetterebbe di collegare la più grande economia di mercato del mondo – l’Unione Europea – alla popolazione in più rapida crescita del pianeta – l’Africa – collegando la regione mediterranea ai sistemi elettrici subsahariani dell’Africa occidentale (West African Power Pool) e dell’Africa orientale (East African Power Pool), accelerando la decarbonizzazione dell’Africa subsahariana.
Tuttavia, si denuncia, la diplomazia energetica europea in risposta all’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022 rischia di scontrarsi con gli obiettivi climatici.
Cercare la sicurezza energetica agendo solo sulle forniture di gas invia segnali contraddittori che non favoriscono la creazione delle condizioni politiche per una transizione dalle fonti fossili nella regione.
L’accelerazione della transizione energetica è, innanzitutto, una questione esistenziale di sicurezza regionale e la condizione necessaria per la prosperità futura, spiega Ecco. E solo la diversificazione delle catene di approvvigionamento di energia rinnovabile può ridurre al minimo i rischi geopolitici
Sulla sponda Sud ora le Fer possono recuperare
Attualmente, il Paese con la più alta capacità installata di fotovoltaico è la Spagna (27 GW, con un’aggiunta di oltre 10 GW solo nel 2021-2022), seguita da Italia e Francia (rispettivamente 25 GW e 18 GW).
La Spagna ha anche la più elevata potenza installata di eolico (30 GW, con un incremento di 3 GW nel 2021-2022), seguita da Francia (21 GW) e Italia (11,8 GW).
I Paesi del Nord Africa hanno invece un installato molto inferiore: meno di 12 GW di potenza rinnovabile in totale. Sulla sponda africana è mancata quella spinta che in Europa è stata data con gli incentivi e dalle varie politiche di decarbonizzazione.
Sebbene il settore elettrico in molti Stati nordafricani sia stato tradizionalmente caratterizzato da un alto grado di integrazione verticale e di controllo statale, si osserva una graduale ma lenta transizione verso un mercato competitivo dell’energia elettrica, sottolinea il report. Anche nella sponda meridionale, sugli incentivi si vede uno spostamento dalle feed-in-tariff alle aste.
Pertanto, poiché le Fer sono oggi competitive senza incentivi su entrambe le sponde del bacino del Mediterraneo, si aprono opportunità di integrazione dei mercati energetici, osservano gli analisti di Ecco.
Lo scenario al 2030
Lo scenario ambizioso tracciato nel report declina a livello regionale l’impegno a triplicare le rinnovabili preso alla Cop 28, e descrive i possibili benefici dell’installazione di 1 TW di potenza da rinnovabili entro il 2030 nell’intera regione.
Si parla di investimenti potenziali per a circa 120 miliardi di dollari all’anno e 3 milioni di nuovi posti di lavoro nelle sole filiere dell’industria solare ed eolica.
Una regione mediterranea interconnessa e rinnovabile può anche aprire nuove opportunità per l’elettrificazione dell’industria, la sostituzione dei combustibili fossili nella produzione di elettricità, oltre all’elettrificazione dei consumi domestici, dei servizi e dei trasporti.
La transizione energetica, come indicato anche dalla Iea, offre ai Paesi nordafricani opportunità industriali, dove ci sono condizioni e fattori imprenditoriali favorevoli per la produzione di moduli fotovoltaici, veicoli elettrici e batterie, ferro e acciaio ecologici e ammoniaca.
Al contrario, una transizione energetica incompleta o non coordinata nell’area mediterranea, il calo strutturale e progressivo della domanda di gas in Europa potrebbero mettere a rischio la stabilità dei paesi produttori del Nord Africa, incidendo sulle loro entrate.
Essenziale la collaborazione pubblico-privato
La condivisione dell’obiettivo di triplicare la capacità rinnovabile nella regione per raggiungere 1 TW fornirebbe la cornice politica per le attuali tendenze del mercato e dell’energia, sottolinea lo studio.
E in questo senso l’imminente ciclo di aggiornamento degli NDC verso la COP30 offre una finestra di opportunità per i Paesi della regione.
Il paesi del Mediterraneo, si auspica, devono puntare ora su rinnovabili, accumuli ed elettrificazione, senza farsi sviare da una neutralità tecnologica che li farebbe rimanere indietro. Per farlo, serve strategia finanziaria chiara e coesa per sbloccare gli investimenti, combinando impegni politici governativi a lungo termine con solidi quadri di governance.
Le istituzioni pubbliche devono assumere un ruolo guida, creando i giusti incentivi per gli investimenti privati e garantendo al contempo che i flussi finanziari siano in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, raccomanda Ecco.
Il ruolo delle banche di sviluppo nazionali e regionali, delle banche multilaterali di sviluppo e delle agenzie di credito all’esportazione sarà fondamentale in questo processo.
Gli investimenti pubblici dovranno essere strutturati in modo da ridurre i rischi per gli investitori privati, facendo leva sulle risorse pubbliche per catalizzare le grandi quantità di capitale privato necessarie per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione della regione.
- Il report (pdf)