La Germania va avanti con il piano per l’azione climatica svelato da Angela Merkel a settembre.
Il governo, infatti, ha appena approvato la prima legge tedesca che affronta in modo organico il tema della lotta contro il cambiamento climatico (Klimaschutzgesetz), oltre al programma dettagliato di misure (Klimaschutzprogramm) per raggiungere gli obiettivi ambientali al 2030 in tutti i settori economici.
Ma questo è solo l’inizio di un processo legislativo destinato a impegnare le forze politiche in Parlamento per diversi mesi. Intanto, sul “pacchetto” pro-clima varato dalla coalizione che unisce l’ala conservatrice CDU-CSU con il partito socialdemocratico SPD, sono già piovute molte critiche, in particolare dal mondo ambientalista che considera troppo debole il piano.
Cosa prevede la nuova legge
In generale, la legge intende assicurare che la Germania soddisfi i traguardi climatici nazionali/europei in linea con gli accordi di Parigi (limitare il surriscaldamento globale sotto i 2 gradi centigradi); inoltre, fa riferimento all’impegno di “perseguire” l’obiettivo di lungo termine volto a realizzare entro il 2050 un’economia neutrale in termini di gas a effetto serra.
Più in dettaglio, il provvedimento sancisce il traguardo nazionale di tagliare le emissioni di anidride carbonica di almeno il 55% nel 2030 in confronto al 1990.
Poi la legge fissa gli obiettivi di riduzione della CO2 nei singoli settori: energia, edifici, trasporti, industria, agricoltura, in modo da scendere, nel 2030, a 543-562 milioni di tonnellate equivalenti di anidride carbonica, MtCO2e (nel 2018: 866 MtCOe, il 31% in meno in confronto al 1990).
I ministri saranno responsabili del raggiungimento di tali obiettivi nei loro settori di competenza; in caso di difficoltà, dovranno presentare dei programmi d’emergenza con le misure correttive.
Le misure per tassare la CO2
Per quanto riguarda, invece, il programma di protezione climatica, il governo tedesco ha previsto, in particolare, un mercato nazionale del carbonio in due settori, edifici e trasporti, che non sono coperti dal mercato europeo ETS (Emissions Trading Scheme).
Parliamo di un meccanismo di carbon pricing: lo scopo è far pagare le emissioni di anidride carbonica a chi inquina di più. Si partirà con un prezzo di 10 euro per la singola tonnellata di CO2 nel 2021, per poi salire progressivamente fino a 35 €/tCO2 nel 2025.
Ma lo scambio dei certificati di CO2 partirà solo dal 2025. E dal 2026 la Germania stabilirà un budget prefissato per le emissioni, che diminuirà ogni anno in linea con gli obiettivi climatici al 2050; le quote di CO2 saranno assegnate all’asta con dinamiche di mercato, entro un corridoio minimo-massimo di 35-60 €/tCO2.
Poi Berlino è favorevole a estendere il sistema ETS a tutti i settori, in modo da creare un mercato continentale della CO2 con l’eventuale fissazione di un determinato valore minimo (floor price) per ogni tonnellata di anidride carbonica nei comparti già inclusi nell’ETS.
Il programma tedesco prevede anche diverse misure di compensazione per cittadini e imprese. Ad esempio il governo intende ridurre gradualmente il prezzo dell’energia elettrica attraverso un alleggerimento di alcune voci che gravano sulla bolletta, come gli oneri di rete e il sovrapprezzo con cui si finanziano le fonti rinnovabili; queste ultime andranno invece supportate con i proventi del carbon pricing.
La strategia per il clima inoltre comprende agevolazioni e incentivi di vario tipo per favorire gli interventi di efficienza energetica negli edifici (isolamento termico, sostituzione degli infissi e dei vecchi generatori di calore con impianti più moderni) e per promuovere la diffusione delle auto elettriche.
Le critiche
Una delle critiche maggiori al pacchetto climatico tedesco è proprio sul sistema di carbon pricing: il prezzo di entrata secondo molti commentatori è troppo basso (10 €/tonnellata) quindi totalmente inadatto a stimolare nuovi investimenti in tecnologie più efficienti e pulite.
In una nota (qui in tedesco), l’associazione tedesca delle utility, BDEW, sostiene che con questi provvedimenti non si potrà arrivare al 65% di fonti rinnovabili elettriche nel 2030. Questo timore è condiviso dall’associazione tedesca delle rinnovabili, BEE.
In sostanza, si teme che l’installazione di nuovi impianti eolici e solari non riuscirà a tenere il passo richiesto per de-carbonizzare il mix energetico, a causa di diversi ostacoli soprattutto amministrativi e burocratici.
Sappiamo infatti che le procedure per ottenere le autorizzazioni sono diventate sempre più lente e complesse, con l’introduzione di regole (come la nuova distanza minima delle pale eoliche dalle aree abitate) che rischiano di limitare fortemente lo sviluppo delle rinnovabili.