Il futuro dell’auto? Ecco chi critica la proposta Ue di bandire i motori termici dal 2035

Più di cento tra associazioni e imprese hanno inviato una lettera alle istituzioni europee, chiedendo di riconoscere il contributo di tutte le tecnologie per ridurre le emissioni. Il punto sul tema mentre si avvicina il voto a Strasburgo.

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Si riaccendeno le critiche sul futuro a basse emissioni delle automobili, con decine di associazioni del settore automotive che si scagliano contro lo stop alla vendita di modelli tradizionali (benzina e diesel) dal 2035.

La proposta della Commissione europea, inserita nel pacchetto Fit for 55 dello scorso luglio 2021, è stata approvata dalla Commissione Ambiente del Parlamento Ue, mentre per il 7-8 giugno è prevista la sessione plenaria a Strasburgo, dove si voterà anche su questo tema.

Ma oltre cento tra associazioni e imprese, tra cui Eni, Iveco e Landi Renzo per citare solo dei nomi italiani, hanno scritto una lettera aperta, datata 31 maggio, ai rappresentanti delle istituzioni Ue, chiedendo di adottare il principio della “neutralità tecnologica”.

La tesi di chi si oppone al bando dei motori termici è così riassumibile: tutte le tecnologie devono contribuire al traguardo di azzerare le emissioni di CO2 dei veicoli, quindi non solo le auto elettriche ma anche i carburanti alternativi come il biometano e i cosiddetti elettro-carburanti sintetici, e-fuel, derivati da idrogeno e prodotti a partire da energia elettrica rinnovabile.

Secondo i firmatari della lettera, il focus di Bruxelles dovrebbe essere quello di decarbonizzare le forniture di elettricità e di combustibili usati nei veicoli, anziché bandire o promuovere singole tecnologie.

Invece, un regolamento che preveda il 100% di riduzione delle emissioni allo scarico si trasformerebbe, di fatto, in un bando ai motori termici e in una promozione delle sole auto elettriche oppure a idrogeno con celle a combustibile, lasciando fuori anche le vetture ibride plug-in.

Si chiede, quindi, di definire una normativa aperta alle differenti tecnologie in grado di ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli, in modo da salvaguardare gli obiettivi climatici, le scelte dei consumatori e le esigenze delle filiere industriali.

Una transizione accelerata verso la mobilità elettrica, si legge nella lettera, renderà difficile gestire i cambiamenti nelle industrie e nella forza lavoro.

Con la proposta attuale della Commissione Ue sulle emissioni di auto e furgoni, sarebbero a rischio oltre 500.000 posti di lavoro entro il 2040 nel settore powertrain.

Critiche simili le ha esposte Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica), in una nota sempre del 31 maggio.

Lo sviluppo della mobilità elettrica “è una delle tecnologie del futuro” ed è un percorso “abbracciato da tutti i costruttori di veicoli”, ma non bisogna “ostinarsi ad abbracciare una sola tecnologia, ad oggi di totale dominio asiatico, creando pericolosi squilibri nel mercato e in ambito sociale, per il forte impatto che implica sul sistema industriale“.

In Italia, Anfia stima la perdita di circa 73.000 posti di lavoro nei prossimi anni, non compensati dalle circa 6.000 nuove posizioni che creerà la mobilità elettrica.

Di segno opposto è la tesi di chi sostiene pienamente il bando alla vendita di nuove auto termiche dal 2035, come Motus-E (associazione italiana che promuove la mobilità elettrica) e Transport & Environment, organizzazione indipendente che pubblica diversi studi sui trasporti a zero emissioni.

Per loro, è necessario puntare su una sola soluzione per i veicoli leggeri, quella della elettrificazione diretta tramite batterie.

Mentre i carburanti alternativi, come e-fuel e biocombustibili, dovrebbero essere riservati esclusivamente ai trasporti più pesanti: camion, navi, aerei. Anche perché i carburanti sintetici sono molto meno efficienti delle auto elettriche.

Per produrre elettro-combustibili green a zero emissioni, bisogna impiegare grandi quantità di elettricità rinnovabile, ben più di quanta ne sia necessaria per ricaricare le batterie dei veicoli alla spina.

Quindi un e-fuel, considerando tutto il ciclo di produzione e utilizzo, è molto meno efficiente in confronto all’alimentazione a batterie.

Considerazioni simili si trovano nel recente rapporto del ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims) su come decarbonizzare i trasporti, dove si spiega che per ridurre le emissioni di CO2, le soluzioni tecnologiche più promettenti, soprattutto per il trasporto su strada, sono quelle che guardano alla elettrificazione diretta.

Intanto è uscita una nuova edizione del rapporto di BloombergNEF sui veicoli elettrici, “Long-Term Electric Vehicle Outlook” (link in basso), dove si sottolinea che le vendite di auto alla spina (sia elettriche pure che ibride plug-in) continueranno a crescere nei prossimi anni.

Si passerà da 6,6 milioni di modelli commercializzati in tutto il mondo nel 2021 a 20,6 milioni nel 2025 (23% circa del mercato complessivo). Nel 2025 su strada ci saranno 77 milioni di auto alla spina, il 6% circa del totale.

Tuttavia, gli analisti avvertono che per avere uno scenario dei trasporti compatibile con il traguardo di azzerare le emissioni nette entro il 2050, la diffusione della mobilità elettrica (in tutti i segmenti: si parla anche di veicoli commerciali e autobus) dovrà avanzare ancora più rapidamente.

Secondo BloombergNEF, elettrificare direttamente i veicoli con batterie sembra essere la soluzione più interessante dal punto di vista economico e anche in termini di efficienza. Mentre i veicoli con celle a combustibile a idrogeno potranno colmare alcuni vuoti, ad esempio per i trasporti pesanti su lunghe percorrenze e con grandi volumi di merci.

Entro il 2030, infatti, la diffusione di batterie a maggiore densità energetica e di stazioni di ricarica megawatt-scale, faranno sì che anche i camion elettrici diventino una opzione praticabile per molti utilizzi, compresi molti trasporti di lungo raggio.

Le fonti:

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