ExxonMobil e gli altri grandi inquinatori: le accuse e gli ultimi dati

Il colosso petrolifero Usa deve vedersela in tribunale a New York per aver mentito, così sostiene la procura, ai suoi azionisti sui rischi climatici. E Saudi Aramco è la singola società che ha emesso più CO2 negli ultimi 50 anni.

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ExxonMobil dovrà rispondere in tribunale alle accuse di aver mentito ai suoi azionisti con libri contabili fasulli, che sottostimavano i rischi futuri del cambiamento climatico per gli investimenti della società in energie fossili.

Il caso contro il colosso petrolifero americano è iniziato ieri, martedì 22 ottobre, a New York; ricordiamo che la procura generale dello Stato di New York a ottobre 2018 aveva depositato gli atti che, secondo l’accusa, inchiodavano la compagnia Usa alle sue responsabilità.

Le accuse contro ExxonMobil

In sintesi, lo “schema fraudolento” che avrebbe orchestrato ExxonMobil intendeva convincere gli azionisti che le decisioni d’investimento prese dalla società avevano tenuto in piena considerazione l’impatto economico delle norme antinquinamento sempre più severe che il governo, con ogni probabilità, avrebbe imposto per combattere il surriscaldamento globale.

La compagnia raccontava agli investitori di applicare nei piani finanziari il cosiddetto “proxy cost of carbon”, un costo delle emissioni di anidride carbonica progressivamente più elevato.

Tuttavia, secondo l’accusa, ExxonMobil stava mentendo, perché poi inseriva un costo molto inferiore rispetto a quello dichiarato pubblicamente.

Così Exxon da un lato rassicurava gli azionisti – tra cui fondi pensione, società assicurative, fondi sovrani – sulla sicurezza a lungo termine degli investimenti, dall’altro sapeva benissimo di essere esposta ai futuri rischi climatici (climate risk) molto più di quanto volesse ammettere in pubblico.

Ad esempio, evitando di applicare il “vero” costo stimato del carbonio, Exxon ha potuto omettere dal business plan circa 25 miliardi di dollari di future spese associate alle emissioni di CO2 di 14 progetti per l’estrazione di petrolio dalle sabbie bituminose in Canada.

Allontanando così il rischio di stranded asset: il significato letterale è “beni incagliati” e si riferisce alle infrastrutture del mondo fossile – pozzi petroliferi, miniere di carbone, gasdotti eccetera – che molto probabilmente diventeranno obsolete e antieconomiche nel volgere di qualche anno, perché saranno colpite dalla concorrenza delle fonti rinnovabili e dalle misure antinquinamento dei singoli governi.

Invece, Exxon in tante occasioni avrebbe sovrastimato la vita utile economica dei suoi progetti, così come avrebbe gonfiato i dati sulle riserve di greggio e di conseguenza sui futuri profitti.

Le venti compagnie che inquinano di più al mondo

Intanto il Climate Accountability Institute ha aggiornato i dati sul contributo all’inquinamento delle 20 principali compagnie mondiali attive nelle fonti fossili (carbone, petrolio, gas).

Ebbene, come riassume la tabella sotto, tratta da una nota del Climate Accountability Institute con i dati principali del suo studio, queste venti società hanno emesso in totale 480 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente dal 1965 al 2017, perlopiù derivanti dalla combustione dei loro prodotti energetici, pari al 35% circa delle emissioni complessive che riguardano la produzione e l’utilizzo di fonti fossili in tutto il mondo in cinquant’anni.

ExxonMobil è al quarto posto con quasi 42 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente rilasciata nell’atmosfera nel periodo 1965-2017; la compagnia più “sporca” di Big Oil è Saudi Aramco (59 miliardi di tonnellate), seguita da Chevron e Gazprom.

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