Le polemiche insorte in Italia sui nuovi limiti all’installazione di fonti rinnovabili, previsti nel dl Agricoltura e nel decreto Aree idonee, hanno rilanciato il tema del dove e come si possano realizzare impianti eolici e solari.
Quanto spazio serve? Quali terreni sono più adatti e quali invece dovrebbero essere preservati?
In realtà, non c’è bisogno di chissà quali estensioni di terra per costruire tutti i parchi eolici e fotovoltaici richiesti dagli obiettivi Ue.
E la terra “occupata” dalle rinnovabili non entra in competizione con gli altri usi del suolo, come la produzione di cibo, gli allevamenti e così via.
Queste le considerazioni generali del rapporto pubblicato dall’European Environmental Bureau (EEB), la principale rete europea di organizzazioni ambientaliste, intitolato “Briefing on spatial requirements for a sustainable energy transition in Europe” (link in basso).
Alle rinnovabili servirà “solo” il 2,2% dei terreni complessivi a livello Ue, ipotizzando in linea teorica di voler installare tutti gli impianti necessari a un mix energetico con il 100% di rinnovabili entro il 2040, il cosiddetto “scenario PAC” (Paris Agreement Compatible).
Mentre i terreni potenzialmente adatti per raggiungere questo obiettivo – dopo aver applicato una serie di vincoli ambientali, agricoli e di biodiversità oltre che di fattori tecnici – sono più del doppio: il 5,2% del territorio europeo potrebbe ospitare pannelli solari e turbine eoliche rispettando i criteri di sostenibilità elaborati dal Joint Research Centre della Commissione europea (JRC).
Dal rapporto emerge che l’Italia, al pari della Germania, potrebbe avere delle difficoltà a trovare terreni adatti per costruire parchi eolici. Al contrario, Paesi come Spagna e Romania avrebbero abbondanza di spazi idonei alle rinnovabili, ben oltre i loro fabbisogni.
Pertanto, si spiega, è di fondamentale importanza sviluppare una rete elettrica sempre più flessibile, digitalizzata e interconnessa, in modo da favorire gli scambi di energia tra Stati membri.
Ciò nell’ipotesi teorica – è bene ricordarlo di nuovo – di raggiungere il 100% di rinnovabili nel 2040.
Va detto poi che nel rapporto non si parla di altre tecnologie che potrebbero avere un ruolo determinante, in primis l’eolico offshore.
Tenendo conto di queste limitazioni dello studio, torniamo ai criteri di esclusione delle rinnovabili: il JRC ha mappato il potenziale tecnico e l’idoneità del terreno per la diffusione degli impianti secondo parametri di sostenibilità, mirati a preservare la biodiversità e l’agricoltura, favorendo le aree edificate e i terreni agricoli degradati.
Ad esempio, per il fotovoltaico a terra, il JRC ha escluso le aree ad alto valore naturale o agricolo, come i siti Natura 2000, le aree protette, zone umide, torbiere e foreste. Sono stati considerati idonei solo i terreni agricoli gravemente compromessi per erosione del suolo o altri fattori.
Inoltre, il JRC ha valutato positivamente solo i terreni con un buon potenziale tecnico (ossia un sufficiente irraggiamento solare ed evitando i pendii esposti a nord) e in ragionevole vicinanza (<5 km) alla rete stradale esistente.
Per l’eolico a terra si sono usati criteri analoghi, escludendo le aree con condizioni orografiche troppo severe (ad esempio per le pendenze eccessive) e considerando quelle con buona ventosità, tale da garantire un fattore di capacità superiore al 20%.
Tutto ciò premesso, vediamo il focus dedicato dal rapporto all’Italia.
Ricordiamo che il target per le rinnovabili nel nuovo Pniec trasmesso a luglio a Bruxelles è di quasi il 40% dei consumi finali lordi di energia al 2030. L’Italia dovrà raggiungere al 2030 una potenza complessiva di 131 GW e si prevede che 79 di questi GW saranno di fotovoltaico, 28 eolici, 19 di idroelettrico, 3 da bioenergie e circa 1 GW da fonte geotermica. La quota delle Fer nel solo settore elettrico dovrà essere del 63%.
Lo scenario PAC-EEB prevede invece per il nostro Paese il 100% di rinnovabili al 2040 con 228 GW di fotovoltaico (150 su tetti/coperture e 78 a terra) e 39 GW di eolico onshore.
Queste due tecnologie faranno circa il 68% della produzione elettrica italiana e copriranno circa il 41% della domanda finale di energia.
Per ospitare tutti questi gigawatt eolici e solari, si stima che l’Italia avrà bisogno di circa il 2% del suo territorio totale entro entro il 2040.
Il fotovoltaico a terra non avrebbe problemi: servirebbe lo 0,47% del territorio nazionale per realizzare tutti gli impianti, a fronte di quasi l’1% di territorio considerato adatto a questa tecnologia.
L’eolico, invece, avrebbe bisogno dell’1,32% della superficie nazionale, mentre le aree giudicate idonee, stando ai criteri del JRC, sarebbero solamente lo 0,46% della nostra Penisola.
Sebbene la disponibilità di terreni idonei vari ampiamente tra i paesi Ue, conclude il rapporto dell’EEB, “una tendenza comune è che i siti più idonei si trovano nelle aree rurali, in particolare su terreni agricoli degradati con bassa produttività e ad alto rischio di abbandono. Ciò offre l’opportunità non solo di rivitalizzare queste aree, ma anche di sostenere l’economia locale e creare posti di lavoro”.
È essenziale, inoltre, “che i progetti di energia rinnovabile nelle zone rurali siano progettati e implementati tenendo conto delle esigenze e delle condizioni locali. Si prevede che alcuni paesi, come Germania e Italia, disporranno di uno spazio limitato per l’energia eolica onshore, pertanto le aree di sviluppo dovranno essere identificate vicino a siti naturali o in combinazione con altri usi dei terreni agricoli”.
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