Emissioni, non ci siamo. I nuovi dati Ispra

Dopo la pausa pandemica, nel 2021 le emissioni nazionali di gas serra sono cresciute nettamente e hanno continuato a salire anche nel 2022. Se non si accelera specie su trasporti e riscaldamento, per l'Italia obiettivi 2030 fuori portata.

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Abbiamo chiuso il 2021 sforando di 11 milioni di tonnellate l’obiettivo per le emissioni di CO2, che nel 2022 anziché calare sono leggermente aumentate.

Ci avviamo verso il 2030 con scenari “poco promettenti” che, se non acceleriamo la riduzione specie nei trasporti e nel riscaldamento, ci porteranno a un disallineamento di oltre 15 milioni di tonnellate di CO2 rispetto agli obiettivi stabiliti dall’Effort Sharing europeo. Quindi è fondamentale “invertire il trend se vogliamo rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni”.

L’avvertimento arriva dall’Ispra, che oggi ha pubblicato il National Inventory Report 2023 che disegna il quadro globale e di dettaglio della situazione italiana sull’andamento dei gas serra dal 1990 al 2021 (link in basso).

Partendo dal 2022, su cui i dati non sono ancora definitivi, l’Ispra come detto stima che le emissioni siano leggermente cresciute rispetto al 2021 (+0,1%) a fronte di un aumento previsto del Pil del 1,7% (i dati Enea sulle emissioni pubblicati ad aprile parlavano invece di un +0,5%, ndr).

A pesare nell’anno da poco concuso, spiega l’Ispra, la crescita delle emissioni nei trasporti (+5,5%) e nella produzione di energia (+9.6%), mentre per gli altri settori si prevedono marcate riduzioni, in particolare per il riscaldamento (-11.3%) e per l’industria (-5.9%).

Guardando al 2021, ultimo anno per cui il report dà dati definitivi, si vede come in Italia dopo la pausa pandemica c’è stato un deciso aumento delle emissioni: +8.5%, anche se rimane una diminuzione del 20% rispetto al 1990, grazie alla crescita delle rinnovabili (idroelettrico ed eolico), dell’efficienza energetica nei settori industriali e al passaggio all’uso di combustibili a minor contenuto di carbonio, spiega il rapporto.

Responsabili di circa la metà delle emissioni nazionali di gas climalteranti rimangono i settori della produzione di energia e dei trasporti, anche se le emissioni dovute ai consumi di energia sono scese del 21,8% dal 1990 al 2021, grazie al calo delle emissioni dalle industrie energetiche, manifatturiere e delle costruzioni.

Sempre rispetto al 1990, calano infatti di circa il 37% le emissioni dal settore della produzione elettrica, nonostante un aumento della produzione da termoelettrico (da 178,6 TWh a 189,7 TWh) e dei consumi elettrici (da 218,7 TWh a 300,9 TWh).

Guardando alle rinnovabili, nel 2020 la percentuale sul consumo finale lordo era al 20% (oltre l’obiettivo nazionale de 17% e più del triplo rispetto al 2004 quando era al 6,3%), ma nel 2021 tale quota è scesa al 19%.

A pesare molto le emissioni dei trasporti, cresciute del 19% rispetto al 2020. Nel 2021 hanno contribuito per il 24,7% del totale nazionale, soprattutto a causa del trasporto stradale, responsabile del 93% delle emissioni del settore.

Per il periodo dal 2013 al 2020, “l’Italia ha rispettato gli obiettivi di riduzione assegnati, grazie sia alle politiche e misure adottate, sia ai diversi cicli di crisi economica, connessi alle dinamiche economiche globali”, spiega l’Ispra. Ma nello stesso periodo i settori trasporti e civile “non mostrano riduzioni emissive significative”.

Sebbene in questi settori “negli anni a venire sono attese alcune riduzioni, queste risultano ancora troppo contenute portando l’Italia a rimanere al di sopra degli obiettivi per tutto il decennio 2021-2030”, si sottolinea.

Secondo gli obiettivi proposti dalla Commissione europea, al 2030 le emissioni Effort sharing di gas serra dovrebbero ridursi del 43,7% rispetto ai livelli del 2005, mentre gli scenari Ispra ci indicano una riduzione di meno del 30%.

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