L’Italia può vantare una maggiore efficienza di trasformazione delle fonti, una minore intensità energetica, ma ha una più alta intensità di carbonio rispetto ai maggiori Paesi europei.
L’intensità di carbonio europea è inferiore a quella italiana per la presenza oggi di una quota non trascurabile di energia nucleare. D’altra parte, l’intensità di carbonio delle centrali italiane a fonti fossili è inferiore a quella della maggior parte dei Paesi europei grazie alla minore quota di carbone e alla maggiore incidenza del gas naturale.
La diminuzione dell’intensità energetica finale e l’aumento della quota di energie rinnovabili hanno avuto un peso fondamentale tra i fattori che hanno determinato dal 2005 una riduzione dei gas serra in Europa.
Sono queste alcune delle indicazioni principali che emergono da un rapporto dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), che ha analizzato gli indicatori energetici ed economici dei Paesi europei in relazione alle emissioni e al consumo di energia.
Una panoramica dello studio
Dal 2005 al 2022, l’Italia ha registrato un miglioramento nell’efficienza energetica, con una progressiva decarbonizzazione dell’economia, sebbene alcuni settori necessitino di ulteriori interventi per ridurre le emissioni.
Secondo il rapporto Ispra 2024, consultabile (in inglese) dal link in fondo a questo articolo, il fabbisogno energetico per unità di PIL è diminuito del 23,4%, mentre le emissioni per unità di PIL sono calate del 32%.
Le emissioni per unità di energia consumata sono diminuite in tutti i principali settori: agricoltura (-7,8%), industria (-10,4%) e servizi (-22,6%).
L’Italia è seconda solo alla Svezia per la quota di energia da fonti rinnovabili, con il 19% del consumo interno lordo nel 2022, superando la media europea del 18,4%. Tuttavia, il paese è al di sotto della media europea pari al 23% se si considera la quota di rinnovabili sul consumo finale, attestandosi al 19,1%.
L’efficienza energetica italiana si distingue rispetto agli altri principali Paesi europei: nel 2022 l’intensità energetica italiana (83,5 tep per unità di PIL) è stata inferiore alla media Ue (98,3 tep). Tuttavia, le emissioni per unità di energia consumata sono superiori alla media europea (2,79 ton CO2/tep contro 2,49 della media Ue).
Il rapporto evidenzia un “disaccoppiamento” tra crescita economica ed emissioni, benché meno marcato rispetto ad altri Paesi.
Dal 1995 al 2022, mentre l’economia cresceva, le emissioni diminuivano grazie all’uso di combustibili a minore contenuto di carbonio e all’aumento delle rinnovabili, soprattutto nel settore elettrico e nell’industria. Ha inciso anche l’elettrificazione dei consumi finali, particolarmente elevata nell’industria.
Nell’illustrazione, l’andamento di consumi energetici, economia e gas serra, con la raffigurazione del consumo energetico interno lordo (GIC), del prodotto interno lordo (PIL) e delle emissioni (GHG) totali e del settore energia, su base 100 riferita al 1995.
L’Italia si colloca tra i Paesi europei con i livelli più bassi di emissioni per unità di PIL nel settore industriale, ma terziario, settore residenziale e trasporti mostrano emissioni superiori alla media europea.
Nel terziario e nel residenziale le emissioni per unità di PIL sono rispettivamente di 18,2 e 25,6 tCO2 per milione di euro (tCO2/M€), contro le medie Ue di 12,6 e 21,4 tCO2/M€. Nei trasporti, le emissioni italiane per unità di ricchezza sono di 61,9 tCO2/M€ rispetto alla media europea di 58,3 tCO2/M€.
In sintesi, il rapporto evidenzia come l’industria e l’agricoltura italiane siano tra le migliori in Europa in termini di decarbonizzazione, mentre il residenziale e i trasporti hanno ampi margini di miglioramento.
Questo divario è anche riflesso nella crescente distanza dagli obiettivi di riduzione delle emissioni al 2030, con l’Italia che deve concentrarsi sui settori coperti dal regolamento sulla condivisione degli sforzi tra gli Stati europei (Esr) e cioè trasporti, civile, agricoltura, rifiuti, piccola industria, mentre i grandi impianti rientrano nel sistema europeo di scambio di emissioni Ets.
Alcuni dettagli sull’Italia
Il consumo di energia e le emissioni di gas serra (GHG) in Italia hanno subito cambiamenti significativi dal 1990. Il consumo di energia è aumentato fino al 2005, raggiungendo un picco di 189,4 Mtep, prima di diminuire a causa della crisi economica del 2008 e della pandemia COVID-19 del 2020.
Il consumo è ripreso nel 2021, per poi scendere nuovamente nel 2022. I combustibili fossili hanno storicamente dominato il mix energetico italiano, rappresentando oltre il 90% dei consumi fino al 2007, ma la loro quota è scesa al 78,5% nel 2022.
Il petrolio, una volta fonte dominante con il 57,3% nel 1990, è sceso al 34,8% nel 2022, mentre il gas naturale ha registrato fluttuazioni, raggiungendo un picco del 41,2% nel 2020 e assestandosi al 37,9% nel 2022. Anche i combustibili solidi hanno registrato una ripresa nel 2022, raggiungendo il 5%.
Le fonti rinnovabili hanno guadagnato importanza, passando dal 4,4% nel 1990 al 20,7% nel 2020, anche se sono leggermente diminuite al 19% nel 2022.
Fotovoltaico, eolico e bioenergia hanno contribuito a questa crescita, con la bioenergia che rappresenterà il 44,4% dei consumi rinnovabili nel 2022. Le pompe di calore, un’aggiunta recente al mix di energie rinnovabili in Italia, soddisfano il 9,8% dei consumi rinnovabili nel 2022.
A livello settoriale, nel nostro Paese, il consumo di energia si è modificato in modo anche importante.
Il consumo del settore industriale è diminuito del 27,8% dal 1990 al 2022, mentre nei servizi è aumentato del 97,4%.
Il consumo energetico delle famiglie fluttua in base alle condizioni climatiche ed è superiore del 15,3% rispetto al 1990. Quello per i trasporti è aumentato del 12,2% nello stesso periodo. L’elettrificazione dei consumi finali di energia è aumentata costantemente, raggiungendo il 22,3% nel 2022, con i servizi in testa, con oltre il 50% di elettrificazione.
Le emissioni hanno raggiunto un picco nel 2005, seguito da un calo dovuto alla crisi economica. Nel 2022, sono diminuite del 20,9% rispetto al 1990 e del 30,7% rispetto al 2005, con riduzioni significative nei settori manifatturiero ed edilizio. Nonostante ciò, le emissioni dei trasporti rimangono superiori ai livelli del 1990.
Le emissioni pro capite, dopo il picco del 2004, sono scese a 7 t CO2eq nel 2022. Le stime preliminari per il 2023 indicano un’ulteriore riduzione del 7,1%.
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