Effetto coronavirus anche per le emissioni: i dati aggiornati sulla Cina

A febbraio "sparite" circa 200 milioni di tonnellate di anidride carbonica per la minore domanda di energia. I dati in sintesi e gli effetti dopo la crisi epidemica.

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Quale impatto sta avendo la diffusione del coronavirus sull’andamento delle emissioni inquinanti?

In attesa che emergano dati per gli altri paesi coinvolti dall’emergenza sanitaria, si può fare un primo bilancio della situazione in Cina, grazie in particolare all’approfondimento pubblicato dal sito web Carbon Brief e firmato da Lauri Myllyvirta, analista presso il centro finlandese per la ricerca sull’energia e sulla qualità dell’aria (CREA, Centre for Research on Energy and Clean Air).

Secondo i dati più aggiornati, che arrivano al 4 marzo 2020, le misure adottate in Cina per contenere l’epidemia hanno portato a riduzioni tra il 15% e il 40% della produzione nei principali settori industriali.

Le stime dicono che i provvedimenti contro il coronavirus (chiusura delle fabbriche, blocco dei trasporti) dovrebbero aver tagliato le emissioni di CO2 di un quarto a febbraio rispetto al livello registrato nello stesso periodo del 2019.

Si parla di circa 200 milioni di tonnellate (Mt) di anidride carbonica in meno lo scorso mese; quindi le emissioni si sarebbero attestate intorno a 600 Mt a febbraio 2020, mentre a febbraio 2019 il livello era ben più alto, intorno a 800 Mt.

Nell’analisi si spiega che ogni anno in Cina si fermano tutte le attività economiche per circa una settimana durante il capodanno lunare.

Una delle conseguenze è che in media la produzione di energia elettrica da carbone si dimezza per alcuni giorni e poi torna al ritmo normale, ma quest’anno non c’è stata la consueta ripresa della domanda energetica e così la generazione da carbone è rimasta piatta, senza ancora dare segni di un’inversione di tendenza.

Guardando più in dettaglio alle prime due settimane dopo il capodanno cinese, precisa l’analista del centro finlandese, si è osservata una riduzione del 25% circa delle emissioni di CO2 in confronto allo stesso periodo di un anno prima (circa 100 Mt in meno), grazie al minore utilizzo di combustibili fossili nelle industrie e nei trasporti stradali e aerei.

E le misurazioni satellitari hanno mostrato che i livelli medi di ossidi di azoto in Cina, nella prima settimana dopo il capodanno lunare, erano del 36% inferiori nel paragone con la stessa settimana del 2019, confermando così la vasta riduzione dell’uso di energie fossili nel paese, conseguenza diretta delle fabbriche chiuse e delle restrizioni negli spostamenti.

Tuttavia, l’impatto sul medio-lungo termine di questo calo della domanda energetica potrebbe essere limitato: molto dipenderà, scrive Myllyvirta, da come risponderà l’economia cinese sul lato dei consumi nel suo complesso dopo l’emergenza del coronavirus.

L’industria cinese, infatti, possiede un ampio margine di flessibilità per reagire a situazioni di queste genere ed è in grado di far ripartire la produzione quanto e più di prima, in modo da recuperare il terreno perso.

In questo caso, le emissioni potrebbero tornare a salire rapidamente, con il risultato che la media annua della CO2 alla fine del 2020 potrebbe essere sostanzialmente analoga, o poco più bassa, rispetto ai valori del 2019.

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