A Parigi e in altre 120 città francesi si sono tenute sabato scorso le marce per il clima. E nelle manifestazioni c’erano anche gilet gialli che riaffermavano la necessità di unire la lotta alle diseguaglianze a quella contro i cambiamenti climatici.
Ma gli occhi dei media erano ovviamente puntati sulla rivolta violenta che si ripete ormai da diverse settimane, partita dal rifiuto della carbon tax per poi allargarsi in un’opposizione radicale alle politiche governative.
Tra le tante reazioni a questa protesta, va segnalata la posizione di Reseau Action Climat, la rete che raccoglie 22 fra le maggiori organizzazioni ambientaliste francesi, che oltre a ribadire che la “fiscalità ecologica è indispensabile per rispondere alla crisi climatica”, attacca il governo per la debolezza nel predisporre misure mirate a finanziare le alternative all’auto e ad aiutare chi non ha i mezzi per spostarsi diversamente.
La reazione agli avvenimenti di Parigi va anche oltre. Interessante, ad esempio, la posizione di Benoît Hamon che chiede il ritorno della patrimoniale e una tassa sui profitti delle banche.
Ma le manifestazioni parigine avranno un impatto che si estenderà ben oltre i confini francesi. Il rischio infatti è che si indebolisca l’impegno per ridurre le emissioni, e che finiscano col prevalere cautela e timidezza proprio quando servirebbe lucidità e radicalità.
In questo quadro, l’attacco scomposto all’Accordo di Parigi da parte di Trump dopo le manifestazioni dei gilet gialli rappresenta un messaggio velenoso, twittato proprio mentre è in corso la Cop 24.
Le proteste parigine sollecitano quindi una riflessione più ampia sul percorso da seguire. Innanzitutto, come sottolinea con lucidità il 97enne Edgar Morin, “questo movimento fa appello alla morale in un paese dove ad essere favoriti sono coloro che sono già favoriti e ad essere sfavoriti sono coloro che sono già sfavoriti”.
Nelle nostre società che vedono una progressiva divaricazione sociale, dove le ricchezze sono sempre più concentrate, il tema delle diseguaglianze andrà affrontato con decisione se si vorrà avviare con successo la transizione ecologica dell’economia.
L’insurrezione dei gilet gialli costringe a porsi il tema delle scelte politiche indispensabili nella definizione di una strategia climatica coraggiosa e vincente. Le “disruptive technologies”, dal fotovoltaico alle auto elettriche, avranno un ruolo fondamentale per ridurre le emissioni, ma non saranno sufficienti. La lotta per salvaguardare i delicati equilibri del pianeta non potrà avere quindi successo senza una rivisitazione radicale del modello economico e un cambiamento dei nostri comportamenti.
La lezione parigina ci ricorda che le politiche contro il riscaldamento del pianeta dovranno legarsi strettamente a quelle volte alla creazione di nuova occupazione e alla riduzione delle diseguagliane sociali.
Tutti temi che, si spera, saranno approfonditi nelle discussioni in vista delle prossime elezioni europee.